Processo di Bobigny: differenze tra le versioni
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Il '''processo di Bobigny''' venne celebrato a [[Bobigny]] nell'ottobre e novembre del 1972. Si trattò di un [[processo per aborto]], la cui imputata fu la minorenne [[Marie-Claire Chevalier]], la quale venne accusata di aver abortito l'anno precedente. Alla fine di questo evento, l'imputata venne assolta. Questo processo contribuì, insieme ad altri eventi, al raggiungimento della depenalizzazione dell'[[aborto]] in Francia avvenuto per mezzo della [[Loi Veil]] del 1975.
== La contraccezione e l'aborto in Francia ==
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A partire dagli anni Settanta, grazie alla comparsa del [[movimento femminista]], la contraccezione e l'aborto vennero considerati come mezzi per sostenere [[l'emancipazione femminile]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bibia Pavard|titolo=The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)|rivista=Medical History|volume=vol. 63|numero=n. 2|p=179}}</ref>.
== Il manifesto delle 343 e
Oltre al processo di Bobigny, a concorrere al raggiungimento della Loi Veil del 1975, contribuirono iniziative sostenute dai collettivi femministi. Tra queste vi fu quello che accadde nell'aprile del 1971, quando nella rivista di sinistra «[[Le Nouvel Observateur]]» venne pubblicato il [[Manifesto delle 343]], il quale provocò una cesura profonda rispetto a quanto avvenne prima.
[[File:Simone de Beauvoir 1955.jpg|miniatura|Simone De Beauvoir, firmataria del manifesto delle 343 e fondatrice, con Gisèle Halimi, dell'associazione «Choisir».]]
Infatti, per mezzo di questo manifesto, le 343 donne firmatarie dichiararono pubblicamente di aver abortito su uno dei periodici francesi più venduti (tiratura 350.000 copie a settimana), rifiutando in modo deciso l'anonimato con cui questa pratica, in quanto venne vista come uno stigma sociale, normalmente avveniva. Il manifesto delle 343 ebbe tra le firmatarie più conosciute: l’autrice [[Simone de Beauvoir|Simone De Beauvoir]], l’avvocata franco-tunisina [[Gisèle Halimi]] che difenderà Marie
Tra il 1971 e il 1972 Simone De Beauvoir e Gisèle Halimi fondarono l'associazione femminista «[[Choisir]]», la quale ebbe tre obiettivi: rendere la contraccezione, che era diventata una pratica legale dal 1967, disponibile, ottenere la soppressione di tutti i testi contrari all'aborto e difendere gratuitamente (come Halimi farà con Marie-Claire nel processo di Bobigny) o assistere qualunque persona accusata di aborto o di complicità in esso.
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}}
Marie-Claire e le sue due sorelle vissero con la madre Michèle nubile,
A peggiorare il contesto socio-economico, già molto complicato, della famiglia fu quello che accadde nel 1971 a Marie-Claire.
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Infatti, nell'autunno del 1971 accadde «che un compagno di scuola, tale Daniel P., la minaccia, la picchia e poi la costringe a un rapporto sessuale. Marie-Claire resta incinta. Si rende subito conto del problema e cerca aiuto presso la madre, con la quale ha un buon rapporto e si confida»<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=22}}</ref>. Così la aiutò ad abortire.
La madre Michèle decise così di rivolgersi alle proprie colleghe, due delle quali la aiutarono nella ricerca, per
A procurarle l'aborto fu [[Madame Bambuck]], la quale utilizzò la tecnica della sonda. Questa pratica, come spesso avveniva, provocò a Marie-Claire una grave emorragia. Per questo motivo lei e la madre si recarono in ospedale
Marie-Claire tornò a casa «guarita e libera»<ref name=":1" />. A denunciarla ci pensò Daniel P., il ragazzo che l'aveva violentata, poiché volle distogliere l'attenzione dal suo caso, in quanto venne accusato di aver rubato un'auto.
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== Il processo ==
Durante questo processo vennero giudicate Marie-Claire Chevalier per aver interrotto la gravidanza, come complici la madre Michèle, le due colleghe della metro della medesima e Madame Bambuck per aver procurato l'aborto alla giovane ragazza<ref name=":1" />. Questo caso, che viene così descritto dallo storico Giambattista Scirè: «era uno dei tanti in cui l'indigenza e l'ignoranza avevano portato una ragazza a una gravidanza indesiderata e poi all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|anno=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=36}}</ref>.
[[File:Gisele Halimi Front de Gauche 2009-03-08.jpg|miniatura|L'avvocata femminista franco-tunisina Gisèle Halimi]]
Il processo avvenne in due momenti: Marie-Claire dovette presentarsi presso il Tribunale dei minori di Bobigny l'11 ottobre per essere giudicata, mentre le altre accusate il 22 novembre<ref name=":1" />. In entrambi i casi la difesa venne gestita gratuitamente dall'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi.
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L'11 ottobre 1972 inizia il processo a Marie-Claire Chevalier, il quale è diventato un «clamoroso processo all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=VII}}</ref>. A difendere la ragazza ci pensò l'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi, la quale si sentì pienamente coinvolta dalla questione a tal punto da volerla difendere gratuitamente, lei stessa disse nella propria arringa: «Ebbene, ciò che tento di esprimere oggi qui, è che mi identifico precisamente e totalmente con la signora Chevalier e con queste tre donne che la legge definisce complici, con queste donne presenti all’udienza, con le donne che manifestano nelle piazze, con i milioni di donne francesi e di altri paesi. Esse sono la mia famiglia, sono la mia battaglia, sono la mia pratica quotidiana»<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=142}}</ref>.
