Utente:GiorgioBertin39/Sandbox: differenze tra le versioni

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m Il rapporto con l'Arte povera, tenere incipit, e citazione.: riorganizzate sezioni, rimosse parti senza fonte
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Giovanissimo, si reca a [[Parigi]] per il suo interesse verso l'arte contemporanea, in particolare degli impressionisti, e visita altri paesi d’Europa, dedicandosi al lavoro di decoratore e illustratore di grafica araldica. Al rientro in Italia, si sviluppa il suo interesse ecologico e artistico per i rifiuti abbandonati nelle periferie delle città, iniziando così la produzione delle prime sculture. <!--Già prima degli anni '60, con l'avanzare delle nuove tecnologie, le società occidentali iniziarono a produrre oggetti di consumo non più assimilabili dall'ambiente. L'uso di nuove materie, genericamente chiamate plastiche o composti polimerici, ampliò ulteriormente il consumismo, con l'utilizzo massiccio di questi materiali.-->
 
A metà degli anni '60 si trasferisce a [[Firenze]] per documentarsi sulla cultura figurativa rinascimentale. Agli inizi degli anni '70, si sposta per motivi di lavoro come entomologo per il [[Consiglio Nazionale delle Ricerche]]<ref>{{Cita libro|cognome=Museo civico di storia naturale di Milano.|nome2=Museo civico di storia naturale di|cognome2=Milano|nome3=Società italiana di scienze|cognome3=naturali|titolo=Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano|url=https://www.biodiversitylibrary.org/item/268745|accesso=22 giugno 2024|data=2000|editore=Società Italiana di Scienze Naturali ; Museo Civico di Storia Naturale in Milano|p=199|volume=v.141(2000)}}</ref>, in vari paesi d’Europa, Africa e Medio Oriente. Durante questo periodo, compie ricerche e studi comparati sulla composizione dei R.S.U. (Rifiuti Solidi Urbani) in rapporto ai regimi politici e ai rispettivi livelli economico-industriali. Giorgio Bertin, si recò a New York tra il 1981 e il 1982 con un gruppo di garbartists per vedere e documentare lo smaltimento, via fiume e via terra, dei rifiuti della città, (si trattava allora della città con la maggiore produzione: 15.000 t/giorno ca.)
 
La Garbart, dice Giorgio Morales, assessore alla Cultura, poi sindaco, del Comune di Firenze, è l'arte dei rifiuti, ma non solo dei rifiuti, rivendica con pieno diritto la propria essenza di arte, combinandola con l'intenzione provocatoria di travalicarne i confini. La Garbart accetta e trasforma i rifiuti, non cerca di sublimarli ma di suggerire e provocare. Come Bertin scrive ne "La cultura dei rifiuti", un tempo l'arte celebrava la natura e la vita; oggi, invece, dobbiamo difenderle, e lui lo fa attraverso l'uso dei rifiuti. Ci costringe a riflettere sui rifiuti oltre i problemi tecnici e sociali della loro gestione, ponendo una questione più profonda: come affrontare la logica del consumo, dell'emarginazione e dei sottoprodotti indesiderati della tecnologia.<ref>{{Cita web|url=https://www.garbart.net/wnew/biografia/|titolo=Biografia|sito=Garbart|lingua=it|accesso=15 giugno 2024}}</ref>
 
=== New York (anni '80) ===
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Durante queste operazioni si accentua il suo interesse per le aree marginali, ovvero fasce di territorio dove sono stati sepolti i rifiuti, che si estendono dalle estreme periferie delle grandi città fino al loro perimetro, dove discariche e inceneritori sono ancora in funzione.
 
Qui entra in contatto con gruppi di “recycling artists” e “street artist” non solo americani, ma provenienti da ogni parte del mondo: pittori, scultori e musicisti, gente di spettacolo, in gran parte senza dimora, che abita e si esibisce nelle “marginal zones” e nei “boroughs” abbandonati e in gran parte crollati. Le esibizioni, comunemente chiamate "exhibitions", consistevanosorta di esibizioni artistiche clandestine, chiamate anche T.A.EX. (Total Artistic EXhibitions).<ref name="ref_A">{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|titolo=L'uomo che si butta via|anno=2019|editore=MnM Print|p=161|ISBN=978-8894394450}}</ref> Le strutture scelte erano molto grandi, in liberegrado espressionidi contenere centinaia di opere e gli artisti che le producevano.<ref>{{Cita pubblicazione|anno=1984|mese=marzo|titolo=T.A.EX.|rivista=Panorama Mese|citazione=T.A.EX. (muralesTotal Artistic EXhibition) Esponente dell'espressionismo metropolitano, pitturaGiorgio suBertin supportivisse recuperatia New York agli inizi degli anni ottanta, sculturadove, recitazionecon i permessi e l'aiuto del Dipartimento della Sanità, musica…)realizzò deiun partecipanti.documentario Glisulle edificivarie sceltifasi facevanodi parteespulsione dei rifiuti solidi urbani di strutturequesta istituzionalicittà: raccolta, cometrasporto scuole,terrestre tribunali,e fluviale negli inceneritori ino disuso,interramento mattatoi,nei ancorasanitary praticabililandfill (SPASMO-PLUS 1982 edizioni Stampa Alternativa Roma suppl. N.14276).
 
