Giovanni Brusca: differenze tra le versioni

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Nel settembre di quell'anno lo stesso Brusca partecipò all'omicidio del potente esattore [[Ignazio Salvo]], il quale si era dimostrato incapace di modificare le sentenze sfavorevoli a Cosa Nostra<ref>{{Cita web|url=http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2004/11/10/Cronaca/MAFIA-CHI-ERANO-I-CUGINI-NINO-E-IGNAZIO-SALVO-2_121512.php#|titolo=MAFIA: CHI ERANO I CUGINI NINO E IGNAZIO SALVO (2)|sito=www1.adnkronos.com|accesso=2021-05-30}}</ref>; inoltre, tra ottobre e novembre, Brusca incaricò Santo Mazzei (mafioso di [[Catania]]) di collocare un proiettile d'artiglieria nel [[Giardino di Boboli]] a [[Firenze]] al fine di creare allarme sociale e condizionare le istituzioni nella prospettiva di benefici per i detenuti in regime carcerario di cui all'[[articolo 41 bis]]<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|titolo=La trattativa tra Gioè-Bellini/Il proiettile nel Giardino di Boboli - Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131110201622/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|dataarchivio=10 novembre 2013}}</ref>; nello stesso periodo Brusca stava pianificando attentati contro l'allora ministro della giustizia [[Claudio Martelli]], il deputato [[Calogero Mannino]] e il giudice [[Pietro Grasso]], progetti che però non andarono in porto.<ref name=":8" /><ref>{{Cita web|url=https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/stato-mafia-falcone-brusca-trattativa-milano-a00a45bb-4318-428a-a515-fc9d32c3aee2.html|titolo=Il pm Di Matteo non partecipa all'udienza con Brusca|sito=rainewsalian|accesso=2021-05-30}}</ref>
 
Dopo l'arresto di Riina nel gennaio del [[1993]], Brusca fu favorevole alla continuazione della strategia degli [[Bombe del 1992-1993|attentati dinamitardi]], insieme ai boss [[Leoluca Bagarella]], [[Matteo Messina Denaro]] e ai fratelli Filippo e [[Giuseppe Graviano]]<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|titolo=Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia - Atti del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131227233619/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|dataarchivio=27 dicembre 2013|urlmorto=sì}}</ref><ref>[http://www.antimafiaduemila.com/200805105104/articoli-arretrati/i-pentiti-del-terzo-millennio.html I pentiti del terzo millennio] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131019072600/http://www.antimafiaduemila.com/200805105104/articoli-arretrati/i-pentiti-del-terzo-millennio.html|data=19 ottobre 2013}} Antimafiaduemila.com</ref>, i quali pianificarono anche il sequestro del piccolo [[Omicidio di Giuseppe Di Matteo|Giuseppe Di Matteo]] come ritorsione verso il padre [[Santino Di Matteo|Santino]], divenuto collaboratore di giustizia<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/11/07/news/il_pm_in_aula_accusa_i_boss_il_piccolo_di_matteo_fu_torturato-24579083/|titolo=Il pm in aula accusa i boss"Il piccolo Di Matteo fu torturato"|sito=la Repubblica|data=7 novembre 2011|accesso=30 maggio 2021}}</ref>: gli attentati dinamitardi a [[Firenze]], [[Milano]] e [[Roma]] nell'[[estate]] [[1993]] provocarono in tutto 10 morti e 106 feriti, oltre a ingenti danni al patrimonio artistico italiano<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/online/cronaca/riina/conferma/conferma.html|titolo=Autobombe '93, per l'accusa ergastoli da confermare|editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=2 dicembre 2000|citazione=la strategia di attacco terroristico al patrimonio culturale del Paese sarebbe stata decisa dai vertici di Cosa Nostra già alla fine del '92|accesso=12 luglio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180124005823/http://www.repubblica.it/online/cronaca/riina/conferma/conferma.html|urlmorto=no}}</ref>. Nell’autunno del 1993 la posizione di Brusca stava vacillando, perché i collaboratori di giustizia che si stavano rivelando più dannosi per Cosa Nostra, come [[Baldassare Di Maggio]] ed il già citato Santino Di Matteo, appartenevano al suo mandamento; Bagarella, Graviano e Messina Denaro gli rinfacciarono di non aver ucciso prima Di Maggio, la cui condanna a morte era stata emessa già nell’estate del 1992, così l’attenzione fu posta su Di Matteo, con il sequestro del figlio tredicenne Giuseppe, il quale verrà strangolato e sciolto nell’acido l’11 gennaio [[1996]], lo stesso giorno in cui i giudici condannavano Brusca all'ergastolo insieme a Bagarella per l'omicidio di Salvo. A riguardo Brusca dirà: "Non cercherò attenuanti. Non ho avuto alcuna esitazione a mandare a morte un ragazzino di 15 anni. Sono diventato il mostro per aver commesso questo delitto. Forse non lo sarei diventato se mi fossi limitato a uccidere il dottor Falcone e sua moglie. Mi rendo conto perfettamente che un atto del genere non può essere perdonato e nemmeno dimenticato. Sono io l’ispiratore dell'omicidio e il principale responsabile di un sequestro durato due anni e tre mesi".<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il ragazzino sciolto nell’acido| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | ppp=105-106| ISBN=9788822720573 }}</ref>
 
