Marcello Mascherini: differenze tra le versioni
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[[File:Marl Mascherini 01.JPG|thumb|Sculptura ''Cantico dei Cantici'' (1957) sculpturepark Paracelsus-Klinik, [[Marl]] in Germania]]
L'opera, soprattutto scultorea, di Mascherini potrebbe essere riassunta in "periodi", tuttavia deve essere considerato come idee e forme per un artista siano confluenti tra di esse anche a distanza di decenni. In principio egli fa riferimento a forme fortemente muscolari ma dialoganti con dell'[[art déco]] degli anni '20. Il giovane artista raccoglie commissioni più "decorative", come è il caso del [[Cimitero monumentale di Sant'Anna|Cimitero di Sant'Anna]] e altri cantieri edilizi di Trieste. Questo primo periodo più "architettonico" necessita di ulteriori approfondimenti. Tuttavia si nota già un interesse nel modellato di alcuni rilevanti protagonisti nazionali come [[Medardo Rosso]]. Nei tardi anni '20 le forme si fanno più abbondanti e rigide, tipicamente razionaliste. Nei primi anni '30 l'ammirazione per il gusto [[Arturo Martini|martiniano]] è evidente, intuizione che darà il plauso a Mascherini dalla critica dell'epoca. Il 1931 è un anno di svolta, visita infatti il sito romano di [[Villa Giulia]], rimanendo affascinato dalla collezione antica, provocandogli una spinta che si può definire [[Aby Warburg|warburghiana]] - ''Nachleben der Antike'', sopravvivenza dell'antico - che non lo abbandonerà più come si evice sia tematicamente nei numerosi riferimenti ai titoli delle opere (dalla mitologia mediterranea) sia formalmente (sezionando ad esempio gli arti delle sculture per richiamare il danno subìto dalle opere antiche, senza dimenticare la tensione delle forme fanciullesche o abbondanti). Non è da escludere che una certa influenza sull'opera mascheriniana sia dovuta alla [[Statuaria prenuragica e nuragica|scultura nuragica]], ma non è chiaro quando questa influenza si debba far iniziare. Altre influenze rilevanti sono quelle date dalla produzione di [[Aristide Maillol]] già evidente nei primi anni '40 e più tardi dai volumi geometrici dati dalla scultura cubista di [[Constantin Brâncuși|Brancusi]]. Aprendosi quindi alle avanguardie europee più "nobili" dell'epoca. Testamento scultoreo "mediterraneo" dell'artista è il grandissimo bassorilievo di 12 m di diametro, l'''Anello degli Argonauti'', oggi in due esemplari al [[Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci|Museo della Scienza di Milano]] e nell'Aula Magna dell'[[Università degli Studi di Trieste|Università di Trieste]] (il gesso preparatorio). Le sculture dalle forme abbondanti dei tardi anni '40 incominciano a mutare in una tensione più "acrobatica" come la definisce Alfonso Gatto, concludendosi a singhiozzo all'inizio degli anni '60. Probabilmente questo periodo culmina alla metà degli anni '50, caratterizzato da volumi con articolazioni - soprattutto all'altezza delle mani, piedi e collo - molto affusolate e fragili, ma immerse in un'atmosfera idilliaca e edenica. Le intersezioni degli arti risultano cubiste, ma elettrizzate da un gusto mediterraneo tutto particolare. Le figure sembrano tutte partecipanti a una danza rituale, abbandonate da ogni sforzo o fatica. Con il progetto per il Monumento di [[Campo di concentramento di Auschwitz|Auschwitz]], questa epoca bucolica sembra sfiorire. Il progetto internazionale è stata una notevole azione da parte di diversi paesi del blocco occidentale durato dieci anni (1957-1967) e incontrando diversi ostacoli e cambi di direttivo. La prima fase di scrematura delle proposte progettuali - gestita da una giuria internazionale presieduta prima dallo scultore britannico [[Henry Moore]] e poi dallo storico dell'arte italiano [[Lionello Venturi]] - ha visto 426 gruppi da tutto il mondo, di cui solo 7 passarono la prima selezione. Il gruppo composto rappresentante la città di Trieste, composto da Mascherini e Roberto Costa, era riuscito a inserirsi in quest'ultima rosa di scelte, tuttavia verrà affidato il cantiere a Roma con il team Julio Lafuente, Pietro Cascella, Andrea Cascella (gli altri erano: Varsavia con: Oskar Hansen, Jerzy Jarnuszkiewicz, Julian Pałka, Lechosław Rosiński, Edmund Kupiecki, Zofia Hansen, Tadeusz Plasota; ancora Varsavia con il team Alina Szapocznikow, Jerzy Chudzik, Roman Cieślewicz, Bolesław Malmurowicz; Roma con il team Maurizio Vitale, Giorgio Simoncini, Tomasso Valle, Percile Fazzini; Berlino Ovest con Helmut Wolff; nuovamente Varsavia con il team Andrzej Jan Wróblewski, Andrzej Latos). All'inizio degli anni '60 si nota un'ulteriore evoluzione del gusto mascheriniano che affida sempre più la "pelle" - come la definisce l'amico [[Giuseppe Zigaina]] - al calco della [[Carso|pietra carsica]]. Lo stesso Mascherini dichiara che con ''Morte in miniera'' (1962) questa propensione all'affidarsi totalmente alle forze della natura è ormai dichiarata. Quest'opera è poi dedicata alla tragica vicenda dei [[Disastro di Marcinelle|minatori italiani di Marcinelle]]. Le figure umane diventano sempre più "[[Arte informale|informali]]", perdendo i dettagli e ritrovando la non-completezza dei bronzetti etruschi. Pareti rocciose, sassi, cortecce e parti di alberi vengono ricomposti in una nuova configurazione e sostituendo abiti e parti del corpo dei soggetti sempre più catturati in istanti tragici. Lacerazioni, grida e contratture parlano di un mondo in pericolo globale. Nei tardi anni '60, ma soprattutto all'inizio degli anni '70, i soggetti vanno incontro a una metamorfosi identica a quella toccata alla Dafne mitologica: volti e corpi che sono inglobati da un arbusto o un albero, che assurdamente trovano finalmente una pace ora che non sono più formalmente umani. Soprattutto dopo il 1968 si nota come la pelle carsica diventi più protagonista del soggetto stesso che diventa un mero pretesto. Se prima i movimenti umani e quelli vegetali trovavano un ritmo comune, l'artista sembra adesso più interessato al movimento del ramo cresciuto in condizioni difficili sopra il Carso, sbilanciato tra stagioni calde a quelle troppo ventose. Dal 1972 si piò far cominciare l'ultimo grande periodo, quello dei ''Fiori'', dove la figura umana è totalmente negata e rifiutata. Sono fiori primordiali mai esistiti, una forma di vita così lontana dall'epoca attuale da diventare quasi fantascientifici. L'operazione può ricordare i readymade di duchampiana memoria o l'[[arte povera]] che sta prendendo piede tra i nuovi movimenti giovanili. Difficile affermare dove l'artista triestino abbia trovato ispirazione, probabilmente nelle lunghe passeggiate vicino al suo atelier di Sistiana e che riportano a una "sopravvivenza della natura" più che dell'antico. Sassi, rami (spezzati, trovati, segati) sono ricomposti poeticamente in una sorta di "pacifica" e muta foresta del VII Cerchio dantesco.
== Bibliografia ==
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