Benjamin Constant: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
m Bot: correggo formattazione numeri e/o unità di misura
Riga 46:
 
=== Studi tra Erlangen, Edimburgo e Parigi ===
A Erlangen, piccola città di {{formatnum:8000}} abitanti poco distante da [[Norimberga]], Constant giunge nel febbraio 1782, dove, dirà, «studiai molto, ma feci al tempo stesso mille stravaganze».<ref>{{fr}} B. Constant, ''Ma vie'' (1811), in ''Œuvres complètes de Benjamin Constant'' (d'ora innanzi OCBC), Tübingen/Berlin, Niemeyer/De Gruyter, 1993, série ''Œuvres'', t. III/1, p. 308.</ref> Il soggiorno a Erlangen è emblematico della sua adolescenza: il ragazzo è assiduo e brillante nello studio quanto incline alle dissipatezze. Fra i 300 studenti dell'università, Constant è decisamente il più giovane, ma sa colmare il divario con l'innato talento e l'impegno. Segue il percorso letterario dell'ateneo, studiando, oltre a letteratura, storia e filosofia. Il suo estro e la sua intelligenza lo rendono presto gradito alla margravia consorte di [[Principato di Bayreuth|Brandeburgo-Bayreuth]], [[Sofia Carolina Maria di Brunswick-Wolfenbüttel]], che lo invita ogni sera a cena al proprio castello di corte.<ref>{{fr}} L. Burnand, ''Benjamin Constant'', Paris 2022, pp. 47-49.</ref>
[[File:WilliamRobertsonColour.jpg|thumb|right|180px|William Robertson]]
Il vizio del gioco, che porterà con sé tutta la vita, comincia però a manifestarsi prepotentemente già a Erlangen, dove accumula ingenti debiti. Inoltre, per puro sfizio, Constant corteggia una ragazza di cui non è affatto innamorato, e la cui madre intrattiene pessimi rapporti con la margravia. Irritata, Sofia Carolina gli chiede di porre fine a una relazione che il giovane continua sfrontatamente a portare avanti, cadendo in disgrazia e vedendosi vietato l'accesso a corte, tanto che il padre lo deve richiamare a [[Bruxelles (comune)|Bruxelles]], dov'è momentaneamente di stanza, nel giugno 1783.<ref>L. Burnand, cit., pp. 49-51.</ref>
Riga 77:
Tornato in patria, il 18 settembre 1794, a casa della cugina Constance Cazenove d'Arlens, a Losanna, Constant incontra per la prima volta la già celebre baronessa [[Madame de Staël|Germaine de Staël]], figlia di [[Jacques Necker]], famoso politico liberale, che aveva servito come ministro di [[Luigi XVI di Francia|Luigi XVI]]. Da poco orfana di madre, la nobildonna si è installata al castello di [[Jouxtens-Mézery|Mézery]], fuori città. L'incontro dai Cazenove d'Arlens entusiasma Benjamin, colpito soprattutto dalle doti intellettuali della nuova conoscenza, e ne mette subito a parte l'amica Isabelle de Charrière.<ref>P. Delbouille, cit., pp. 75-77.</ref> La baronessa, dal canto suo, quello stesso 18 settembre, scrive al conte svedese [[Adolf Ribbing]], con cui ha da poco avuto una relazione e per il quale spasima ancora: «Ho conosciuto stasera un uomo [...] non molto gradevole nell'aspetto, ma dal notevole spirito».<ref>G. de Staël, ''Correspondance générale'' (a c. di Béatrice W. Jasinski), Genève, Slatkine, 2009, t. III, 1, pp. 117-118.</ref>
[[File:Marie Eléonore Godefroid - Portrait of Mme de Staël.jpg|thumb|right|180px|Madame de Staël ritratta nel 1808]]
Impaziente di rivederla, Constant si reca il 26 al castello di [[Coppet]], proprietà dei Necker. Non trovandola, le va incontro, incrociandola a [[Nyon]] e passando con lei 3 giorni, dato che Germaine sta raggiungendo l'amica Cazenove d'Arlens. Comincia presto un'assidua corte a Madame de Staël: Constant passa molte serate con lei, dovendo lasciare la casa a mezzanotte per evitare equivoci, le scrive e prende un alloggio al Bois-de-Cery, attaccato al castello di Mézery. La nobildonna racconta per mesi a Ribbing di amarlo sempre e, nonostante ribadisca sempre una grande stima intellettuale per il nuovo spasimante, afferma di provare per Constant «una brillante indifferenza».<ref>G. de Staël, cit., pp. 149-150. Lettera dell'8 ottobre 1794.</ref> Questi, racconta la de Staël, le scrive «cinque lettere al giorno»,<ref>G. de Staël, cit., p. 180. La lettera è del 15 novembre 1794.</ref> e ancora nell'aprile 1795 lamenta le sceneggiate e le minacce di suicidio di Constant, aggiungendo che «con la ragione e la freddezza [...] spero di venirne a capo».<ref>G. de Staël, cit., p. 289; 1 aprile 1795.</ref>
 