Nel 1982 continua la sua attività poetica con il journal ''Spasmo Plus''<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|traduttore=Rita Weil, Bixby, Orlando Arango|titolo=Spasmo-Plus|anno=1982|editore=Stampa alternativa|città=Vicenza}}</ref>, che riporta foto e poesie del lavoro svolto a New York.<ref>{{YouTube|autore=Enzo Cicchino|G7epm021Y78|SPASMO PLUS - "NEW YORK NEW YORK!" TRA I RIFIUTI SOLIDI URBANI libro di fotografia e poesia}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Giuliano Serafini|anno=1983|mese=settembre|titolo=Recensione "Spasmo-plus"|rivista=Eco d'Arte}}</ref>
 
=== Garbart, tenere incipit come introduzione. ===
La '''Garbart''' nasce contestualmente alla [[Arte di strada|Street art]], a New York negli anni 70; con essa condivide i fermenti artistico-culturali sviluppatisi soprattutto nelle aree marginali, e nelle periferie, in parte abbandonate, di questa città. Una coabitazione che non impedisce, nel tempo, la formazione di modalità espressive sempre più distinte, ben identificabili anche nella diversità tecnica e nell'uso dei materiali, che nel caso di artisti aderenti alla Garbart (''garbartist'') sono, in gran parte riciclati.
 
La peculiarità espressiva della Garbart, si delinea via via, e poi si concretizza nell'esprimersi con materiali e oggetti progettati, prodotti, consumati e [[Rifiuto|gettati dall'uomo]]; una modulazione espressiva implicitamente connessa al tempo in cui viene prodotta. Si basa infatti sul [[Riciclaggio dei rifiuti|riciclaggio]] artistico dei rifiuti, ideato agli inizi degli anni 70 da Giorgio Bertin (motivato anche dalle nuove problematiche ambientali causate dal consumismo). Oggetti e materiali cambiano destinazione e anche il loro destino, possono diventare una scultura, un bassorilievo, anziché finire in discariche o inceneritori.<ref>{{Cita libro|nome=Omar|cognome=Calabrese|nome2=Gerhart|cognome2=Schroeder|nome3=Claudio|cognome3=Cantella|titolo=Garbart: riciclaggi di Giorgio Bertin.|anno=1988|editore=La casa Usher.}}</ref> Successivamente, fenomeni assimilabili alla Garbart, (difficilmente documentabili in quanto poco indagati dalla critica ufficiale) oltre che negli USA, si riscontrano anche nelle aree marginali e di smaltimento delle più grandi città europee: [[Londra]], [[Parigi]], [[Berlino]]… dove schiere di garbartists si istallano dando il via agli "[[Atelier|ateliers]] collettivi"; in seguito questa tendenza artistica viene accolta da [[Omar Calabrese]] nel perimetro semantico del [[Neobarocco]].<ref name=":02">{{Cita libro|nome=Omar|cognome=Calabrese|titolo=Caos e bellezza: immagini del neobarocco|edizione=1. ed|data=1991|editore=Domus Academy|ISBN=978-88-7184-010-9}}</ref>
 
Il termine "Garbart" è stato creato da Gianmaria Mussio combinando le parole inglesi ''garbage'' (rifiuto) e ''Art'' (arte).<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Gianmaria Mussio|anno=1984|mese=aprile|titolo=La società dei rifiuti di Giorgio Bertin|editore=Istituto universitario di Architettura, Venezia|curatore=Prof G. Zecchi (corso di Igiene Edilizia)|citazione="The Garb Age/Letà del Garbo"}}</ref>
 
