Anni di piombo: differenze tra le versioni
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{{Vedi anche|Organizzazioni armate di destra in Italia|Organizzazioni armate di sinistra in Italia}}
Le stragi contribuirono a far precipitare il clima già agitato. Se già c'erano turbolenze e manifestazioni di piazza che degeneravano in guerriglia urbana, il livello dello scontro si alzò sempre di più. Per gli attentati vennero immediatamente accusate persone di sinistra
Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre [[1970]] l'ex comandante fascista [[Junio Valerio Borghese]], a capo del [[Fronte Nazionale (Italia)|Fronte Nazionale]], tentò un [[colpo di Stato]] passato alla storia come «[[Golpe Borghese]]» e che, per motivi non chiariti, venne improvvisamente annullato mentre era in fase di avanzata esecuzione.
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Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come [[Strategia della tensione in Italia|strategia della tensione]], la società sembrava sempre più divisa e si formarono gruppi che facevano politica extraparlamentare e non rifiutavano la violenza.
''L'Unità'' attaccò duramente il rapporto del prefetto, che metteva sullo stesso piano l'estremismo di sinistra e
Nelle manifestazioni di piazza molti manifestanti si presentano mascherati e spesso armati di spranghe, mazze, chiavi inglesi<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/09/20/quando-milano-la-chiave-inglese-faceva-politica.html?ref=search|autore=Guido Passalacqua|titolo=Quando a Milano la chiave inglese faceva politica contro i fascisti|data=20 settembre 1985|pubblicazione=la Repubblica|citazione="Hazet 36, fascista dove sei". L'Hazet era la chiave inglese preferita dai servizi d'ordine dei gruppuscoli milanesi, un attrezzo d'acciaio lungo quanto un avambraccio. Lo slogan risuonava ossessivo nei cortei, scandito fino alla nausea; si trovava scritto con lo spray rosso sui muri vicino alle scuole frequentate dai "fasci", a volte addirittura illustrato da pitture murali che lo riproducevano, enorme, incombente. Per Milano la chiave inglese era il simbolo di quello che negli anni successivi al mitico sessantotto si chiamava "antifascismo militante"}}</ref>, bottiglie [[Bomba Molotov|molotov]].
A Milano il 3 marzo 1972 le [[Brigate Rosse]] compiono il loro primo sequestro di persona, rapendo l'ingegner Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, che prelevato di fronte allo stabilimento, sarà fotografato con un cartello al collo con scritto: «Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. [[Colpiscine uno per educarne cento]]. Tutto il potere al popolo armato!» e sottoposto ad un interrogatorio (chiamato dalle Brigate Rosse «Processo Proletario nel Carcere del Popolo» che non rispettava alcuna delle leggi previste per i processi) di quindici minuti sui processi di ristrutturazione in corso nella fabbrica. A questa azione ne seguiranno altre, in un crescendo di intensità e di rilevanza delle persone rapite. A Genova il 18 aprile 1974 l'obiettivo si sposta verso persone che sono parte delle strutture delle istituzioni, nella loro logica di attacco allo Stato, rapiscono [[Mario Sossi]], un magistrato che l'anno precedente era stato [[Pubblico ministero (ordinamento italiano)|PM]] nel processo che portò alla condanna dei membri del gruppo terroristico [[Gruppo XXII Ottobre]], Sossi fu rilasciato a Milano il 23 maggio 1974.
Pochi mesi dopo i brigatisti [[Renato Curcio]] e [[Alberto Franceschini]] furono arrestati dai carabinieri del generale [[Carlo Alberto dalla Chiesa]].
Almeno fino al [[sequestro Moro]] le azioni brigatiste ricevettero l'ammirazione da parte di
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