Gneo Marcio Coriolano: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Aggiunto informazione essenziale, inspiegabile non ci fosse.
Etichette: Modifica visuale Modifica da mobile Modifica da web per mobile
PGS 1984 (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 1:
[[File:Poussin Coriolan Les Andelys.jpg|thumb|upright=1.4|''Veturia ai piedi di Coriolano'' di [[Nicolas Poussin]].]]
{{Bio
|Nome = Gneo Marcio
Riga 16 ⟶ 15:
|Nazionalità = romano
|PostNazionalità = generalmente conosciuto come '''Coriolano''', membro dell'antica [[Gens Marcia]], al tempo delle guerre contro i [[Volsci]]
|Immagine = Wilhelm Wandschneider - Coriolan in Plau am See.jpg
|Didascalia = Coriolano, scultura moderna a a [[Plau am See]], di [[Wilhelm Wandschneider]] (1903)
}}
 
==Biografia==
Secondo [[Tito Livio]]<ref>Tito Livo, ''[[Ab Urbe condita libri]]'', Lib II, par. 33</ref> e [[Plutarco]]<ref>[[Plutarco]], ''[[Vite parallele]]'', 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XI, 1</ref> a Gneo Marcio fu attribuito il cognome a seguito della vittoria di Roma contro i Volsci di [[Corioli]], ottenuta anche grazie al suo valore del giovane patrizio; {{Citazione necessaria|secondo altri storici il cognome indica che la sua famiglia fosse originaria della città stessa.}} Ciò che appare certo, è che egli fosse di estrazione [[Patrizio (storia romana)]].
Il giovane Gneo Marcio, non ancora Coriolano, partecipò come semplice soldato alla decisiva [[battaglia del lago Regillo]], distinguendosi per il proprio valore, tanto da meritare la [[Corona civica]] per aver salvato da solo in battaglia un altro cittadino romano.<ref>[[Plutarco]], [[Vite parallele]], Vita di Coriolano, III.3, pg. 123</ref>
 
Il giovane Gneo Marcio, non ancora Coriolano, partecipò come semplice soldato alla decisiva [[battaglia del lago Regillo]], distinguendosi per il proprio valore, tanto da meritare la [[Coronacorona civica]] per aver salvato da solo in battaglia un altro cittadino romano.<ref>[[Plutarco]], [[Vite parallele]], Vita di Coriolano, III.3, pg. 123</ref>
Secondo [[Tito Livio]]<ref>Tito Livo, [[Ab Urbe condita libri]], Lib II, par. 33</ref> e [[Plutarco]]<ref>[[Plutarco]], [[Vite parallele]], 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XI, 1</ref> a Gneo Marcio fu attribuito il cognome a seguito della vittoria di Roma contro i Volsci di [[Corioli]], ottenuta anche grazie al valore del giovane patrizio; {{Citazione necessaria|secondo altri storici il cognome indica che la sua famiglia fosse originaria della città stessa}}
 
{{citazione|Quinto Marcio,<ref>Eutropio attribuisce a Coriolano il prenome ''Quintus''. Verheijk, Hendrik. ''Eutropii Breviarium historiae romanae''. Regno Unito, A. J. Valpy, 1821; p. 289</ref> comandante romano, che aveva conquistato Corioli, città dei Volsci, accecato dall'ira si recò presso i Volsci e ottenne aiuti contro i Romani. Sconfisse spesso i Romani, arrivando fino a cinque miglia da Roma, pronto a combattere anche contro la sua patria, respinti i legati inviati per chiedere la pace, vinto solamente dal pianto e dalle suppliche della madre [[Veturia]] e della moglie Volumnia, andate a lui da Roma, ritirò l'esercito. E questo fu il secondo capo, dopo Tarquinio, ad essersi opposto alla propria patria.
|[[Eutropio]], ''[[Breviarium ab Urbe condita]]'', I,15
|Q. Marcius, dux Romanus, qui Coriolos ceperat, Volscorum civitatem, ad ipsos Volscos contendit iratus et auxilia contra Romanos accepit. Romanos saepe vicit, usque ad quintum miliarium urbis accessit, oppugnaturus etiam patriam suam, legatis qui pacem petebant, repudiatis, nisi ad eum mater Veturia et uxor Volumnia ex urbe venissent, quarum fletu et deprecatione superatus removit exercitum. Atque hic secundus post Tarquinium fuit, qui dux contra patriam suam esset.|lingua=la}}
 
=== L'Eroeeroe della presa di Corioli ===
Nel [[493 a.C.]], Consoli [[Postumio Cominio Aurunco]] e [[Spurio Cassio Vecellino]], a Roma, per quella che sarebbe stata ricordata come la prima ''[[secessio plebis|secessione]]'', la [[Plebei|plebe]] si era ritirata sul [[Monte Sacro]].
 
