Renzo De Felice: differenze tra le versioni
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|Attività = storico
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = , considerato il maggiore studioso del [[fascismo]]<ref>{{cita|Vidotto|p. 21}}: "....Renzo De Felice, il maggiore studioso del fascismo italiano e il primo a fornire nuovi strumenti concettuali per l'analisi e la comprensione del ventennio fascista."</ref><ref>{{cita|Aga Rossi|p. 128}}.</ref>, alla cui approfondita analisi si dedicò sin dal
|Immagine = Renzo De Felice.jpg
}}
== La vita e la carriera accademica ==
Figlio unico, Renzo De Felice conseguì la maturità da privatista<ref>{{Treccani|renzo-de-felice_(Dizionario-Biografico)/}}</ref> nel
Era un militante di ispirazione [[
{{citazione|Oggi nulla, salvo che l'essere stato marxista e comunista mi ha immunizzato dal fare del moralismo sugli avvenimenti storici. I discorsi in chiave morale applicati alla storia, da qualunque parte vengano e comunque siano motivati, provocano in me un senso di noia, suscitano il mio sospetto nei confronti di chi li pronuncia e mi inducono a pensare a mancanza di idee chiare, se non addirittura ad un'ennesima forma di ricatto intellettuale o ad un espediente per contrabbandare idee e interessi che si vuol evitare di esporre in forma diretta. Lo storico può e talvolta deve dare dei giudizi morali; se non vuole tradire la propria funzione o ridursi a fare del giornalismo storico, può farlo però solo dopo aver assolto in tutti i modi al proprio dovere di indagatore e di ricostruttore della molteplicità dei fatti che costituiscono la realtà di un periodo, di un momento storico; invece sento spesso pronunciare giudizi morali su questioni ignorate o conosciute malamente da chi li emette. E questo è non solo superficiale e improduttivo sotto il profilo di una vera comprensione storica, ma diseducativo e controproducente<ref>Citazione in E. Romeo, ''La scuola di Croce. Testimonianze sull'Istituto Italiano per gli Studi Storici'', Bologna, Il Mulino, 1992, p. 249, cit. in {{cita|Gentile, 2002|pp. 57-58}}.</ref>.}}
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Nella facoltà di filosofia, quale titolare del corso di storia moderna, insegnava il professor [[Federico Chabod]]; per De Felice quello con Chabod fu un incontro decisivo: prese a frequentare assiduamente le lezioni ed i seminari tenuti dallo storico liberale e, nell'ambito di uno di questi, scrisse un saggio sugli ebrei nella [[Repubblica Romana (1798-1799)|Repubblica Romana del 1798-1799]], del quale Chabod sollecitò la pubblicazione.
Ma chi più ebbe influenza sul giovane De Felice, secondo quanto da lui stesso riferito, fu il suo maestro e poi amico [[Delio Cantimori]]<ref>{{cita|Vidotto|p. 143}}.</ref>. Ormai definitivamente orientato verso lo studio della storia, De Felice preparò quindi la sua tesi di laurea – relatore lo stesso Chabod – con titolo ''Correnti di pensiero politico nella prima repubblica romana'', che discusse il 16 novembre
Sempre nel 1956 fu tra i firmatari del [[Manifesto dei 101]]<ref>''Renzo De Felice, il Sessantotto e la difesa dello Stato di diritto'', di Giuseppe Parlato, Ventunesimo Secolo, Vol. 9, No. 22, L'altro Sessantotto (Giugno 2010), pp. 37-64.</ref>, sottoscritto da intellettuali dissenzienti verso l'appoggio dato dal partito all'[[Rivoluzione ungherese del 1956|invasione sovietica dell'Ungheria]]. Insieme a molti dei firmatari del manifesto, De Felice lasciò il PCI<ref>{{cita web | http://www.corriere.it/cultura/libri/11_giugno_28/zazzara-la-storia-a-sinistra_bc3d555a-a196-11e0-ae6a-9b75910f192b.shtml | Quel tentativo del Pci di controllare la storia | 19 agosto 2011}}: "Poi negli anni Sessanta Renzo De Felice, fuoriuscito dal Pci anche lui dopo il 1956, rivoluzionò la storiografia italiana del Novecento con le sue ricerche sul fascismo e Benito Mussolini che, secondo Gilda Zazzara, segnarono «una svolta nella storia di questi studi, divenendo un punto di riferimento obbligato»."</ref>, iscrivendosi al [[Partito Socialista Italiano]]. In seguito preferì rinunciare a ogni militanza politica e lasciò anche il PSI<ref name=vidotto144>{{cita|Vidotto|p. 144}}.</ref>. L'uscita dal partito costò a De Felice alcuni anni di isolamento, che durarono sino agli incontri con la futura moglie Livia De Ruggiero, figlia del filosofo liberale [[Guido De Ruggiero]] scomparso nel 1948, e con il sacerdote e studioso cattolico don [[Giuseppe De Luca (presbitero)|Giuseppe De Luca]]<ref>p.146 in [[Emilio Gentile]] ''Renzo De Felice: A Tribute'', Journal of Contemporary History, Vol. 32, No. 2 (Apr., 1997), pp. 139-151, Sage Publications, Ltd.</ref>.
