Piero Martinetti: differenze tra le versioni

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Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di [[Avellino]] ([[1899]]-[[1900]])<ref>Anno che fu per lui particolarmente duro, vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia meridionale", a cura di Fabio Minazzi, ''Il Protagora'', gennaio-giugno 2004, XXXII, V serie, n. 3, pp. 73-110.</ref>, [[Correggio (Italia)|Correggio]] (1900-[[1901]]), [[Vigevano]] (1901-[[1902]]), [[Ivrea]] ([[1903]]-[[1904]]) e, ultimo, al [[Liceo classico statale Vittorio Alfieri|Liceo Alfieri]] di Torino (1904-[[1905]]).
 
Nel 1904 pubblicò la monumentale ''Introduzione alla metafisica. I Teoria della conoscenza'', che, dopo il conseguimento nel 1905 della [[libera docenza]] in [[Filosofia teoretica]] all'Università di Torino, gli consentì di vincere il [[concorso]] per la cattedra di filosofia teoretica e morale dell'[[Accademia scientifico-letteraria di Milano]] (che nel [[1923]] diventò [[Università degli Studi di Milano|Regia Università degli Studî]]), nella quale insegnò dal novembre del [[1906]] al novembre del [[1931]].
 
Nel [[1915]] divenne socio corrispondente della classe di Scienze morali dell'[[Istituto lombardo di scienze e lettere]]<ref>{{cita|Lettere 2011|pp. 18-19, nota 37.}}</ref>, fondato nel [[1797]] da [[Napoleone I|Napoleone]] sul modello dell'[[Institut de France]].
 
=== Il rifiuto del conflitto politico e la critica della guerra ===
Martinetti fu una singolare figura di intellettuale indipendente, estraneo alla [[Chiesa cattolica|tradizione cattolica]] come ai contrasti politici che viziarono il suo tempo<ref>«Prima che della dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»: {{cita|Vigorelli 1998|p. 292}}.</ref>; Egli non aderì né al [[Manifesto degli intellettuali fascisti]] di [[Giovanni Gentile|Gentile]] né al [[Manifesto degli intellettuali antifascisti]] di [[Benedetto Croce|Croce]]<ref>"non si vede in chi e in che cosa un uomo come Martinetti - che, per sua scelta culturale ma anche per disposizione personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppo - avrebbe pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo [[antifascismo]]." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione. Piero Martinetti negli anni del Fascismo", in: Piero Martinetti, ''Lettere (1919-1942)'', Firenze, 2011, p. XIX.</ref>. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la [[prima guerra mondiale]]; scrisse infatti che la guerra è {{Citazione|sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione [...] strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze.<ref>{{cita|Vigorelli 1998|p. 167}}.</ref>}} Nel [[1923]], in seguito a quelle che qualificò come "circostanze pesantissime" (la [[marcia su Roma]] e la successiva nomina di [[Benito Mussolini|Mussolini]] a [[Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del Consiglio]] il 31 ottobre 1922), rifiutò la nomina a socio corrispondente della [[Accademia Nazionale dei Lincei|Reale Accademia Nazionale dei Lincei]]<ref>«Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è il caso di [''parola illeggibile''] mi vietano nel modo più reciso di poterlo accettare»: Lettera n. 18, Piero Martinetti a [[Vittorio Scialoja]], presidente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, 26 agosto 1923, in: {{cita|Lettere 2011|ppp. 19.}}</ref>.
 
=== La ''Società di studi filosofici e religiosi'' ===
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=== Il Congresso Nazionale di Filosofia del 1926 ===
Nel marzo 1926, incaricato dalla "[[Società Filosofica Italiana]]", organizzò e presiedette il "VI° Congresso Nazionale di Filosofia"<ref>«Il Congresso non ha altro fine che di essere una manifestazione della filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia»: Lettera n. 37, Piero Martinetti a [[Tommaso Gallarati Scotti]], 14 dicembre 1925, in: {{cita|Lettere 2011|p. 42.}}</ref>.
 