È tuttavia chiaro che sin dall'inizio c'è con Constant un'attrazione reciproca, determinata almeno dalle comuni idee liberali. L'inizio della relazione vera e propria potrebbe in realtà risalire al principio del 1795 o prima, anche se la studiosa Jasinski<ref>B.W. Jasinski, ''L'Engagement de Benjamin Constant - Amour et politique (1794-1796)'', Paris 1971, p. 20.</ref> propone di posporlo a inizio 1796, facendo affidamento su un testo, redatto nell'aprile di quell'anno, in cui Constant e la baronessa si dicono indissolubilmente legati e lui ricorda i 4 mesi trascorsi con lei come fonte di assoluta felicità. In ogni caso, i due diventano amanti e instaurano un legame amoroso e intellettuale duraturo.<ref>Per una cronistoria completa sugli inizi del rapporto si veda P. Delbouille, cit., pp. 75-87.</ref>
Riga 95:
Nel suo testo Constant si schiera apertamente con il Direttorio, unica sistemazione statuale capace di neutralizzare i giacobini a sinistra e i monarchici a destra, mantenendo intatti i principi ispiratori della Rivoluzione del 1789: rappresentatività e costituzionalità del sistema liberale. La «Contro-Rivoluzione non sarebbe altro che una nuova Rivoluzione», asserisce l'autore.<ref>B. Constant, ''De la force du gouvernement actuel de la France et de la nécessité de s'y rallier'', in OCBC, cit, pp. 337-338.</ref> Al tempo stesso bisogna scongiurare l'altro estremo, quello terroristico, sicché si incitano i francesi «a cedere alla forza delle cose» e ad allinearsi alla politica del Direttorio, mettendo da parte le diverse opinioni politiche, per assicurare «pace e libertà».<ref>B. Constant, ''De la force [...]'', cit., pp. 342-345.</ref>
[[File:Julie Talma, danseuse.jpg|thumb|left|180px|Julie Talma]]
Nel 1796, a Parigi, dove si trova anche per far ottenere la cittadinanza francese all'amante, Constant approfondisce la conoscenza di Julie Talma (1756-1805), danzatrice e sposa infelice del famoso attore [[François-Joseph Talma|François-Joseph]]. Il loro sarà un rapporto profondo ma platonico, benché Julie ami Benjamin. In luglio Constant sfida a duello il giornalista Louis-François Bertin, che lo ha offeso per la sua nazionalità svizzera e gli ha dato del giacobino terrorista. Tuttavia si riconciliano prima dello scontro e diventeranno buoni amici. Quando Constant torna in Svizzera il 4 agosto trova Germaine molto innamorata di lui, e quando il 7 ottobre riparte per Parigi Mme de Staël è incinta di una bambina, Albertine, che nasce l'8 giugno 1797 e che è probabilmente figlia di Benjamin.<ref>D. Wood, ''Benjamin Constant. A Biography'', London and New York, 1993, pp. 145-147.</ref>
 
Il 1º novembre 1796 acquista, in parte con un prestito di Necker, una tenuta vicino a [[Luzarches]] (30 chilometri circa a nord di Parigi), Hérivaux, dove può stabilirsi con Germaine, che ha ricevuto l'autorizzazione a tornare in Francia purché non metta piede nella capitale. Qui soggiornano a più riprese tra il gennaio e il maggio 1797 (quando la de Staël può tornare a Parigi), ricevendo fra gli altri [[Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord|Talleyrand]].<ref>D. Wood, cit., p. 146.</ref>
 