=== L'arresto ===
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=== La collaborazione con la giustizia ===
Brusca decise di collaborare e l’intenzione di voltare le spalle a Cosa Nostra arrivò il 23 maggio, nel giorno del quarto anniversario della strage di Capaci, quando il PM [[Alfonso Sabella]] ricevette una telefonata in codice da un dirigente del Gruppo Operativo Mobile<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Le chiavi delle manette| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | p=111| ISBN=9788822720573 }}</ref>. A giugno, a circa un mese dall'arresto, Brusca iniziò a rendere dichiarazioni ai magistrati delle Procure di [[Palermo]], [[Caltanissetta]] e [[Firenze]]; a raccogliere le sue prime dichiarazioni furono Savina e Sanfilippo i quali per non dare nell'occhio entrarono nel carcere dell'Ucciardone dentro al bagagliaio di una macchina mentre il suo primo interrogatorio con i magistrati (il PM [[Alfonso Sabella]], il procuratore [[Giancarlo Caselli]], l’aggiunto [[Guido Lo Forte]], il questore [[Arnaldo La Barbera]]) e i due poliziotti venne allestito in un ufficio delle Poste. Brusca raccontò episodi dettagliati relativi a gente come [[Pietro Aglieri]], [[Nino Giuffrè]], [[Carlo Greco]] e [[Salvatore Di Gangi]], tutti uomini legati a [[Bernardo Provenzano]], mentre sui fedelissimi di [[Totò Riina]], del quale è stato uno dei più devoti seguaci, non disse nulla. Grazie alle sue indicazioni Greco verrà arrestato mentre Di Gangi riuscirà a scappare poco prima del blitz<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il doppio gioco| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | ppp=111-112| ISBN=9788822720573 }}</ref>. La notizia trapelò sui giornali soltanto in agosto, causando violentissime reazioni e polemiche<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/08/29/il-picciotto-aveva-annunciato-il-pericolo.html|titolo=E IL PICCIOTTO AVEVA ANNUNCIATO IL PERICOLO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-24}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/08/29/dalla-strategia-dei-veleni-al-giorno-della.html|titolo=DALLA STRATEGIA DEI VELENI AL GIORNO DELLA VERITA' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-24}}</ref>: provocò clamore l'intervista concessa dal suo difensore di fiducia, l'avvocato Vito Ganci<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/08/25/il-super-difensore-degli-uomini-di.html|titolo=IL SUPER - DIFENSORE DEGLI UOMINI DI MAFIA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>, nella quale affermava che il "pentimento" del suo assistito era pilotato dall'allora Presidente della Commissione Antimafia [[Luciano Violante]] (che avrebbe incontrato Brusca su un volo aereo nel [[1991]]) al fine di accusare [[Giulio Andreotti]], all'epoca sotto processo per [[concorso esterno in associazione mafiosa]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/08/28/sotto-torchio-avvocato-dei-complotti.html|titolo=SOTTO TORCHIO L' ' AVVOCATO DEI COMPLOTTI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>. Tali affermazioni vennero smentite da Brusca (che cambiò difensore) ma in ottobre venne iscritto nel [[registro degli indagati]] per [[calunnia]] poiché le sue prime dichiarazioni miravano ad accusare il suo acerrimo nemico [[Baldassare Di Maggio]] ed escludere le responsabilità di mafiosi a lui vicini (soprattutto [[Giovanni Riina]], figlio di Totò, e [[Vito Vitale]], boss di [[Partinico]])<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/02/16/un-mafioso-prima-condanna-per-giovanni.html|titolo='E' UN MAFIOSO' PRIMA CONDANNA PER GIOVANNI RIINA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/10/20/scoperto-il-gioco-di-brusca.html|titolo=SCOPERTO IL GIOCO DI BRUSCA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-01}}</ref>: la manovra venne scoperta anche grazie alle dichiarazioni del fratello di Brusca, [[Enzo Salvatore Brusca|Enzo Salvatore]], che da qualche mese collaborava pure con gli inquirenti in accordo segreto con Giovanni<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/10/21/brusca-indagato-per-calunnia.html|titolo=BRUSCA INDAGATO PER CALUNNIA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref><ref name=":6">{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/online/cronaca/brusca/pentito/pentito.html|titolo=la Repubblica/cronaca: Brusca è attendibile 'patente' da pentito|accesso=2021-05-31|dataarchivio=3 ottobre 2002|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20021003182707/http://www.repubblica.it/online/cronaca/brusca/pentito/pentito.html|urlmorto=sì}}</ref><ref>[https://archive.is/20230123104251/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/05/21/torna-casa-il-pentito-enzo-brusca.html Torna a casa il pentito Enzo Brusca]</ref>. Messo alle strette dai magistrati, Brusca confessò l'inganno e iniziò a rendere nuovi interrogatori, questa volta ritenuti attendibili, grazie ai quali fu possibile condannare decine di mafiosi in diversi procedimenti penali, dove anch'egli era imputato ed in cui ottenne rilevanti sconti di pena grazie al suo contributo: nel [[1997]] infatti gli vennero comminati 27 anni di carcere anziché l'[[ergastolo]] al processo per la [[strage di Capaci]] e la stessa cosa avvenne nel [[1999]], quando gli furono comminati trent'anni di reclusione per il sequestro e l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo<ref name=":6"/>.
 