Con l'appoggio di [[Rosario Romeo]]<ref name=vidotto144/>, vinse il concorso a professore ordinario e ottenne la cattedra all'[[Università di Salerno]] dove insegnò dal
Alla vigilia delle [[elezioni politiche in Italia del 1976|elezioni politiche del 1976]] firmò insieme ad altri cinquanta intellettuali un manifesto pubblicato da ''[[Il Giornale]]'' di [[Indro Montanelli]], nel quale si invitavano gli elettori a votare «dal [[Partito Liberale Italiano|PLI]] al PSI», criticando come «moda del giorno» le dichiarazioni di voto di molti intellettuali per il PCI, allora in costante ascesa tanto da far apparire probabile il "sorpasso" sulla [[Democrazia Cristiana]] come primo partito. Intervistato sulla sua adesione, De Felice spiegò di avere l'impressione che tanti intellettuali «votino comunista nel timore di perdere la qualifica di uomini di cultura. Noi, al contrario, non crediamo che la cultura "liberale", della quale siamo partecipi, abbia come logico sviluppo la scelta comunista. È proprio una scelta opposta»<ref>{{cita news|Lamberto Fumo||Renzo De Felice: appello a non votare per il PCI|La Stampa|3 giugno 1976}}</ref>.
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La sua grande opera affronta il ''Ventennio fascista'' partendo dalla vita di Benito Mussolini: il primo volume, ''Mussolini il rivoluzionario'', è del 1965; l'ultimo, ''Mussolini l'alleato. La guerra civile'', fu pubblicato incompleto e postumo nel 1997. Uscita nell'arco di 30 anni in 8 volumi per 7.000 pagine, diede un'interpretazione originale del fenomeno fascista, che ancora suscita consensi e critiche. Lettura ostica, sia per la struttura della prosa che per le vaste appendici documentarie, con note ampie ed esaustive, il magnum opus defeliciano è stato uno dei più grandi casi storiografici del secondo Dopoguerra, influendo sul dibattito culturale italiano. L'interpretazione che De Felice dà del fascismo si articola su tre temi fondamentali: l'origine socialista del pensiero di [[Benito Mussolini|Mussolini]] e la differenza fra il fascismo e le dittature di destra contemporanee; la distinzione fra il "fascismo movimento" e il "fascismo regime"; la realizzazione di un consenso determinante a garantire stabilità e successo al regime fascista. De Felice individua un'evoluzione ideologica di Mussolini da socialista a interventista e quindi a fascista; le dinamiche che si innescarono portando il fascismo dall'essere un movimento «di sinistra» a quello di movimento conservatore e di destra; il successivo trapasso da movimento ricco di sfumature e posizioni divergenti a quello facente perno sulla personalità del duce; l'identificazione del fascismo a forza dell'immobilismo e della conservazione. Il consenso e l'appoggio del quale godette il fascismo - e non quindi fondato solo su elementi coercitivi e polizieschi - fu un altro tema sollevato e documentato da De Felice, secondo il quale esso cessò solo tra il 1942-43, quando la sconfitta militare su tutti i fronti di guerra si profilava minacciosa<ref>{{Cita web |url=http://www.cliomediaofficina.it/clionew/wp-content/uploads/2014/11/De-Felice-Torna-il-Mussolini-che-fece-scandalo-Corriere-della-sera-1752001-De-Felice-EDITORIA-DIGITALE.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=5 gennaio 2019 |dataarchivio=5 gennaio 2019 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190105145412/http://www.cliomediaofficina.it/clionew/wp-content/uploads/2014/11/De-Felice-Torna-il-Mussolini-che-fece-scandalo-Corriere-della-sera-1752001-De-Felice-EDITORIA-DIGITALE.pdf |urlmorto=sì }}</ref>. Al di là degli elogi e delle critiche, l'interpretazione che De Felice offre del fascismo e della dittatura mussoliniana ha comunque il merito di aver suscitato una nuova stagione di studi e riflessioni sul fascismo. Secondo [[Indro Montanelli]], «sul Ventennio fascista nessuno potrà più scrivere una riga senza consultare De Felice, nel quale c'è tutto. Tutto meno una cosa, purtroppo la più importante: l'uomo Mussolini, senza il quale del fascismo non si capisce nulla, perché il fascismo fu tutto e soltanto lui»<ref>Indro Montanelli, «Le Nuove Stanze», Rizzoli, Milano 2001, pp.80-81</ref>.