Al primo pamphlet che Constant scrive nel periodo direttoriale seguono nel 1797 altri due scritti degni di nota: ''Des réactions politiques'' (''Le reazioni politiche''), pubblicato in marzo, e ''Des effets de la Terreur'' (''Gli effetti del Terrore''). All'inizio del primo Constant, che ha iniziato le procedure per ottenere la cittadinanza francese e poter così prendere parte attiva alla politica del Paese, si rifà a un decreto del 1790, che riconosceva la cittadinanza a chi discendeva da francesi espatriati in maniera coatta. Constant sostiene di essere proprio in questa condizione, perché appartiene a una famiglia costretta a fuggire in quanto [[Ugonotti|ugonotta]].<ref>B. Constant, ''Des réactions politiques'', in OCBC, cit., pp. 455-456.</ref>
 
In seguito, sostiene che le rivoluzioni derivano dalla rottura dell’equilibrio tra le aspirazioni di un popolo («le idee») e le istituzioni che lo governano. La rivoluzione dunque esplode come sintomo di un rapporto degenerato e come la cura che vi pone rimedio. Quando restaura questo equilibrio e si ferma lì, non c'è reazione, ma quando va oltre, «cioè quando stabilisce istituzioni che oltrepassano le idee dominanti, produce inevitabilmente delle reazioni».<ref>B. Constant, ''Des réactions politiques'', cit., p. 457.</ref> È quanto accadde, continua Constant, con la Rivoluzione francese, in quanto non ci si è accontentati degli obiettivi iniziali - libertà e abolizione dei privilegi -, e ci si è attaccati alla proprietà, cosicché gli sconquassi economici e sociali conseguenti hanno provocato le innovazioni eccessive dei Giacobini, portando la situazione a degenerare, e la Francia si trova ora in un equilibrio precario, con il rischio di ricadere nell{{'}}''Ancien Régime'' e nella restaurazione dei privilegi.<ref>Per un resoconto del pamphlet, L. Burnand, cit., pp. 105-107.</ref>
Riga 106:
Tuttavia, l’esperienza della Repubblica Direttoriale arriva a un epilogo il 18 brumaio 1799, a causa di un colpo di mano ordito da [[Emmanuel Joseph Sieyès|Sieyès]], il personaggio più influente del Direttorio, insieme a [[Joseph Fouché|Fouché]] e [[Napoleone Bonaparte]], determinando la decisiva ascesa al potere di quest’ultimo, che diviene [[Consolato (Francia)|Primo Console]].
[[File:Appiani Bonaparte Milan.jpg|thumb|left|200px|Napoleone ritratto da [[Andrea Appiani]] nel 1800]]
Il Parlamento si sposta a [[Saint-Cloud]] e Constant si oppone alla svolta politica di Bonaparte e ai cambiamenti istituzionali che mirano all’esautoramento del potere esecutivo. Nominato membro del neo-istituito [[Tribunato (Francia)|Tribunato]] il 24 dicembre 1799, il 5 gennaio 1800 vi pronuncia un celebre discorso antibonapartista, relativo a un progetto di legge governativo che estrometterebbe sostanzialmente il Tribunato da un'incisiva partecipazione alla vita politica, in quanto si vedrebbe accordato un tempo troppo breve per poter esaminare a fondo i vari progetti di legge. In quell'occasione, Constant afferma che, «senza l'indipendenza del Tribunato, non ci sarebbero né armonia, né Costituzione, ma solo servitù e silenzio; un silenzio che si farebbe sentire in tutta Europa».<ref>B. Constant, «Sur le projet concernant la formation de la loi» (séance du 5 janvier 1800), in OCBC, série ''Œuvres'', t. IV, pp. 73-84.</ref>
 
L'intervento procura al suo autore violenti attacchi da parte della stampa, che coinvolgono anche l'amante, Mme de Staël, il cui salotto, tra i più frequentati di Parigi, si ritrova di colpo deserto. Sospettata da Bonaparte di aver istigato Constant contro di lui, la nobildonna viene invitata ad allontanarsi dalla capitale per qualche tempo. Nei mesi seguenti, Constant continua ad attaccare il primo Console dall'aula del Tribunato: nei numerosi discorsi difende la libertà del singolo cittadino e della stampa, invoca l'indipendenza dei giudici e si oppone all'instaurazione di tribunali d'eccezione.<ref>L. Burnand, cit., pp. 127-130.</ref>
 