Nel [[2000]] Brusca (fino ad allora considerato dalla giustizia solo un "dichiarante") riuscì ad ottenere lo ''status'' di "[[Collaboratore di giustizia (Italia)|collaboratore di giustizia]]", che gli consentì di lasciare il regime carcerario duro previsto dall'[[articolo 41-bis]] e di godere dei benefici previsti dalla legge, compreso un sussidio di {{formatnum:500000}} [[Lira italiana|lire]] al mese per sé e per i componenti della sua famiglia<ref name=":6" />.
 
Durante la sua collaborazione, Brusca ha ammesso di aver eseguito o ordinato oltre 150 omicidi e di non ricordarsi nemmeno di tutte le sue vittime<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/cronaca/2021/06/01/news/quando_u_verru_disse_di_se_sono_un_animale_ho_ucciso_150_persone_non_so_i_nomi_di_tutti_-303731967/|titolo=Quando Brusca, "u verru". disse di sé: "Sono un animale, ho ucciso 150 persone, non so i nomi di tutti"|sito=la Repubblica|data=2021-06-01|accesso=2021-06-01}}</ref>. Al [[processo Andreotti]], negò di aver saputo dell'incontro tra Riina e il politico democristiano riferito da [[Baldassare Di Maggio]] (dove avvenne il famoso "bacio"), circostanza invece confermata dal fratello Enzo<ref name=":8">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/30/uccidevamo-suoi-rivali-ma-poi-andreotti-ci.html|titolo='UCCIDEVAMO I SUOI RIVALI MA POI ANDREOTTI CI TRADI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-01}}</ref>. Fu inoltre il primo collaboratore di giustizia a parlare del cosiddetto "[[papello]]", un foglio con l'elenco di richieste che Riina avanzò allo Stato dopo le stragi<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/30/il-papello-di-riina-per-trattare-con.html|titolo=IL 'PAPELLO' DI RIINA PER TRATTARE CON LO STATO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-01}}</ref><ref name=":8" />. Il 3 maggio [[2011]] a Firenze durante un’udienza del processo sulle [[Bombe del 1992-1993|stragi]] Brusca sostenne che Riina gli disse che era stato avviato un dialogo a distanza con [[Nicola Mancino]], all’epoca dei fatti ministro dell’Interno: “''Non mi disse il tramite ma il committente finale e mi fece il nome di Mancino''”; questa tesi fu respinta seccamente da Mancino. Brusca sostenne inoltre che mentre Riina e [[Vito Ciancimino]] erano impegnati su un fronte, lui lavorava su un’altra sponda nella speranza di ottenere dei vantaggi per un gruppo di boss detenuti tra i quali suo padre Bernardo e [[Luciano Liggio]]: il suo interlocutore sarebbe stato [[Paolo Bellini]], personaggio legato ad ambienti neofascisti, ma la storia sarebbe andata per le lunghe e l’unica trattativa rimasta in piedi sarebbe stata quella tra lo Stato e Riina. Inoltre Brusca sarebbe stato mobilitato per eliminare [[Pietro Grasso]], già giudice a latere nel [[Maxiprocesso di Palermo|Maxiprocesso]], ma davanti all’abitazione della suocera dove si sarebbe dovuto colpire c’era una banca il cui sistema di allarme avrebbe potuto disturbare il funzionamento del telecomando da utilizzare per l’esplosione e così il piano fu accantonato.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=La trattativa| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | ppp=114-115| ISBN=9788822720573 }}</ref>
 
