Minigonna: differenze tra le versioni

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sia per l'impressione di essere oggetti plasticosi o "'''dolly birds'"''<ref>Termine inglese che significa "giovane donna sexy", ma che può avere valenza denigratoria, indicando una donna vestita in maniera eccessivamente provocante, si veda {{en}}[http://www.sex-lexis.com/Sex-Dictionary/dolly+bird la definizione] su sex-lexis.com</ref>, che rischiavano di suscitare le ragazze vestite in minigonna e soprabito [[Mackintosh]] di [[PVC]] (l'accoppiata dettata dalla moda del periodo).<ref>Christopher Booker, ''The Seventies: portrait of a decade'', Penguin Books Ltd, 1980, ISBN 978-0-14-005783-6</ref>
 
Un 'ulteriore motivazione che spinse all'allungamento della gonna furono le proteste del movimento [[femminismo|femminista]]: se in un primo tempo le gonne e la possibilità di vestirsi in maniera [[Attrazione sessuale|sexy]] (oltre a poter vivere più [[Rivoluzione sessuale|liberamente le proprie esperienze sessuali]]) erano sembrate delle novità da indicare come un'evoluzione positiva nella condizione delle donne<ref name="Aspesi1978">[[Natalia Aspesi]], ''La libertà del ginocchio femminile'', nella raccolta ''Festival e funerali '', [[Il Saggiatore (casa editrice)|il Saggiatore]], 2011, ISBN 9788865761458, [https://books.google.it/books?id=y50YywapoIsC&lpg=PA139&hl=it&pg=PA138#v=onepage&q&f=false pp. 138-141] (originariamente pubblicato nel 1978)</ref>, col tempo questo abbigliamento rischiava (nell'ottica di alcuni gruppi femministi) di farle considerare solo come degli oggetti sessuali<ref name=randomhistory />. In quegli anni iniziavano peraltro ad essere poste sotto accusa anche [[Pubblicità sessista|diverse campagne pubblicitarie]], che puntavano sulla minigonna per evidenziare l'avvenenza delle modelle, richiamando così l'attenzione su prodotti che non avevano nulla a che fare né con l'abbigliamento, né con l'universo femminile<ref>Si vedano per esempio le pubblicità della [[Innocenti]] relative alla [[Innocenti Lambretta|Lambretta]] e alla [[Mini (1959)#Innocenti Mini|Mini]] rispettivamente del 1967 con la modella [[Jean Shrimpton]], e del 1972 con [[Raffaella Carrà]], [https://web.archive.org/web/20061010085243/http://www.cyberium.net/imagine/M/innocenti/index-innocenti.html riportate] dal sito Old Motorcycles Wallpapers</ref>. Oltre all'immagine sexy proposta, grazie all'indumento, da alcune pubblicità cartacee e televisive, anche diverse aziende avevano scelto minigonne e miniabiti particolarmente corti come uniformi del loro personale a contatto col pubblico (per esempio alcune [[Assistente di volo|assistenti di volo]]), scelta che, pur garantendo una sicura pubblicità, attirava anche critiche. Per diverse femministe la minigonna era quindi passata, in pochi anni, da simbolo delle nuove libertà e della conquistata indipendenza (anche economica) delle donne, indossata a volte in modo volontariamente eccessivo come forma di provocazione, a capo di vestiario da boicottare perché legato alla figura della donna-oggetto, un dualismo che a distanza di decenni anima ancora il dibattito del mondo femminista<ref>{{en}}Nermeen Shaikh , ''The Present as History. Critical Perspectives on Contemporary Global Power''", Columbia University Press, 2007, ISBN 9780231142991, [https://www.google.it/books/edition/The_Present_as_History/KyKtAgAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&pg=PA168&printsec=frontcover pag 168]</ref>.
 
In questo periodo, con l'eclissarsi della minigonna, si diffonde la moda degli [[short]] (letteralmente "''corto''"), spesso di jeans, come quelli indossati dall'attrice [[Catherine Bach]] nella serie televisiva [[Hazzard]] (1979-1985), che divennero noti proprio come ''Jeans Daisy-Duke'' (dal nome del suo personaggio<ref>Come raccontato dalla stessa attrice Catherine Bach (inizialmente restia ad usare un simile capo di abbigliamento) in un'intervista dell'ottobre 1981, a convincerla ad a girare le scene in cui lavora come cameriera con pantaloncini così ridotti, fu proprio lo scoprire che le divise delle vere cameriere dei ristoranti comprendevano minigonne altrettanto corte ("''Indossavano tutte delle piccole minigonne che arrivavano alla tovaglia!''"). Si veda {{cita web|lingua=en|url=https://news.google.ca/newspapers?id=3VYuAAAAIBAJ&sjid=QdoFAAAAIBAJ&pg=4352,2540768&dq=catherine+bach&hl=en |titolo= Catherine Bach Defends the Dukes|editore=Beaver Country Times |accesso= 15 agosto 2014|data=11 ottobre 1981}}</ref>) e degli [[hot pants]]<ref name="FrancoAngeli">Daniele Pittèri, ''L'intensità e la distrazione. Industrie, creatività e tattiche nella comunicazione'' - Volume 16 di Cultura della comunicazione, [[FrancoAngeli]], 2006, ISBN 978-88-464-7300-4, [http://books.google.it/books?id=_kE1g8u3NxAC&pg=PA124&dq=Mary+Quant+1965&lr=&cd=13#v=onepage&q=Mary%20Quant%201965&f=false p. 124]</ref> (anche questi ultimi vedono tra i loro inventori la stilista Mary Quant<ref name="Masi">Carlo Masi, ''Love generation: l'amore al tempo degli hippies'' - Volume 28 di Contatti Nuova serie, [[Castelvecchi]], 2005, ISBN 978-88-7615-087-6 [http://books.google.it/books?id=3qs4M_JYbkUC&pg=PA118&dq=Mary+Quant+minigonna&lr=&as_drrb_is=q&as_minm_is=0&as_miny_is=&as_maxm_is=0&as_maxy_is=&as_brr=3&cd=8#v=onepage&q=Mary%20Quant%20minigonna&f=false p. 118]</ref>): entrambi scoprivano le gambe come, se non più, delle minigonne, ma risultavano più pratici in quanto permettevano una maggiore libertà di movimento, oltre a proteggere e coprire maggiormente la zona intima. Nel tempo ci furono anche dei tentativi di unificare i due indumenti, [[Gianni Versace|lo stilista Versace]] per esempio provò ad introdurre abiti dotati sì di gonna corta, ma da indossare sopra a dei (parzialmente visibili) pantaloncini<ref>[[Natalia Aspesi]], a cura di [[Andrea Gentile (scrittore)|Andrea Gentile]] e [[Aurelio Pino]], ''Festival e funerali: dai costumi ai malcostumi: una storia italiana'', [[Il Saggiatore (casa editrice)|Il Saggiatore]], 2011, ISBN 978-88-428-1653-9, [http://books.google.it/books?id=y50YywapoIsC&lpg=PA139&dq=minigonna&hl=it&pg=PA148#v=onepage&q&f=false pp. 148-149]</ref>.