Noce di Benevento: differenze tra le versioni

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In questo rituale si può riconoscere la pratica dello [[Sparagmòs|S''paragmos'']],<ref>{{Cita web|url=https://en.oxforddictionaries.com/definition/sparagmos|titolo=Sparagmos {{!}} Definition of sparagmos in English by Oxford Dictionaries|sito=Oxford Dictionaries {{!}} English|accesso=2017-10-14|dataarchivio=14 ottobre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171014234546/https://en.oxforddictionaries.com/definition/sparagmos|urlmorto=sì}}</ref> il corpo sacrificato e fatto a pezzi, che diviene pasto rituale dei fedeli per ricongiungersi alla divinità adorata e alla madre terra.
[[File:San Barbato abbatte il noce.JPG|thumb|[[Barbato di Benevento|San Barbato]] abbatte il noce (incisione beneventana del XVIII secolo)]]
I beneventani cristiani avrebbero collegato questi riti esagitati alle già esistenti credenze riguardanti le streghe: le donne e i guerrieri erano ai loro occhi le [[Lamia|lamie]], il caprone l'incarnazione del diavolo, le urla riti orgiastici. Un sacerdote di nome [[Barbato di Benevento|Barbato]] accusò esplicitamente i dominatori longobardi di [[idolatria]]. Secondo la leggenda, nel [[663]] il duca Romualdo, essendo Benevento assediata dalle truppe dell'imperatore [[Impero romano d'Oriente|bizantino]] [[Costante II]], promise a Barbato di rinunciare al [[paganesimo]] se la città - (e il ducato -) fossero stati risparmiati.
 
Costante si ritirò (secondo la leggenda, per grazia divina) e Romualdo fece Barbato vescovo di Benevento. Barbato stesso abbatté l'albero sacro e ne strappò le radici, facendo costruire nel posto una chiesa, chiamata [[Santa Maria in Voto]]. Romualdo continuò ad adorare in privato la vipera d'oro, finché la moglie [[Teodorada (duchessa)|Teodorada]] la consegnò a Barbato che la fuse ottenendo un calice per l'[[eucaristia]].
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Altre versioni vogliono il noce posto in una gola detta [[Stretto di Barba]], sulla strada per [[Avellino]], dove si trova un boschetto fiancheggiato da una chiesa abbandonata, o in un'altra località di nome ''Piano delle Cappelle''. Ancora, si parla della scomparsa ''Torre Pagana'', sulla quale fu costruita una cappella dedicata a [[San Nicola di Bari|San Nicola]] dove il santo avrebbe fatto numerosi miracoli.
 
== I sabba e i malefìcimalefici ==
{{vedi anche|janara}}
La leggenda vuole che le streghe, indistinguibili dalle altre donne di giorno, di notte si ungessero le ascelle (o il petto) con un unguento e spiccassero il volo pronunciando una frase magica (riportata all'inizio della pagina), a cavallo di una scopa di saggina o, secondo altre versioni, in groppa ad un «castrato negro» voltandogli le spalle. Contemporaneamente le streghe diventavano incorporee, spiriti simili al vento: infatti le notti preferite per il volo erano quelle di tempesta.<ref name=palumbo>{{cita libro|autore=Agnese Palumbo|autore2= Maurizio Ponticello|titolo=Misteri, segreti e storie insolite di Napoli|capitolo=Benevento, le Janare attorno al Noce|editore=Newton Compton Editori|anno= 2015}}</ref> Si credeva inoltre che ci fosse un ponte in particolare dal quale le streghe beneventane erano solite lanciarsi in volo, il quale perciò prese il nome di ''ponte delle janare'', distrutto durante la seconda guerra mondiale.
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Dopo le riunioni, le streghe seminavano l'orrore. Si credeva che fossero capaci di causare aborti, di generare deformità nei neonati facendo loro patire atroci sofferenze, che sfiorassero come una folata di vento i dormienti, e fossero la causa del senso di oppressione sul petto che a volte si avverte stando sdraiati. Si temevano anche alcuni dispetti più "innocenti", per esempio che facessero ritrovare di mattina i cavalli nelle stalle con la criniera intrecciata, o sudati per essere stati cavalcati tutta la notte. In alcuni piccoli paesini campani, tra gli anziani circolano ancora voci secondo cui le streghe di Benevento, di notte, rapiscano i neonati dalle culle per passarseli tra loro, gettandoli sul fuoco, e terminato il gioco li riportino lì dove li avevano presi.
 
Le janare, grazie alla loro consistenza incorporea, entravano in casa passando sotto la porta (in corrispondenza con un'altra possibile etimologia del termine da ''ianua'', porta). Per questo si era soliti lasciare una scopa o del sale sull'uscio: la strega avrebbe dovuto contare tutti i fili della scopa o i grani di sale prima di entrare, ma nel frattempo sarebbe giunto il giorno e sarebbe stata costretta ad andarsene.<ref name=fiorini>Manuela Fiorini, ''Ti do una noce! Storia, leggende e ricette del frutto più magico'', Damster, 2013.</ref> I due oggetti hanno un valore simbolico: la scopa è un simbolo fallico contrapposto alla sterilità portata dalla strega, il sale si riconnette con una falsa etimologia alla [[Salus]].
 
== Proprietà ==
Alberi sacri a [[Giove (divinità)|Giove]], i noci hanno sempre goduto di particolari attribuzioni: dall'aspetto ambivalente, sia diurno che notturno, erano considerati portatori di un potere curativo, che poteva tuttavia diventare nocivo se non trattato adeguatamente.<ref name=palumbo />
 
Ai suoi frutti erano attribuite qualità arcane, capaci di ridestare impulsi sessuali, per il loro guscio affine alle gonadi maschili;<ref name=palumbo /> e d'altra parte la loro forma interna ricorda quella del [[cervello]] umano, e dunque usati, secondo la [[dottrina delle segnature]], per guarire i mali di testa.<ref>Stefano Stefani, Carlo Conti, Marco Vittori, ''Manuale di medicina spagyrica'', pag. 227, Tecniche Nuove, 2008.</ref> Ancora oggi ad esempio il noce è uno dei [[fiori di Bach]], denominato ''walnut'' (inglese per "noce").
 
==Note==