L'evento fu sospeso dopo solo due giorni dal rettore Luigi Mangiagalli a causa della presenza di agitatori politici fascisti e cattolici, e quindi, chiuso d'imperio dal [[Questore (ordinamento italiano)|Questore]]. Da un lato incise l'opposizione di P. [[Agostino Gemelli]]<ref>Che accusò Martinetti, ricambiato, di disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cfr. Helmut Goetz, ''Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista'', Firenze, 2000, p. 192.</ref>, fondatore e rettore dell'[[Università Cattolica del Sacro Cuore|Università Cattolica]], che faceva parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università Cattolica), ma che, per scelta di Martinetti, non era tra i relatori<ref>Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo»: Lettera n. 31, Piero Martinetti a [[Bernardino Varisco]], 29 settembre 1925, in: {{cita|Lettere 2011|p. 33.}}</ref>; dall'altro, la partecipazione fortemente voluta da Martinetti, di [[Ernesto Buonaiuti]], [[scomunica]]to "expresse vitandus" (''espressamente da evitarsi'') dal [[Sant'Uffizio]]<ref>Helmut Goetz, ''Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista'', Firenze, 2000, 3.4 Il congresso di filosofia del 1926, pp. 245-263.</ref>, che dette ai filosofi cattolici [[neoscolastica|neoscolastici]] la scusa per ritirarsi dal congresso<ref>«Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho permesso al P. Gemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera n. 46, Piero Martinetti a [[Bernardino Varisco]], 15 marzo 1926, in:{{cita|Lettere 2011|pp. 49-50}}</ref>.
 
Come scrive Pier Giorgio Zunino:
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{{Citazione|Le minute cronache del congresso hanno già messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una certa qual abile ''ruse'' egli mise assieme un programma che costituiva quanto di più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di regime.}}
 
Il 31 marzo 1926 Martinetti firma con [[Cesare Goretti]] (segretario del Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli<ref>Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare Goretti a Luigi Mangiagalli, 31 marzo 1926, in: {{cita|Lettere 2011|p. 55.}}</ref>:
 
{{Citazione|Compiamo il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno di protesta:
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=== Il ritiro ===
In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti venne messo in pensione d'autorità<ref>«Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Università di Milano e non posso più esserle utile che indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a [[Carlo Emilio Gadda]], 17 marzo 1932, in: {{cita|Lettere 2011|p. 114.}}</ref>, e dal [[1932]] fino alla morte si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia<ref>«del resto io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a [[Vittorio Enzo Alfieri]], 4 gennaio 1932, in: {{cita|Lettere 2011|p. 109.}}</ref>, ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di [[Castellamonte]], vicino al suo paese di nascita.<ref>Sulla cui porta fece mettere un'indicazione che diceva: "Piero Martinetti - agricoltore": {{cita|Paviolo 2003|p. 68}}.</ref> In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti ([[Immanuel Kant|Kant]], [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]]), studiò approfonditamente [[Baruch Spinoza|Spinoza]] e ultimò la trilogia (iniziata con la ''Introduzione alla [[metafisica]]'' e continuata nel 1928 con ''La libertà'') scrivendo ''Gesù Cristo e il Cristianesimo'' (1934); ''Il Vangelo'' è del 1936; ''Ragione e fede'' venne completato nel 1942. Martinetti propose come suoi successori [[Adelchi Baratono]] per l'insegnamento della filosofia e [[Antonio Banfi]] per l'insegnamento della [[Storia della filosofia occidentale|Storia della Filosofia]] all'[[Università degli Studi di Milano]]<ref>«Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in: {{cita|Lettere 2011|pp. 107-108}}</ref>.
 
===L'antifascismo di Martinetti===
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=== La morte ===
Il suo declino fisico cominciò nel settembre [[1941]], in seguito a una [[trombosi]] che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un pero nella tenuta di Spineto<ref>«Devo darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 16 settembre 1941, in: {{cita|Lettere 2011|p. 231.}}</ref>. Alla fine del [[1942]] subì una prima operazione alla prostata. "L'11 gennaio [[1943]] la sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che il tempo opportuno per procedere alla seconda."<ref>Cit. in: {{cita|Lettere 2011|p. 245.}}</ref>. Martinetti fu ricoverato all'[[ospedale Molinette]] di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì il 23 marzo 1943, dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo.<ref>«Si può comunque, in base a testimonianze diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini burocratiche e maggiori spese funerarie. [...] L'atto di morte recita: " il giorno 23 del mese di marzo dell'anno 1943 alle ore quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»: {{cita|Paviolo 2003|p. 81}}.</ref>
 
