Anni di piombo: differenze tra le versioni

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{{Vedi anche|Organizzazioni armate di destra in Italia|Organizzazioni armate di sinistra in Italia}}
 
Le stragi contribuirono a far precipitare il clima già agitato. Se già c'erano turbolenze e manifestazioni di piazza che degeneravano in guerriglia urbana, il livello dello scontro si alzò sempre di più. Per gli attentati vennero immediatamente accusate persone di sinistra che poi si riveleranno estranee, come [[Giuseppe Pinelli]] (morto durante un interrogatorio precipitando in circostanze misteriose da una finestra della Questura di Milano) e [[Pietro Valpreda]]. Comparvero all'opinione pubblica indizi di depistaggi e di collusioni occulte di settori dello stato (successivamente confermati) e si cominciò a parlare di «strage di Stato».
 
Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre [[1970]] l'ex comandante fascista [[Junio Valerio Borghese]], a capo del [[Fronte Nazionale (Italia)|Fronte Nazionale]], tentò un [[colpo di Stato]] passato alla storia come «[[Golpe Borghese]]» e che, per motivi non chiariti, venne improvvisamente annullato mentre era in fase di avanzata esecuzione.
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Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come [[Strategia della tensione in Italia|strategia della tensione]], la società sembrava sempre più divisa e si formarono gruppi che facevano politica extraparlamentare e non rifiutavano la violenza. InAnche qualche area dia sinistra si passò alla clandestinità e alla lotta armata:”Ucciderne uno per educarne cento” era lo slogan di alcuni gruppi di estrema sinistra, per giustificare l’uccisione e rapimenti di singoli individui. Nella società si generò sempre più un clima di insicurezza e pericolo, anche perché non furono compiuti soltanto attentati clamorosi, ma si verificò uno stillicidio continuo di attacchi contro obiettivi minimi, singoli cittadini, forze dell'ordine, fattorini di banca, in esecuzione di disegni talvolta rimasti ignoti e misteriosi. Tra le forze governative e nell'opinione pubblica moderata prese piede la [[teoria degli opposti estremismi]]. Questa teoria fu avallata in seguito a un rapporto del prefetto di Milano [[Libero Mazza]], scritto successivamente agli scontri avvenuti in città il 12 dicembre 1970 tra militanti del MS e le forze dell'ordine: il testo del documento, diventato pubblico quattro mesi dopo, scatenò dure polemiche soprattutto dalla stampa e dagli uomini politici di sinistra.
 
''L'Unità'' attaccò duramente il rapporto del prefetto, che metteva sullo stesso piano l'estremismo di sinistra e lo stragismoquello di destra, [[Eugenio Scalfari]], futuro direttore del quotidiano ''la Repubblica'', accusò il prefetto di essere fazioso e di falsificare la realtà, il sindaco [[Aldo Aniasi]], che era sempre stato favorevole al disarmo della polizia, deplorò le tesi di Mazza, considerandole inutilmente allarmistiche e politicamente pericolose (e lamentò che del documento non gli fosse stata data visione prima dell'invio al Ministro dell'Interno Franco Restivo)<ref name="MontanelliCervi" />. Solo il vicedirettore de ''La Stampa'', [[Carlo Casalegno]] (ucciso per tale motivo nel 1977 dalle [[Brigate Rosse]]) prese le difese di Mazza<ref>{{Cita news|autore=Carlo Casalegno|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0136_01_1971_0089_0002_24670218/|titolo=W il prefetto|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=20 aprile 1971|accesso=30 agosto 2015}}</ref>.
 
Nelle manifestazioni di piazza molti manifestanti si presentano mascherati e spesso armati di spranghe, mazze, chiavi inglesi<ref>{{Cita web |url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/09/20/quando-milano-la-chiave-inglese-faceva-politica.html?ref=search|autore=Guido Passalacqua|titolo=Quando a Milano la chiave inglese faceva politica contro i fascisti|data=20 settembre 1985|pubblicazione=la Repubblica|citazione="Hazet 36, fascista dove sei". L'Hazet era la chiave inglese preferita dai servizi d'ordine dei gruppuscoli milanesi, un attrezzo d'acciaio lungo quanto un avambraccio. Lo slogan risuonava ossessivo nei cortei, scandito fino alla nausea; si trovava scritto con lo spray rosso sui muri vicino alle scuole frequentate dai "fasci", a volte addirittura illustrato da pitture murali che lo riproducevano, enorme, incombente. Per Milano la chiave inglese era il simbolo di quello che negli anni successivi al mitico sessantotto si chiamava "antifascismo militante"}}</ref>, bottiglie [[Bomba Molotov|molotov]].
 
A Milano il 3 marzo 1972 le [[Brigate Rosse]] compiono il loro primo sequestro di persona, rapendo l'ingegner Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, che prelevato di fronte allo stabilimento, sarà fotografato con un cartello al collo con scritto: «Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. [[Colpiscine uno per educarne cento]]. Tutto il potere al popolo armato!» e sottoposto ad un interrogatorio (chiamato dalle Brigate Rosse «Processo Proletario nel Carcere del Popolo» che non rispettava alcuna delle leggi previste per i processi) di quindici minuti sui processi di ristrutturazione in corso nella fabbrica. A questa azione ne seguiranno altre, in un crescendo di intensità e di rilevanza delle persone rapite. A Genova il 18 aprile 1974 l'obiettivo si sposta verso persone che sono parte delle strutture delle istituzioni, nella loro logica di attacco allo Stato, rapiscono [[Mario Sossi]], un magistrato che l'anno precedente era stato [[Pubblico ministero (ordinamento italiano)|PM]] nel processo che portò alla condanna dei membri del gruppo terroristico [[Gruppo XXII Ottobre]], Sossi fu rilasciato a Milano il 23 maggio 1974.
 
Pochi mesi dopo i brigatisti [[Renato Curcio]] e [[Alberto Franceschini]] furono arrestati dai carabinieri del generale [[Carlo Alberto dalla Chiesa]].
 
Almeno fino al [[sequestro Moro]] le azioni brigatiste ricevettero l'ammirazione da parte di stratigruppi delladi popolazionesinistra, in particolar modo da alcuni di quei gruppi sociali politicamente attivi dalla fine degli anni sessanta, mentre le loro azioni terroristiche erano erroneamente condannate come opere di fascisti provocatori dalla stampa di sinistra<ref>p.260-261, Robert Lumley, ''Dal 68 agli anni di piombo - Studenti e operai nella crisi italiana'', Giunti, 1998
</ref>.