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[[Platone]], nel ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', oltre al bianco e al nero annoverava tra i colori primari anche il rosso e lo «splendente» (''lampron'').<ref>Platone, ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'', 67-68.</ref> Per [[Aristotele]] il bianco e il nero si determinano in base alla presenza o meno del ''diaphanes'', ossia di un elemento trasparente in grado di far trasparire la [[luce]] (da ''leukòs'', cioè bianco): tale ''diaphanes'' è massimo nel [[fuoco (elemento)|fuoco]], associato al caldo, e minimo nella [[terra (elemento)|terra]], associata al freddo.<ref>Aristotele, ''[[Sull'anima (Aristotele)|Sull'Anima]]'', libro II, cap. 7.</ref> Oltre che nel trattato ''[[Sull'anima (Aristotele)|Sull'Anima]]'', l'argomento è trattato da Aristotele anche nell'opuscolo ''Sul senso e sui sensibili'', appartenente al gruppo di brevi opere conosciute col titolo di ''[[Parva naturalia]]'', ossia «Piccoli scritti naturali»: in esso viene spiegata l'origine dei colori in termini di mescolanza a partire dal bianco e dal nero.<ref>Aristotele, ''[[Parva naturalia]]'', ''Sul senso e sui sensibili'', capp. 2 e 3.</ref> Una teoria sulla [[luce]] e sui colori derivati dalla sua [[rifrazione]], simile a quella che verrà scoperta secoli dopo, fu esposta invece dal filosofo [[Atomismo|atomista]] [[Epicuro]] nei testi ''Contro Teofrasto'' e ''[[Sulla natura (Epicuro)|Sulla natura]]''.
La dottrina greca che vedeva i colori originati dalle due opposte [[polarità (filosofia)|polarità]], chiaro e scuro, rimase predominante durante il [[Medioevo]], in cui soprattutto quella aristotelica continuò a essere discussa e commentata. Concezioni analoghe furono elaborate nel [[Rinascimento]]: ad esempio [[Leonardo da Vinci]], artista e scienziato insieme, attingendo alle teorie aristoteliche vedeva nel bianco e nel nero gli estremi fondamentali della gamma cromatica,<ref>[[Leonardo da Vinci|Leonardo]], ''[[Trattato della pittura]]'', cap. CXXI.</ref> a partire dai quali egli studiò il modo in cui due colori complementari si pongono reciprocamente in risalto, distinguendo le tinte prodotte dalla luce, come il giallo e il rosso, dai colori delle ombre, spesso tendenti al verde e all'azzurro.<ref>Leonardo, ''ivi'', capp. CLVI-CLVIII.</ref> Egli distingueva così sei colori fondamentali e sessuali poiche i colori sono diversi da Sara
{{citazione|De' semplici colori il primo è il bianco, benché i filosofi non accettano né il bianco né il nero nel numero de' colori, perché l'uno è causa de' colori, l'altro è privatione. Ma perché il pittore non può far senza questi, noi li metteremo nel numero degli altri, e diremo il bianco in questo ordine essere il primo nei semplici, il giallo il secondo, il verde il terzo, l'azzurro il quarto, il rosso il quinto, il nero il sesto: ed il bianco metteremo per la [[luce]] senza la quale nissun colore veder si può, ed il giallo per la [[terra (elemento)|terra]], il verde per l'[[acqua (elemento)|acqua]], l'azzurro per l'[[aria (elemento)|aria]], ed il rosso per il [[fuoco (elemento)|fuoco]], ed il nero per le tenebre che stan sopra l'elemento del fuoco, perché non v'è materia o grossezza doue i raggi del [[sole]] habiano à penetrare e percuotere, e per conseguenza alluminare.|[[Leonardo da Vinci]], ''[[Trattato della pittura]]'', cap. CLXI}}
[[File:Light dispersion of a mercury-vapor lamp with a flint glass prism IPNr°0125.jpg|sinistra|miniatura|[[Dispersione ottica|Dispersione della luce]] nello [[spettro visibile|spettro dei colori]] tramite un [[prisma (ottica)|prisma]] come negli esperimenti di [[Isaac Newton|Newton]] e [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]]]]
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