Nel corso dei vari processi, Brusca ha pubblicamente chiesto perdono ai familiari delle sue vittime<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/15/brusca-ai-di-matteo-perdonatemi.html|titolo=BRUSCA AI DI MATTEO: 'PERDONATEMI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-02}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.lasicilia.it/news/cronaca/421107/quando-giovanni-brusca-chiese-scusa-a-tutte-le-vittime-della-mafia.html|titolo=Quando Giovanni Brusca chiese «scusa a tutte le vittime della mafia»|accesso=2021-06-02}}</ref>. Nel [[1998]], durante un confronto nell'udienza del processo "Borsellino bis", [[Santino Di Matteo]] scagliò un microfono contro Brusca e gli urlò: "''Animale, non sei degno di stare in quest'aula, ti dovrei staccare la testa!"<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/online/fatti/brusc/brusc/brusc.html|titolo=la Repubblica/fatti: Di Matteo assale Brusca: 'Animale, ti stacco la testa'|accesso=2021-06-02}}</ref>.''
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L'autorizzazione suscitò diverse polemiche da parte dell'opinione pubblica. Brusca perse tuttavia il diritto alle uscite dal carcere nello stesso anno, a causa dell'uso di un telefono cellulare, in aperta violazione alle norme sui benefici carcerari.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/cronaca/bruscafuori/avuti/avuti.html|titolo=L'avvocato del boss pentito "Brusca ha avuto 9 permessi " |editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=31 ottobre 2004|citazione=[[Luigi Li Gotti]]: "La prima licenza tra il 2002 e il 2003"|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20041130002244/https://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/cronaca/bruscafuori/avuti/avuti.html|dataarchivio=30 novembre 2004|urlmorto=no}}</ref>
 
Nel [[2010]] ricevette, in carcere, un'accusa di riciclaggio, di intestazione fittizia di beni e di tentata estorsione. Il 17 settembre di quell'anno i carabinieri del Gruppo di Monreale, per ordine della Procura di Palermo, effettuarono una perquisizione nella sua cella e, in contemporanea, anche nelle abitazioni di suoi familiari, confiscando a Brusca una parte del suo patrimonio che, secondo gli inquirenti, avrebbe continuato a gestire dal carcere.<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/09/17/news/il_pentito_brusca_indagato_per_riciclaggio_dal_carcere_gestisce_un_tesoro_nascosto-7155731/|titolo=Il pentito Brusca indagato per riciclaggio "Dal carcere gestisce un tesoro nascosto"|autore=[[Salvo Palazzolo]] |editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=17 settembre 2010|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101102074908/https://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/09/17/news/il_pentito_brusca_indagato_per_riciclaggio_dal_carcere_gestisce_un_tesoro_nascosto-7155731/|dataarchivio=2 novembre 2010|urlmorto=no}}</ref> Brusca avrebbe cercato di recuperare soldi di un vecchio investimento immobiliare a Palermo con una lettera dai toni mafiosi inviata alla moglie di un ex fiancheggiatore. Nel registro degli indagati finì anche sua moglie Rosaria Cristiano accusata di riciclaggio: nella sua abitazione in località segreta i militari trovarono 188.000 euro in contanti che sarebbero stati il frutto di attività economiche o della gestione di immobili di cui il pentito non ha mai parlato. Nel luglio del [[2014]] il giudice monocratico della seconda sezione del Tribunale di Palermo respinse la tesi della Procura che aveva chiesto la condanna a un anno di carcere e assolse Brusca dall’accusa di violenza privata per aver tentato di riprendersi con le minacce parte del patrimonio intestato a due coniugi di [[Altofonte]] che aveva usato come prestanome.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Zone d’ombra| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | ppp=115-116| ISBN=9788822720573 }}</ref>
 
