Attila: differenze tra le versioni
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La data di nascita di Attila si aggira intorno al [[395]]<ref name=Deschodt>{{Cita libro |cognome=Deschodt |nome=Éric |titolo=''Folio Biographies (Book 13)'': Attila |url=https://archive.org/details/attilafoliobiogr0000eric |data=1 Maggio 2006 |editore=[[Éditions Gallimard]] |città=[[Parigi]] |isbn=978-2-07-030903-0 |p=[https://archive.org/details/attilafoliobiogr0000eric/page/24 24] |lingua=fr}}</ref><ref name=Schreiber>{{Cita libro |cognome=Schreiber |nome=Hermann |titolo=Die Hunnen: Attila probt den Weltuntergang |url=https://archive.org/details/diehunnenattilap0000schr |anno=1976 |editore=Econ |città=Düsseldorf |isbn=978-3-430-18045-0 |p=314 |edizione=prima |lingua=de}}</ref>. Perse il padre da bambino. Secondo il costume unno, imparò ad andare a cavallo prima ancora di imparare a camminare, e le cronache indicano come a cinque anni fosse già in grado di combattere con archi e frecce<ref name= Klein />.
All'inizio del [[V secolo]] Roma concluse un trattato di pace
A vent'anni Attila tornò tra la sua gente partecipando a numerose invasioni scatenate dallo zio Rua. Alla morte di quest'ultimo nel [[434]], diventò re [[Bleda]], il fratello ventisettenne di Attila, che s'impegnò subito a costruirsi una reputazione di spietato capo militare<ref name= Klein />.
==== Invio dei mercenari a sostegno dell'Impero d'Occidente ====
[[File:Huns empire.png|thumb|left|Massima espansione dell'impero unno, 451 circa]]
Poco tempo dopo la sua ascesa al trono, in condivisione con il fratello Bleda, gli Unni ricevettero, intorno al 435, un'ambasceria da [[Flavio Ezio]] , generalissimo dell'Impero romano d'Occidente: i Romani d'Occidente chiedevano agli Unni sostegno militare contro le minacce nella Gallia, ovvero [[Burgundi]], [[Bagaudi]] (ribelli separatisti) e [[Visigoti]]; in cambio dell'invio di truppe mercenarie in sostegno dell'Impero, gli Unni avrebbero ottenuto dall'Impero le province di Pannonia e Valeria<ref>{{Cita|Kelly|pp. 92-93}}.</ref>. Gli Unni, trovando conveniente l'accordo, accettarono e nel 436/437 contribuirono alla distruzione del regno dei [[Burgundi]], che ispirò la saga dei [[Nibelunghi]]<ref name="VocabolarioTreccani">{{Treccani|nibelungo|Nibelungo|v = sì|accesso = 24 settembre 2015}}</ref>; sempre nel 437 truppe unne arruolate nell'esercito di [[Litorio]], sottufficiale di Ezio, contribuirono alla repressione dei [[Bagaudi]] in [[Armorica]] e alla sconfitta dei Visigoti alle porte di [[Narbona]], che costrinse i Goti a levare l'assedio: si narra che i vittoriosi Unni facenti parte dell'esercito di Litorio portarono ciascuno alla popolazione affamata un sacco di grano<ref>{{Cita|Kelly|pp. 94-95}}.</ref>.
L'impiego degli Unni come mercenari di Roma non mancò di provocare polemiche tra gli scrittori cristiani del tempo, in particolare [[Prospero Tirone]] e [[Salviano di Marsiglia|Salviano]], vescovo di [[Marsiglia]]: tali scritti erano scandalizzati dal fatto che Litorio permettesse agli Unni di fare sacrifici alle loro divinità pagane e per il fatto che alcune bande di Unni saccheggiassero alcune regioni dell'Impero senza alcun controllo, sostenendo che se i Romani avessero perseverato a utilizzare un popolo pagano (gli Unni) contro un popolo cristiano seppur ariano (i Visigoti), avrebbero perso presto il sostegno di Dio<ref>{{Cita|Kelly|pp. 94-96}}.</ref>. Nel 439 Litorio, dopo alcune vittorie, era arrivato con i suoi Unni alle porte di [[Tolosa]], intenzionato a conquistarla e a sottomettere definitivamente i Visigoti: nella battaglia che ne risultò, però, le sue truppe mercenarie unne subirono una grave sconfitta e fuggirono in disordine, mentre lo stesso Litorio fu catturato e giustiziato pochi giorni dopo. Secondo l'interpretazione religiosa di Salviano, la sconfitta degli arroganti Romani, adoratori degli Unni, contro i pazienti Goti, timorati di Dio, confermava il passo del [[Nuovo Testamento]], secondo cui «chiunque si esalta sarà umiliato, e chiunque si umilia sarà esaltato». La sconfitta di Litorio spinse Ezio a firmare una pace con i Visigoti riconfermante il trattato del 418, dopodiché tornò in Italia<ref>Sidonio Apollinare, ''Carmina'' VII 297-309; Prospero Tirone, ''s.a.'' 439; Idazio, 117 (''s.a.'' 439); ''Cronaca gallica dell'anno 452'' 123 (''s.a.'' 439).</ref>, per l'emergenza dei Vandali, che proprio in quell'anno avevano conquistato [[Cartagine]].
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