Secondo triumvirato: differenze tra le versioni
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Dopo tale data Ottaviano si fece chiamare Augusto, e come tale viene oggi ricordato. Ulteriore attributo e nuovo onore concessogli fu l'assegnazione della [[tribunicia potestas]] nella sua totalità (23 a.C.), rinnovatagli annualmente. Forse per non suscitare l'astio dei nostalgici della repubblica, o forse perché non necessari, rinunciò ad altri poteri, quali la dittatura - da lui considerata ''contra morem maiorum'' e messa fuori legge da Antonio, certamente anche perché tale carica gli ricordava l'esperienza negativa di Cesare; quella di ''curator legum et morum''; la ''censoria potestas''; il consolato unico a vita. Accettò invece la carica di ''pontifex maximus'' (12 a.C.), ricoperta fino alla morte da [[Lepido]], dopo esser stato messo da parte da lui. Infine, nel 2 a.C., gli fu attribuito anche il titolo di ''[[Pater Patriae|pater patriae]]''.
La vittoria di Ottaviano Augusto ad Azio non fu quindi solo la fine di un periodo turbolento e sanguinoso della storia romana, ma rappresentò un importante punto di svolta della storia dello stato romano. Il regime nato dai mutamenti della fine del I secolo a.C. viene chiamato comunemente impero, mentre la storiografia preferisce usare il termine [[principato (storia romana)|principato]] (derivato per l'appunto dal titolo concesso ad Augusto ed ereditato dai suoi successori) per il primo periodo, a rimarcare il carattere non ancora monarchico-assoluto del nuovo corso. Quando, lentamente nel tempo, l'aspetto autocratico e dispotico del potere imperiale prevalse, si usò il termine [[dominato]], soprattutto a partire dall'epoca di [[Diocleziano]] (284-305). Per il quadro storico generale, ciò che più importa è il fatto che da Augusto in poi saranno singoli uomini, con l'esercizio dei loro enormi poteri e con la loro personalità, a caratterizzare la vita politica, militare e sociale dello stato romano, e non più un'oligarchia, chiusa e legata alle proprie tradizioni morali e politiche e riunita in un organo collegiale quale era il Senato.<ref>Ibidem, pp. 495-502.</ref>
== Note ==
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