Attorno a Constant si forma un gruppetto di oppositori che, uniti a ''Idéologues'' quali [[Marie-Joseph Chénier]] (fratello di [[André Chénier|André]]), [[Pierre Daunou]] e [[Pierre-Louis Ginguené]], imbastiscono una resistenza a Bonaparte in seno al Tribunato.<ref>L. Burnand, cit., p. 131.</ref> Un rapporto di polizia del novembre del 1800 cita Constant tra gli «oppositori» che combattono contro «quelli che definiscono abusi del potere esecutivo».<ref>«Rapport de la préfecture de police du 15 novembre 1800», cit. in A. Aulard, ''Paris sous le Consulat'', Paris 1903, t. I, p. 813.</ref>
 
L'insofferenza di Napoleone verso gli oppositori cresce giorno dopo giorno, finché nell'ottobre 1801 arriva ad auspicarsi che quei «cani» possano essere espulsi dal consesso il prima possibile. «Sono loro», continua Bonaparte, «che impediscono alla nave di procedere a vele spiegate».<ref>Cit. da S. Girardin, ''Journal et Souvenirs'', Paris 1828, t. III, pp. 233-234.</ref> Con l'occasione del rinnovamento parziale del Tribunato, nel 1802, Bonaparte assegna a [[Jean-Jacques Régis de Cambacérès|Cambacères]] il compito di estromettere i dissidenti; il 10 febbraio, Constant figura (con Daunou, Chénier e Ginguené) tra i venti espulsi, e lo stesso anno lascia la Francia assieme a Mme de Staël.<ref>L. Burnand, cit., pp. 131-133.</ref>
Riga 143:
Nonostante il ritiro a vita privata, fino al 1816 Constant ha l’occasione di produrre molte delle sue opere più rilevanti grazie alla frequentazione della celebre residenza di [[Coppet]], nei pressi di [[Nyon]] sul lago di Ginevra, luogo in cui Madame de Staël aveva riorganizzato le riunioni di un nutrito circolo di intellettuali in seguito all’interdizione data a Constant di avvicinarsi a meno di 150 chilometri da Parigi.
[[File:Adolphe novel 1816 title.jpg|thumb|right|150px|Frontespizio di ''Adolphe'' (1816)]]
Nel 1813 scrive il libello antinapoleonico ''Lo spirito di conquista e dell’usurpazione'' che gli permetterà di rientrare sulla scena politica in seguito alla caduta di Napoleone nella [[battaglia di Lipsia]].
 
Nonostante la sua avversione a Napoleone e dopo aver partecipato attivamente ai primi anni della [[Restaurazione]] (1814-1815), durante i [[Cento giorni]] (dal 20 marzo all’8 luglio 1815) accetta di redigere l{{'}}''[[Carta imperiale del 1815|Acte Additionel]]'', una costituzione per liberalizzare l’Impero di Napoleone, nel periodo stesso in cui aveva difeso la costituzione concessa da [[Luigi XVIII di Francia|Luigi XVIII]]. Dopo la sconfitta napoleonica a [[Battaglia di Waterloo|Waterloo]] il 18 giugno 1815 e il ritorno sul trono del legittimo sovrano Luigi XVIII, Constant decide di partire per l’esilio volontario da cui tornerà nel 1816, stesso anno in cui scrive il suo romanzo più famoso, l{{'}}''[[Adolphe (romanzo)|Adolphe]]'', identificandosi con le istanze liberali incarnate dagli Indipendenti, uno dei grandi partiti della Seconda Restaurazione.
Riga 176:
La teorizzazione di Benjamin Constant, interrogandosi radicalmente sulla natura del potere, difende le conquiste politiche rivoluzionarie e allo stesso tempo riesce ad essere protagonista centrale nel periodo della restaurazione. La sua dottrina costituzionale si basa sulla divisione tra potere legislativo e potere esecutivo, divisione che riprende le facoltà individuali del volere (legislativo) e dell'agire (esecutivo)<ref>{{Cita libro|autore=Mauro Barberis|titolo=Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso|anno=1988|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=122|pp=|ISBN=}}</ref>; si articola poi in cinque funzioni (a partire dal 1814, data di pubblicazione delle “''Reflexions sur les constitutions''”): il ''pouvoir préservateur/neutre'' affidato al re; il potere esecutivo assegnato ai ministri; il ''pouvoir représentatif'', ovvero il potere legislativo affidato a due camere; il potere giudiziario; il ''pouvoir municipal'' legato alla dimensione locale, questa proposta fu infine recepita nel [[1831]], quando furono istituiti dei consigli comunali eletti (sebbene con una base elettorale ristretta).<ref>{{Cita libro|autore=Mauro Barberis|titolo=Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso|anno=1988|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=203|pp=|ISBN=}}</ref>
 
Il monarca ha rapporti con tutti gli altri poteri: nomina i ministri (potere esecutivo), promulga o pone il veto sui provvedimenti legislativi, nomina parte dei giudici (potere giudiziario). Rispetto alla sua carica neutra e di garanzia rispetto all'assetto costituito, invece egli può destituire i ministri, sciogliere la camera elettiva, esercitare la grazia.
 