=== Il funerale e la cremazione ===
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== Filosofia ==
La filosofia di Martinetti è un'interpretazione originale dell'[[idealismo]] post-kantiano, nella linea dell'idealismo [[razionalismo|razionalistico]] [[trascendente]] che va da [[Platone]] a Kant, nel senso di un [[dualismo]] [[panteismo|panteista]] trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico che fu [[Afrikan Špir|Africano Spir]] (1837-1890), il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu più particolarmente legato, sul quale scrisse molti studi e un denso saggio monografico steso verso il 1908-1912 (rimasto inedito e pubblicato postumo nel 1990<ref> Piero Martinetti, ''Il pensiero di Africano Spir'', cura e introduzione (trad. fr. di Fabrizio Frigerio) di [[Franco Alessio]], Torino, Albert Meynier, 1990.</ref>) e al quale fece consacrare il terzo numero del 1937 della ''Rivista di filosofia''<ref>«Allo Spir, un singolare pensatore solitario, al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3 della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo. Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso, sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono, inavvertite. La luce - questo passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul suo sepolcro - volle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: {{cita|Lettere 2011|p. 155.}}.</ref>, filosofo che fu come lui profondamente inattuale.<ref>«io sono sempre stato un filosofo inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: {{cita|Lettere 2011|p. 244.}}</ref>.
 
Come scrive [[Emilio Agazzi]]:
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{{Citazione|Il carattere speculativo dell'interpretazione di P. Martinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di A. Spir esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella costruzione dell'idealismo trascendente di P. Martinetti la speculazione di A. Spir rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo di P. Martinetti si trovano nella speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua propria, il pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua propria filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso. Proprio questo condusse P. Martinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato e attraversato da quello di P. Martinetti. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua speculazione parve propriamente essenziale.<ref>Franco Alessio, ''op. cit.'' , p. II.</ref>}}
 
Come scrive Amedeo Vigorelli<ref>{{cita|Vigorelli 1998|p. 69.}}</ref>:
 
{{Citazione|La lettura di Martinetti insiste sul nucleo [[metafisica|metafisico]] del suo [di Spir] pensiero, che gli pare incarnare "la forma pura della visione ''religiosa''". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero essere - l'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il divino - e l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la [[teoria della conoscenza]] (l'idealismo [[gnoseologia|gnoseologico]] di Spir) non è che premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma di [[dualismo]] [[Acosmismo|acosmista]]. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda." }}
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== La nonviolenza ==
L'aspirazione a un superamento della violenza nella natura e nell'umanità, pur nella consapevolezza dell'impossibilità di un suo compimento (se non in una prospettiva [[escatologia|escatologica]], rispetto alla quale non vi sarebbe alcuna certezza), è un elemento importante del pensiero di Martinetti. Lo dimostrano, ad esempio, le centinaia di pagine che, in ''Gesù Cristo e il Cristianesimo'', incrociano e valorizzano il pacifismo cristiano dalle origini al [[Lev Tolstoj|tolstojsmo]] e ad [[Albert Schweitzer]], così come lo dimostra il suo interesse per l'opera del pastore riformato e teologo francese Wilfred Monod (1867-1943), cristiano con propensioni "neo-[[Catarismo|catare]] e fondatore di quella "Fraternité spirituelle des Veilleurs" che ancor oggi pratica una disciplina quotidiana incentrata sulle [[Beatitudini]]. Ma in lui era sempre presente un senso pratico, che nasceva dal disincanto rispetto alla realtà naturale e alle contingenze storiche: quando nel 1938 [[Aldo Capitini]] gli fece visita, a proposito della [[nonviolenza]] Martinetti gli disse: "Forse se discutessi con lei mi convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa, firmerei la sentenza senza esitazione."<ref>{{cita|Paviolo 2003|p. 120.}}</ref>.
 
== La riflessione sugli animali ==
Negli scritti ''La psiche degli animali'' e ''Pietà verso gli animali'', Martinetti sostiene che gli [[animali]], così come gli esseri umani, possiedono [[intelletto]] e [[coscienza (filosofia)|coscienza]], quindi l'[[etica]] non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un [[sistema nervoso]]) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore:
 
{{Citazione|Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra l'altro affronta il problema dello ''scandalo morale suscitato dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.''<ref>{{cita|Paviolo 2003|p. 28.}}</ref>}}
 
Martinetti cita le prove di [[intelligenza]] che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura costruisce.
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== La scelta della cremazione ==
Martinetti fu un fautore della [[cremazione]]<ref>"e si conversò a lungo della inumazione e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le sue ceneri)" Aldo Capitini, ''Antifascismo tra i giovani'', Célèbes Trapani, 1966, p. 57.</ref> e una testimonianza "ci dice come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua madre."<ref>{{cita|Paviolo 2003|p. 17.}}</ref> Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione era una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci."<ref>{{cita|Paviolo 2003|p. 83.}}</ref> Non è però da escludere, nel caso preciso di Piero Martinetti, che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di Torino.
 
== Opere ==