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L'accordo Andreatta-Van Miert impresse una forte accelerazione alle privatizzazioni, iniziate già nel 1992 con la vendita del [[Credito Italiano]]. Nonostante alcuni pareri contrari, il ministero del Tesoro scelse di non privatizzare l'IRI SpA, ma di smembrarlo e di vendere le sue aziende operative; tale linea politica fu inaugurata sotto il primo governo di [[Giuliano Amato]] e non fu mai messa realmente in discussione dai governi successivi. Raggiunti nel [[1997]] i livelli di indebitamento fissati dall'accordo Andreatta-Van Miert, le dismissioni dell'IRI proseguirono comunque e l'Istituto aveva perso qualsiasi funzione se non quella di vendere le sue attività e di avviarsi verso la liquidazione.
Tra il 1992 ed il 2000 l'IRI vendette partecipazioni e rami d'azienda che determinarono un incasso per il ministero del Tesoro, suo unico azionista, di 56.051 miliardi di lire, cui vanno aggiunti i debiti trasferiti.<ref>[[Mediobanca]] Ricerche e Studi,''Le privatizzazioni in Italia dal 1992'', 2000 </ref> Hanno suscitato critiche le cessioni ai privati, tra le altre, di aziende in posizione
==La liquidazione==
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