L'8 agosto [[2015]] i giudici della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo accolgono la richiesta della Procura distrettuale disponendo il sequestro di beni intestati ai prestanome del pentito ma a lui finanziariamente riconducibili. In realtà Brusca si è smascherato da solo con una lettera inviata a un imprenditore in cui ammetteva di «aver omesso spudoratamente di riferire di quei beni ai giudici».<ref>{{Cita web|url=http://www.ilgiornale.it/news/politica/smascherato-pentito-brusca-ecco-tesoro-nascosto-ai-pm-1159330.html|titolo=Smascherato il pentito Brusca: ecco il tesoro nascosto ai pm|autore=Simone Di Meo|editore=[[il Giornale]]|data=8 agosto 2015|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150811013100/http://www.ilgiornale.it/news/politica/smascherato-pentito-brusca-ecco-tesoro-nascosto-ai-pm-1159330.html|dataarchivio=11 agosto 2015|urlmorto=no}}</ref>
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Nel [[2016]] interviene l'assoluzione definitiva nel processo, il reato di estorsione viene derubricato in tentativo di violenza privata, mentre la questione relativa all'intestazione fittizia di beni era andata prescritta e all'ex boss furono restituiti {{formatnum:200000}} euro che gli erano stati sequestrati. Successivamente i permessi premio vennero ripristinati, permettendogli di trascorrere in media cinque giorni al mese fuori dal carcere.
 
Per gli ultimi mesi dell’anno 2016 Brusca è tornato a casa in stato di libertà godendo di un permesso premio, sotto la sorveglianza del Gruppo Operativo Mobile della polizia penitenziaria. Rientrato nel [[carcere di Rebibbia]] l’8 gennaio per partecipare in videoconferenza all’udienza del [[processo sulla trattativa Stato-mafia]] nella doppia veste di testimone e imputato. La notizia del permesso premio creò non poco scompiglio, ma Brusca replicò duramente alle polemiche tramite i suoi avvocati sostenendo: “''Sono cambiato, sono una persona diversa. Non sono più il crudele uomo di mafia di vent’anni fa''.” E inoltre i permessi ottenuti “''sono regolari e disciplinati dall’ordinamento penitenziario''.” Il cambiamento radicale interiore oltreché estetico (dimagrì di almeno venti chili e perse quasi tutti i capelli) sarebbe arrivato grazie a un isolamento lunghissimo - quasi vent’anni - e alla passione per le letture e lo studio della Storia contemporanea. L’avvocato della famiglia Di Matteo e Tina Montinaro, vedova del capo scorta di Falcone morto anch’egli a Capaci, manifestarono il loro disappunto riguardo al pentimento e alla concessione del permesso premio. L’ex PM [[Antonio Ingroia]] avanzò dei dubbi sull’atteggiamento tenuto da Brusca: “''Non ha raccontato tutta la verità su come si svolsero i fatti nel “dietro le quinte” della stagione delle stragi e della trattativa; ci sono delle zone d’ombra nelle sue dichiarazioni''”.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il ritorno in libertà| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | ppp=116-117| ISBN=9788822720573 }}</ref>
 
Brusca ha quindi più volte richiesto gli arresti domiciliari, senza successo.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/cronaca/2019/10/07/news/mafia_giovanni_brusca_chiede_di_nuovo_i_domiciliari_e_la_procura_nazionale_antimafia_e_ravveduto_-237881149/|titolo=Mafia, Giovanni Brusca resta in carcere. La Cassazione boccia la richiesta dei domiciliari|autore=|editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=8 ottobre 2019|citazione=[[Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo|La Procura Nazionale Antimafia]] aveva invece dato parere favorevole: "Si è ravveduto". La reazione di Maria Falcone: "Inaccettabile la concessione di sconti ulteriori a chi si è macchiato di delitti tanto efferati. [[Pietro Grasso|Grasso]]: "Ha rotto i legami con Cosa nostra e aiutato a scoprire la verità"|accesso=8 ottobre 2019||urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191010065326/https://www.repubblica.it/cronaca/2019/10/07/news/mafia_giovanni_brusca_chiede_di_nuovo_i_domiciliari_e_la_procura_nazionale_antimafia_e_ravveduto_-237881149/|dataarchivio=10 ottobre 2019|urlmorto=no}}</ref>