La situazione era poi resa oltremodo complicata dalla necessità di definire un nuovo trattato (''[[Socii e Foederati|Foedus]]'') con i [[Latini]], compito che fu affidato al Console Spurio Cassio, trattato che da lui prese di nome (''[[Foedus Cassianum]]''), e dai preparativi bellici intrapresi dai [[Volsci]], contro cui si decise di intraprendere l'ennesima azione militare, affidandola al Console Postumio Cominio.
Riga 34 ⟶ 35:
Postumio Cominio iniziò la campagna militare guidando l'Esercito Romano contro i Volsci di [[Antium]], città che venne espugnata. Successivamente l'Esercito Romano marciò contro le città volsce di [[Longula]], [[Polusca]] e [[Corioli]], tutte e tre conquistate dai Romani, quest'ultima con l'apporto decisivo di Gneo Marcio, tanto che [[Tito Livio]] annota:
 
{{Citazione|''....L'impresa di Marcio eclissò la gloria del Console al punto che, se il trattato coi Latini, concluso dal solo Spurio Cassio in assenza del collega, non fosse rimasto inciso a perenne memoria su una colonna di bronzo, nessuno si ricorderebbe che Postumio Cominio combatté contro i Volsci''|[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 33]}}
 
=== Dai contrasti tra patrizi e plebei all'esilio ===
Riga 43 ⟶ 44:
{{Citazione|''...A questo punto Sicinnio, il più impudente dei tribuni, dopo una breve consultazione con i colleghi, proclamò davanti a tutti che Marcio era stato condannato a morte dai tribuni della plebe, e ordinò agli edili di portarlo immediatamente sulla rocca Tarpea e di gettarlo giù nella voragine.''|[[Plutarco]], [[Vite parallele]], 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XVIII, 4}}
 
Alla fine fu citato in giudizio dai tribuni della plebe, e a questo punto le versioni di Livio e Plutarco divergono. Secondo Livio<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 35]</ref>, Gneo Marcio rifiutò di andare in giudizio, scegliendo l'esilio volontario presso i [[Volsci]], e per questo motivo fu condannato in contumacia all'esilio a vita. Invece per Plutarco<ref>[[Plutarco]], [[Vite parallele]], 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XX, 4</ref> Gneo Marcio fu sottoposto al giudizio del popolo con l'accusa di essersi opposto al ribasso dei prezzi del grano, e per aver distribuito il tesoro di Anzio tra i commilitoni, invece di consegnarlo all'Erario. Anche per Plutarco, la condanna fu quella dell'esilio a vita.
 
=== La guerra contro Roma ===
Gneo Marcio scelse di recarsi in esilio nella città di Anzio<ref>[[Plutarco]], [[Vite parallele]], 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XXII, 1</ref>, ospite di [[Attio Tullio]]<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 1.</ref>, eminente personalità tra i Volsci. I due, animati da forti sentimenti di rivincita nei confronti di Roma, iniziarono a tramare affinché tra i Volsci, più volte battuti in scontri campali dall'esercito romano, si sviluppassero nuovamente motivi di risentimento contro i Romani, tali da far nascere in questi il desiderio di entrare in guerra contro il potente vicino.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 36, 37, 38]</ref>
{{Citazione|''... Marcio e Tullo discutevano di nascosto in Anzio con i più potenti e li spingevano a scatenare la guerra mentre i Romani si combattevano tra loro. Ma mentre i Volsci erano trattenuti dal pudore perché le due parti avevano concordato una tregua e un armistizio di due anni, e furono i Romani a fornire loro stessi il pretesto, annunziando durante certi spettacoli e giochi, sulla base di qualche sospetto o falsa accusa, che i Volsci dovevano lasciare la città prima del tramonto. ...''|[[Plutarco]], [[Vite parallele]], 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XXVI, 1}}
 
Alla fine i Volsci decisero per una nuova guerra contro Roma<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 9.</ref>, ed affidarono a Coriolano e ad Attio Tullio il comando dell'esercito<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 11.</ref>. Quindi i due comandanti si risolsero a dividersi le forze, rivolgendosi Attio ai territori dei Latini, per impedire che portassero soccorso a Roma, e Coriolano a saccheggiare la campagna romana, evitando però di attaccare le proprietà dei Patrizipatrizi, così da fomentare lail discordia[[conflitto degli ordini]] tra Plebeipatrizi e Patriziplebei. L'espediente ebbe successo, tanto da permettere ai due eserciti Volsci, di tornare nel proprio territorio, carichi di bottino e senza aver subito alcun attacco dai Romani<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 12.</ref>.
 