I volumi mussoliniani di De Felice hanno riscosso grande successo di vendite. Pubblicati da Einaudi, per l'editore torinese nel 2001 uscì un'edizione in
=== Controversie ===
{{vedi anche|Controversie su Renzo De Felice}}
Quando De Felice, storico di orientamento liberaldemocratico che secondo alcuni autori aveva origini ebraiche<ref>[[Vittorio Messori]], ''Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana'', Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline, 1992, p. 80: «Renzo De Felice, il nostro maggior storico del fascismo, un liberale di sicure convinzioni democratiche nonché
D'altra parte, le sue ricerche, delle quali buona parte degli accademici<ref>Painter, Borden W. "Renzo De Felice and the Historiography of Italian Fascism.", The American Historical Review 1990: 391.</ref> ha riconosciuto tanto la serietà<ref>{{cita pubblicazione|autore=Pietro Scoppola|titolo=Fascismo e borghesia nell'opera di Renzo De Felice|rivista=Contemporanea|editore=Il Mulino|volume=1|numero=3|data=luglio 1998|p=603|ISSN=1127-3070}}</ref> quanto la scrupolosa documentazione, furono spesso utilizzate (con evidenti forzature delle tesi defeliciane) dai seguaci delle teorie [[revisionismo|revisionistiche]], al fine di negare le responsabilità storiche del fascismo.<ref>A. Burgio (a cura di), ''Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d'Italia (1870-1945), ''Il Mulino, Bologna 2000</ref> Il mondo antifascista reagì accusando De Felice di [[revisionismo]] e accomunandolo spesso a storici invisi e considerati anch'essi revisionisti. De Felice reagì, da una parte ribadendo le sue tesi in libri discussi ma sempre di tono "scientifico", dall'altra, con articoli che pubblicò su ''[[Il Giornale]]'', o in alcune interviste rilasciate a [[Giuliano Ferrara]], sul ''[[Corriere della Sera]]'', utilizzando il mezzo giornalistico per aprire il dibattito sul fascismo a un pubblico non di soli specialisti.
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|collegamento_onorificenza=Benemeriti della cultura e dell'arte
|motivazione=
|luogo=[[Roma]], 28 novembre
}}
{{Onorificenze
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==Bibliografia==
*{{cita libro|Giovanni|Aliberti|coautori=[[Giuseppe Parlato]]|Renzo De Felice. Il lavoro dello storico tra ricerca e didattica|1999|LED Edizioni Universitarie|Milano|isbn=88-7916-112-1}}
*{{cita libro|Pasquale|Chessa|wkautore=Pasquale Chessa|coautori= Francesco Villari|Interpretazioni su Renzo De Felice|2002|Baldini & Castoldi| Milano|isbn=88-8490-036-0}}
*{{cita libro|Giuseppe|D'Angelo|[https://www.academia.edu/30181710/Renzo_De_Felice._Bibliografia_1953-2002 Renzo De Felice. Bibliografia 1953-2002]|2002|Edizioni del Paguro|Salerno|isbn=88-87248-32-X}}
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*[[Gianpasquale Santomassimo]], ''Il ruolo di Renzo De Felice'', in: ''Italia contemporanea'' (settembre 1998), p. 55–563 ([http://www.italia-resistenza.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1998_211-213_09.pdf online]).
*{{cita libro|Paolo|Simoncelli|wkautore=Paolo Simoncelli|Renzo De Felice. La formazione intellettuale|2001|Le Lettere|Firenze|isbn=88-7166-602-X}}
*{{cita libro|Vittorio|Vidotto|wkautore=Vittorio Vidotto|Guida allo studio della storia contemporanea|2004|Laterza|Roma-Bari|isbn=88-420-7312-1|cid=Vidotto}}
==Voci correlate==
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