Nel libro di poesie ''Percorsi'' è presente una poesia della poetessa Giovanna Bruco dal titolo ''Garbart''.<ref>{{Cita libro|autore=Giovanna Bruco|titolo=Percorsi|anno=2022|pp=45-46|citazione=garbart \ arte di una garbage \ garbata \ nauseante e poetica ...|ISBN=9788832722222}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Garbart - Riciclaggi di Giorgio Bertin|ed=La Casa Usher|p=62}}</ref>
 
==== New York e T.A.EX. unire parti con fonte alla sezione già esistente ====
Il termine Garbart affonda le sue radici anche nei collapsed suburbs delle estreme periferie newyorkesi, dove gran parte degli street artists (molti dei quali senza tetto) trovavano alloggio negli edifici pubblici (scuole, tribunali, inceneritori, luoghi di culto, fabbriche dismesse, mattatoi...) abbandonati, ma ancora agibili in quanto costruiti con criteri di maggiore robustezza.
 
Già negli anni '50 del Novecento, (dai racconti dei veterani di questi eventi) le comunità di artisti (di origini ed etnie molto diverse) così formatesi cominciarono a tenere le prime "exhibitions": sorta di esibizioni artistiche clandestine, chiamate anche T.A.EX. (Total Artistic EXhibitions).<ref name="ref_A">{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|titolo=L'uomo che si butta via|anno=2019|editore=MnM Print|p=161|ISBN=978-8894394450}}</ref> Le strutture scelte erano molto grandi, in grado di contenere centinaia di opere e gli artisti che le producevano.<ref>{{Cita pubblicazione|anno=1984|mese=marzo|titolo=T.A.EX.|rivista=Panorama Mese|citazione=T.A.EX. (Total Artistic EXhibition) Esponente dell'espressionismo metropolitano, Giorgio Bertin visse a New York agli inizi degli anni ottanta, dove, con i permessi e l'aiuto del Dipartimento della Sanità, realizzò un documentario sulle varie fasi di espulsione dei rifiuti solidi urbani di questa città: raccolta, trasporto terrestre e fluviale negli inceneritori o interramento nei sanitary landfill (SPASMO-PLUS 1982 edizioni Stampa Alternativa Roma suppl. N.14276).
 
Durante la sua permanenza a New York, partecipò più volte alla T.A.EX. (Total Artistic EXhibition): enormi esibizioni artistiche “clandestine” che si tenevano in grandi edifici abbandonati dell'estrema periferia newyorkese, nelle quali tutte le forme espressive erano ammesse.
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Il termine Garbart, da "garbage" (rifiuti) e "arte", adottato da Giorgio Bertin per definire tutta la propria produzione artistica: pittura e scultura, è nato all'interno di questa esperienza unica e irripetibile.}}</ref>
 
Nel 1982 continua la sua attività poetica con il journal ''Spasmo Plus''<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|traduttore=Rita Weil, Bixby, Orlando Arango|titolo=Spasmo-Plus|anno=1982|editore=Stampa alternativa|città=Vicenza}}</ref>, che riporta foto e poesie del lavoro svolto a New York.<ref>{{YouTube|autore=Enzo Cicchino|G7epm021Y78|SPASMO PLUS - "NEW YORK NEW YORK!" TRA I RIFIUTI SOLIDI URBANI libro di fotografia e poesia}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Giuliano Serafini|anno=1983|mese=settembre|titolo=Recensione "Spasmo-plus"|rivista=Eco d'Arte}}</ref>
I partecipanti, in maggioranza uomini, venivano condotti, di volta in volta, nei luoghi prescelti dal passaparola e da incontri casuali tra "artisti di strada". Il carattere di clandestinità di questi eventi era adottato anche per non incorrere in divieti e controlli delle autorità, vista l'elevata presenza di partecipanti; di conseguenza era anche proibito introdurre macchine fotografiche, cineprese, registratori: l'exhibition doveva rappresentare solo un fenomeno esperienziale che ognuno avrebbe portato per sempre con sé. Infatti, alla fine di ogni raduno, tutto veniva abbandonato, solo qualche opera di piccole dimensioni veniva portata via.
 
==== Il rapporto con l'Arte povera, tenere incipit, e citazione. ====
Tutte le discipline e le forme artistiche potevano essere rappresentate: arti figurative (tutte le pareti, interne ed esterne degli edifici agibili, venivano coperte da affreschi e murales), musica, poesia, teatro, mimo, balletto, giocoleria…
PerGiorgio loroBertin, infattial rientro in Italia, dopo l'esperienza americana, venne contattato da enti culturali, associazioni ecologiche e da esponenti dell'[[Arte povera]]. A suo parere l'Arte Povera non era abbastanza povera rispetto alla quantità di materiali rifiutati a disposizione, ritenendo anche che questo movimento non si rapportasse in modo adeguato alle problematiche ambientali.
 