Successivamente, mentre Attio proteggeva con il proprio esercito la città<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 13.</ref>, Coriolano volse il proprio esercito contro la colonia romana di Circei che fu presa, mentre Roma non reagiva per il montare della discordia tra i due ordini<ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 14.</ref>.
Riga 58 ⟶ 59:
 
Leggermente diversa la versione di Tito Livio:
{{Citazione|''Quindi conquistò Satrico, Longula, Polusca, Corioli, Mugilla, tutte città recentemente sottomesse dai Romani. Poi riprese Lavinio e di lì, raggiungendo la via Latina tramite delle scorciatoie, catturò una dopo l'altra Corbione, [[Vitellia (città antica)|Vetelia]], Trebio, Labico, Pedo. Infine da Pedo marciò su Roma e si accampò presso le fosse Cluilie, a cinque miglia dalla città''|[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 39]}}
 
[[File:Poussin Coriolan Les Andelys.jpg|thumb|upright=1.4|''Veturia ai piedi di Coriolano'' di [[Nicolas Poussin]].]]
{{Citazione|''Quindi conquistò Satrico, Longula, Polusca, Corioli, Mugilla, tutte città recentemente sottomesse dai Romani. Poi riprese Lavinio e di lì, raggiungendo la via Latina tramite delle scorciatoie, catturò una dopo l'altra Corbione, [[Vitellia (città antica)|Vetelia]], Trebio, Labico, Pedo. Infine da Pedo marciò su Roma e si accampò presso le fosse Cluilie, a cinque miglia dalla città''|[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 39]}}
Qui, alle porte dell'Urbe, al IV miglio della [[Via Latina]], doveossia si trovava ilal confine dell'''Ager Romanus Antiquus'' (nei pressi dell'attuale Via del Quadraro), mentre i consoli del [[488 a.C.]], [[Spurio Nauzio Rutilo|Spurio Nauzio]] e [[Sesto Furio Medullino Fuso|Sesto Furio]], organizzavano le difese della città, venne fermato dalle implorazioni della madre [[Veturia]] e della moglie [[Volumnia]], accorsa con i due figlioletti in braccio, che lo convinsero a desistere dal proprio proposito di distruggere Roma.<ref name="AppianoI">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], [[Storia romana (Appiano)|Storia romana]], Liber II, 3-5</ref>.
 
{{Citazione|''....Coriolano saltò giù come una furia dal suo sedile e corse incontro alla madre per abbracciarla. Lei però, passata dalle suppliche alla collera, gli disse: «Fermo lì, prima di abbracciarmi: voglio sapere se qui ci troviamo da un nemico o da un figlio e se nel tuo accampamento devo considerarmi una prigioniera o una madre.''|[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 40]}}
Qui, alle porte dell'Urbe al IV miglio della [[Via Latina]], dove si trovava il confine dell'''Ager Romanus Antiquus'' (nei pressi dell'attuale Via del Quadraro), mentre i consoli del [[488 a.C.]], [[Spurio Nauzio Rutilo|Spurio Nauzio]] e [[Sesto Furio Medullino Fuso|Sesto Furio]], organizzavano le difese della città, venne fermato dalle implorazioni della madre [[Veturia]] e della moglie [[Volumnia]], accorsa con i due figlioletti in braccio, che lo convinsero a desistere dal proprio proposito di distruggere Roma<ref name="AppianoI">[[Appiano di Alessandria|Appiano]], [[Storia romana (Appiano)|Storia romana]], Liber II, 3-5</ref>.
 
{{Citazione|''....Coriolano saltò giù come una furia dal suo sedile e corse incontro alla madre per abbracciarla. Lei però, passata dalle suppliche alla collera, gli disse: «Fermo lì, prima di abbracciarmi: voglio sapere se qui ci troviamo da un nemico o da un figlio e se nel tuo accampamento devo considerarmi una prigioniera o una madre.''|[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 40]}}
 
=== Morte ===
Tito Livio<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', [https://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 40]</ref> riporta come non ci fosse concordanza sulla morte di Coriolano; secondo parte della tradizione, fu ucciso dai Volsci, che lo considerarono un traditore per aver sciolto l'esercito sotto le mura di Roma; secondo Fabio, morì di vecchiaia in esilio.
 
Plutarco e [[Dionigi di Alicarnasso]] raccontano come Coriolano fu ucciso da una congiura, capitanata da Attio Tullio, mentre si stava difendendo in un pubblico processo ad Anzio, dove era stato messo sotto accusa dai Volsci per essersi ritirato, senza aver combattuto, da Roma.<ref>[[Plutarco]], [[Vite parallele]], 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade, XXXIX</ref><ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], [[Antichità romane (Dionigi di Alicarnasso)|Antichità romane]], VIII, 58-59.</ref>