Il potere legislativo è assegnato a due camere, una delle quali viene eletta con suffragio su base censitaria (da qui la definizione di potere ''représentatif''), l'altra è organizzata su base ereditaria.
Riga 182:
Seguendo un disegno coerente che lega tutte le parti del corpo costituzionale, la camera elettiva viene progettata da Constant per radicare il meccanismo politico nell'opinione attraverso la rappresentanza. L'elezione diretta avviene seguendo tre passaggi: in ogni distretto tutti i cittadini aventi diritto (ovvero i proprietari) fissano una prima lista di cinquanta candidabili, scelgono poi una commissione composta da cento elementi che sceglierà i cinque candidati tra cui verrà nuovamente effettuata la scelta da tutti gli aventi diritto di voto<ref>{{Cita libro|autore=Benjamin Constant|titolo=Principi di politica (tr. di Umberto Cerroni)|anno=2013|editore=Editori riuniti|città=|p=102|pp=|ISBN=}}</ref>. La camera elettiva è fondamentale nel disegno costituzionale perché permette un reale collegamento tra gli interessi particolari e l'interesse generale, incentivando ulteriormente la relazione tra le diverse classi sociali; essa è rinnovabile per intero a scadenze non eccessivamente ravvicinate, i suoi membri sono rieleggibili per un numero indefinito di tornate elettorali con il duplice scopo di ricompensarne il merito ed evitare disordini nella popolazione. Pur non essendo contrario ad una indennità modesta per i componenti eletti, Constant sostiene la gratuità delle funzioni rappresentative, proprio perché in un contesto in cui i non-proprietari non hanno diritti politici l'assenza di qualsiasi compenso per i rappresentanti diviene naturale. Per rendere allo stesso tempo appetibili le cariche rappresentative, esse devono avere un ruolo fondamentale all'interno dello Stato.<ref>{{Cita libro|autore=Benjamin Constant|titolo=Principi di politica (tr. di Umberto Cerroni)|anno=2013|editore=Editori Riuniti|città=|p=|pp=109-113|ISBN=}}</ref>
 
Il potere esecutivo viene esercitato dai ministri, responsabili rispetto alle camere e al sovrano; il giudiziario viene esercitato da giudici in parte nominati dal re, in parte estratti a sorte tra gli elettori; il potere ''municipal'' si esplica nella sfera locale ed è la cifra di una forte decentralizzazione amministrativa ma anche politica, elemento di novità portato dalla teorizzazione constantiana.
 
Il sistema così organizzato può essere definito come “ibrido” per almeno due ordini di motivi. Include aspetti di chiaro riferimento anglosassone, legati alla flessibilità lasciata al meccanismo politico rispetto alla materia non strettamente costituzionale, ovvero tutto ciò che va oltre l'attribuzione dei poteri e i diritti individuali, allo stesso tempo proprio nella formalizzazione di questi ultimi due aspetti, si ricollega alle influenze razionaliste francesi. In secondo luogo è il rapporto stesso tra i poteri a rendere tale sistema non riducibile né ad una monarchia costituzionale (in cui i ministri dipendono unicamente dal re), né ad un sistema parlamentare (in cui il potere esecutivo riceve fiducia unicamente dal parlamento); qui i ministri hanno piena autonomia rispetto agli altri poteri, e piena responsabilità individuale, con l'unica eventualità di essere destituibili dal sovrano in casi estremi di crisi istituzionale. Proprio da questo disegno complessivo si può trarre la definizione del sistema prospettato da Constant come “governo di gabinetto”, in cui la legittimità del monarca viene costituzionalizzata, ovvero limitata e formalizzata dalla carta costituzionale, e radicata nell'opinione attraverso il legame con gli altri attori istituzionali, creando un sistema complesso ma allo stesso tempo flessibile di pesi e contrappesi.<ref>{{Cita libro|autore=Mauro Barberis|titolo=Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso|anno=1988|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=|pp=229-230|ISBN=}}</ref>