Non si riconoscevano, inoltre, negli enunciati dell'Arte Povera avulsi dalla decadenza culturale e sociale indotta dal consumismo. EccoIn l'incipitrisposta dia unaquesto sua poesia divenuto poinacque il motto del gruppo: "''I rifiuti sono i fiori del male / del nostro tempo / e hanno tanto da raccontare / e da testimoniare"''<ref>{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|titolo=Anni di Cellophane|anno=2021|editore=Ibiskos Ulivieri|ISBN=978-8832721676}}</ref>.
Per le arti figurative, gli artisti recuperavano, gran parte del necessario (carta, cartone, tessuti, plastiche, metalli, pannelli e sportelli di legno, vernici e tanto altro) negli ammassi di rifiuti depositati nelle vicinanze dagli abitanti delle periferie ancora abitate.
 
=== Garbart ===
Muovendosi all'interno di una exhibition, l'artista perdeva la propria identità di artista, lasciandosi trasportare dentro un'oasi estetica; un vivere non l'arte ma dentro un'opera d'arte. Una ricerca estetica intensa, assolutizzante dell'arte, una traccia indelebile lasciata e poi diffusa dai partecipanti, alla quale avrebbe attinto buona parte dell'arte contemporanea.
La '''Garbart''' nasce contestualmente alla [[Arte di strada|Street art]], a New York negli anni 70; con essa condivide i fermenti artistico-culturali sviluppatisi soprattutto nelle aree marginali, e nelle periferie, in parte abbandonate, di questa città. Una coabitazione che non impedisce, nel tempo, la formazione di modalità espressive sempre più distinte, ben identificabili anche nella diversità tecnica e nell'uso dei materiali, che nel caso di artisti aderenti alla Garbart (''garbartist'') sono, in gran parte riciclati.
 
La peculiarità espressiva della Garbart, si delinea via via, e poi si concretizza nell'esprimersi con materiali e oggetti progettati, prodotti, consumati e [[Rifiuto|gettati dall'uomo]]; una modulazione espressiva implicitamente connessa al tempo in cui viene prodotta. Si basa infatti sul [[Riciclaggio dei rifiuti|riciclaggio]] artistico dei rifiuti, ideato agli inizi degli anni 70 da Giorgio Bertin (motivato anche dalle nuove problematiche ambientali causate dal consumismo). Oggetti e materiali cambiano destinazione e anche il loro destino, possono diventare una scultura, un bassorilievo, anziché finire in discariche o inceneritori.<ref>{{Cita libro|nome=Omar|cognome=Calabrese|nome2=Gerhart|cognome2=Schroeder|nome3=Claudio|cognome3=Cantella|titolo=Garbart: riciclaggi di Giorgio Bertin.|anno=1988|editore=La casa Usher.}}</ref> Successivamente, fenomeni assimilabili alla Garbart, (difficilmente documentabili in quanto poco indagati dalla critica ufficiale) oltre che negli USA, si riscontrano anche nelle aree marginali e di smaltimento delle più grandi città europee: [[Londra]], [[Parigi]], [[Berlino]]… dove schiere di garbartists si istallano dando il via agli "[[Atelier|ateliers]] collettivi"; in seguito questa tendenza artistica viene accolta da [[Omar Calabrese]] nel perimetro semantico del [[Neobarocco]].<ref name=":02">{{Cita libro|nome=Omar|cognome=Calabrese|titolo=Caos e bellezza: immagini del neobarocco|edizione=1. ed|data=1991|editore=Domus Academy|ISBN=978-88-7184-010-9}}</ref>
"''Un modo per sfuggire ad un'arte troppo spesso svilita, segregata nelle ristrettezze del bello o del brutto, del vale o non vale, deciso dai gestori economici dell'arte e non da chi la ama.'' ''Arte prodotta non da un artista ma da una comunità artistica di uomini che a loro volta facevano parte di una variegata comunità umana"''<ref name="ref_A" />
 
Il termine "Garbart" è stato creato da Gianmaria Mussio combinando le parole inglesi ''garbage'' (rifiuto) e ''Art'' (arte).<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Gianmaria Mussio|anno=1984|mese=aprile|titolo=La società dei rifiuti di Giorgio Bertin|editore=Istituto universitario di Architettura, Venezia|curatore=Prof G. Zecchi (corso di Igiene Edilizia)|citazione="The Garb Age/Letà del Garbo"}}</ref>
''"Tendenzialmente le azioni umane, prima ancora di essere ingiuste, tragiche, inique, sono brutte. Tradiscono tutte le leggi della bellezza, non solo dell'arte ma anche della natura"<ref>{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|titolo=L'uomo che si butta via|anno=2019|editore=MnM Print|p=164|ISBN=978-8894394450}}</ref>''
 