Halimi prosegue nella propria arringa negando ogni valore alla legge del 1920, ancora vigente, che criminalizzava la pratica abortiva. Infatti essa veniva continuamente violata da migliaia di donne, per questo motivo
L'avvocata
Halimi
L'avvocata, inoltre, alla fine della sua arringa, spronò i giudici ad assumersi le proprie responsabilità<ref>{{Cita libro|autore=A cura dell’Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|pp=169-171}}</ref>.
Marie-Claire alla fine venne assolta, in quanto non ebbe scelta nel compiere il reato per cui è stata accusata, è la prima volta che un'imputata viene assolta, dopo aver confessato di aver compiuto il crimine per cui è stata processata<ref name=":1" />.▼
▲Marie-Claire
=== Il processo alle «complici»<ref name=":1" /> ===
Il 22 novembre iniziò la seconda parte del processo, nel quale vennero giudicate: la madre Michèle, le due colleghe della metro e l'''abortion provider'' Madame Bambuck. La difesa, presieduta sempre dall'avvocata femminista Gisèle Halimi, venne sostenuta dai testimoni.
Grazie all'avvocata Halimi, sostenuta dall'istanza testimoniale, alla fine del processo: Michèle venne punita con «una multa per lei (che non dovrà pagare), una pena simbolica per Madame Bambuck, l'assoluzione per le altre»<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=25}}</ref>.
=== L'importanza del processo ===
Il processo di Bobigny, dal punto di vista mediatico, fu un successo. Per settimane catalizzò l'attenzione dei media, l'aborto divenne il centro del dibattito pubblico non solo francese, o europeo, ma addirittura occidentale. Infatti, gli Stati Uniti seguirono con attenzione lo svilupparsi del dibattito attorno a questo tema. Questo perché, solo pochi mesi dopo, ci sarà la sentenza della [[Corte suprema degli Stati Uniti d'America|Corte Suprema]] [[Roe contro Wade|Roe vs Wade]] del 1973.
In primo luogo, il punto di forza dell'arringa dell'avvocata Halimi fu che riuscì a rendere la storia privata di Marie-Claire eredità di tutte le donne e dell'umanità intera<ref>{{Cita libro|autore=Maud Anne Bracke|titolo=La nuova politica delle donne. Il femminismo in Italia 1968-1983|anno=2019|editore=Edizioni di Storia e Letteratura|città=Roma|p=112}}</ref>, che la storica Lorenza Perini descrive così: «“la donna” diventa “le donne”, il suo caso diventa la condizione di tutte, il suo scontro con il Codice Penale diventa il problema dei diritti di uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge»<ref>{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=ll corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|anno=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=32}}</ref>.
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L'evento oltralpe, venne reso noto in Italia grazie ai giornali e grazie al periodico «[[Noi donne|Noi Donne]]». In quest'ultimo, infatti, vi furono, nel numero 49 del 1972, due inchieste dedicate al processo di Bobigny: la prima, dal titolo ''Tutta Parigi con lei'', fu scritta da Pinuccia Bonetti, la seconda, di notevole importanza, fu scritta da Gabriella Lapasini e intitolata ''Quante Marie Claire in Italia?.''
[[File:"Di chi è la pancia di questa donna?" (To whom does the body of this woman belong?).jpg|sinistra|miniatura|Manifesto del Movimento Femminista stampato in occasione del processo a Gigliola Pierobon, celebrato a Padova il 5 e il 6 giugno 1973.]]
Il caso Chevalier, inoltre, divenne il modello preso dalle militanti del gruppo padovano «[[Lotta femminista]]» nel giugno 1973 per gestire nel migliore dei modi un processo simile, poiché il reato compiuto era sempre l'aborto, ma allo stesso dissimile per l'esito, che coinvolse la padovana [[Gigliola Pierobon]], la quale nella propria autobiografia scrisse: «Bisogna assolutamente che ci teniamo in contatto da un paese all'altro anche per poterci comunicare le informazioni e le esperienze che ci permetteranno di evitare gli scogli del riformismo»<ref>{{Cita libro|autore=Gigliola Pierobon|titolo=Il processo degli angeli (Storia di un aborto)|data=1974|editore=Tattilo|città=Roma|p=69}}</ref>. ▼
▲Questa seconda inchiesta permise di utilizzare il caso Chevalier come mezzo per parlare dell'aborto clandestino all'interno del contesto italiano. Marie-Claire venne presa come: «un emblema: una figura che riassume in sé anche le vicende e le difficili storie di centinaia di altre Marie Claire del nostro paese»<ref name=":4" />. L'obiettivo del periodico è «rivendicare il diritto della donna a decidere della propria maternità con consapevolezza», inoltre vuole: «rivendicare alla maternità un preciso valore sociale»<ref name=":4" />. La donna, quindi, non deve più essere lasciata sola di fronte a una gravidanza.
▲Il caso Chevalier divenne il modello preso dalle militanti del gruppo padovano «[[Lotta femminista]]» nel giugno 1973 per gestire nel migliore dei modi un processo simile, poiché il reato compiuto era sempre l'aborto, ma allo stesso dissimile per l'esito, che coinvolse la padovana [[Gigliola Pierobon]], la quale nella propria autobiografia scrisse: «Bisogna assolutamente che ci teniamo in contatto da un paese all'altro anche per poterci comunicare le informazioni e le esperienze che ci permetteranno di evitare gli scogli del riformismo»<ref>{{Cita libro|autore=Gigliola Pierobon|titolo=Il processo degli angeli (Storia di un aborto)|data=1974|editore=Tattilo|città=Roma|p=69}}</ref>.
In conclusione, il processo che portò alla depenalizzazione dell'aborto, in Occidente,
== Note ==
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