Nel libro di poesie ''Percorsi'' è presente una poesia della poetessa Giovanna Bruco dal titolo ''Garbart''.<ref>{{Cita libro|autore=Giovanna Bruco|titolo=Percorsi|anno=2022|pp=45-46|citazione=garbart \ arte di una garbage \ garbata \ nauseante e poetica ...|ISBN=9788832722222}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Garbart - Riciclaggi di Giorgio Bertin|ed=La Casa Usher|p=62}}</ref>
==== Il rapporto con l'Arte povera, tenere incipit, e citazione. ====
Giorgio Bertin, al rientro in Italia, dopo l'esperienza americana, venne contattato da enti culturali, associazioni ecologiche e da esponenti dell'[[Arte povera]]; trovandosi con quest'ultimi in disaccordo su vari punti, sostenuto in questo anche da numerosi aderenti alla Garbart.
 
Per loro infatti, l'Arte Povera non era abbastanza povera rispetto alla quantità di materiali rifiutati a disposizione, ritenendo anche che questo movimento non si rapportasse in modo adeguato alle problematiche ambientali.
 
Non si riconoscevano, inoltre, negli enunciati dell'Arte Povera avulsi dalla decadenza culturale e sociale indotta dal consumismo. Ecco l'incipit di una sua poesia divenuto poi il motto del gruppo: "''I rifiuti sono i fiori del male / del nostro tempo / e hanno tanto da raccontare / e da testimoniare"''<ref>{{Cita libro|autore=Giorgio Bertin|titolo=Anni di Cellophane|anno=2021|editore=Ibiskos Ulivieri|ISBN=978-8832721676}}</ref>.
 
Secondo i ''garbartists'', l'Arte Povera tende ad esprimersi operando una selezione dei materiali e degli oggetti prodotti via via dal "progresso" tecnologico e ad usarli soprattutto nella loro integrità, quindi nella fase pre-rifiuto, perdendo così l'impatto entropico dei rifiuti e la loro componente più pregnante: quella collegata alla vita di tutti i giorni con gli oggetti, al desiderio di possederli, all'acquisto (anche come regali), alla loro permanenza nelle case, al loro consumo e declassamento a rifiuto, alla loro eliminazione. Tutti "valori" aggiunti che invece la Garbart fa propri e ripropone con le sue opere alla riflessione del visitatore, ricollegandolo anche alle proprie scelte di consumo ed al suo rapporto con gli oggetti nella quotidianità.
 
La Garbart, dice Giorgio Morales, assessore alla Cultura, poi sindaco, del Comune di Firenze<ref>{{Cita web|url=https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/20_novembre_29/addio-giorgio-morales-fu-sindaco-piu-volte-assessore-firenze-af50b8a2-323a-11eb-af22-b420aa05c0ff.shtml|titolo=L’addio a Giorgio Morales, fu sindaco|autore=Mauro Bonciani|sito=Corriere Fiorentino|data=2020-11-29|lingua=it|accesso=2024-10-16}}</ref>, è l'arte dei rifiuti, ma non solo dei rifiuti, rivendica con pieno diritto la propria essenza di arte, combinandola con l'intenzione provocatoria di travalicarne i confini. La Garbart accetta e trasforma i rifiuti, non cerca di sublimarli ma di suggerire e provocare. Come Bertin scrive ne "La cultura dei rifiuti", un tempo l'arte celebrava la natura e la vita; oggi, invece, dobbiamo difenderle, e lui lo fa attraverso l'uso dei rifiuti. Ci costringe a riflettere sui rifiuti oltre i problemi tecnici e sociali della loro gestione, ponendo una questione più profonda: come affrontare la logica del consumo, dell'emarginazione e dei sottoprodotti indesiderati della tecnologia.<ref>{{Cita web|url=https://www.garbart.net/wnew/biografia/|titolo=Biografia|sito=Garbart|lingua=it|accesso=15 giugno 2024}}</ref>
Un giocattolo divenuto rifiuto, recuperato e inserito da un garbartist in un bassorilievo o scultura, oltre a contribuire all'opera, la permea anche dei momenti felici e del vissuto di un ex-bambino.
 
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