Paolo Ruffilli: differenze tra le versioni
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== Biografia ==
Nato a Rieti, ma originario di [[Forlì]], si è laureato in Lettere all'[[Università di Bologna]]. Ha pubblicato numerosi volumi di poesia, ed è il curatore di edizioni delle'' [[Operette morali]] '' di [[Giacomo Leopardi]], della traduzione foscoliana del ''[[Viaggio sentimentale]]'' di Sterne, delle'' [[Confessioni di un italiano]]'' di [[Ippolito Nievo]] e di un'antologia di ''Scrittori garibaldini''. Ha tradotto testi di Gibran, Tagore, i Metafisici inglesi, Mandel'štam e la''
Autore di romanzi e di racconti, è conosciuto a livello internazionale per i suoi libri di versi tradotti in molte lingue. Nel [[2002]] ha vinto il [[premio Laudomia Bonanni]] con ''La gioia e il lutto''. Con ''Camera oscura'', del 1992, ha ottenuto il [[Premio Dessì]] 1993<ref>{{Cita web|url = http://www.fondazionedessi.it/FGD_P_ADPremi.html|titolo = Albo D'oro Vincitori Premio Letterario|sito = fondazionedessi.it|accesso = 21 maggio 2019|dataarchivio = 1 agosto 2018|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20180801124920/http://www.fondazionedessi.it/FGD_P_ADPremi.html|urlmorto = sì}}</ref>; con ''Le stanze del cielo'' (2008) è stato omaggiato con il [[Premio Nazionale Letterario Pisa]],<ref>{{Cita web|url = http://www.premionazionaleletterariopisa.onweb.it/it/albo-doro|titolo = Albo d'oro|sito = premionazionaleletterariopisa.onweb.it|accesso = 7 novembre 2019}}</ref> e il [[Premio Nazionale Rhegium Julii]].<ref>{{Cita web|url = https://circolorhegiumjulii.wordpress.com/i-premi/premio-rhegium-julii-edito/albo-doro/|titolo = premio Rhegium Julii|sito = circolorhegiumjulii.wordpress.com|accesso = 3 novembre 2018}}</ref> Con ''Variazioni sul tema'' nel 2014 e con '' Le cose del mondo'' nel 2020 ha ottenuto il Premio Viareggio Giuria. Il romanzo ''Preparativi per la partenza'' (2003) è stato finalista al [[Premio Bergamo (letteratura)|Premio Bergamo]].<ref>{{Cita web|url = http://legacy.bibliotecamai.org/cataloghi_inventari/opere_stampa/raccolte_librarie/catalogo_premio_bergamo.html|titolo = RACCOLTA PREMIO NAZIONALE DI NARRATIVA BERGAMO|sito = legacy.bibliotecamai.org|accesso = 7 maggio 2019}}</ref>
Ha collaborato alle pagine culturali dei quotidiani tra cui ''[[Il Resto del Carlino]]'', ''[[Il Giornale]]'', ''[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]'',''[[Il Gazzettino]]''. Per vent'anni ha lavorato per l'editore [[Garzanti]] ed è attualmente il direttore della collana «Biblioteca dei Leoni».
È stato curatore dell'antologia on-line "La Poesia Italiana Contemporanea, dal Primo Novecento a oggi"<ref>{{Cita web|url=https://www.italian-poetry.org/paolo-ruffilli/|titolo=Italian Poetry: Paolo
Ruffilli|sito=https://www.italian-poetry.org|accesso = 24 settembre 2024}}</ref> con [[Alberto Bevilacqua]], [[Luciano Erba]], [[Giuliano Gramigna]], [[Alfredo Giuliani]], [[Mario Luzi]], [[Elio Pagliarani]], [[Giovanni Raboni]], [[Edoardo Sanguineti]].
Vive a [[Treviso]] dal [[1972]].
== Poetica ==
La partitura musicale è la chiave per interpretare la poesia di Ruffilli. La sua riconosciuta "leggerezza" è l'effetto e la virtù di una misura appunto musicale che consente all'autore qualsiasi scelta proprio perché per via di musica ogni sua scelta si traduce immediatamente in una soluzione. È la musica che consente a Ruffilli di dar voce felicemente a qualsiasi tema e argomento di cui voglia parlare, anche il più ostico e apparentemente impronunciabile. È la musica che consente dunque di pronunciare le cose più ardue, rendendole semplici e coinvolgenti. Il poeta Ruffilli è un musicista e trascina nella sua musica sempre le cose che contano, parlando insieme al cuore e alla testa. ([[Luigi Baldacci]])
Sappiamo da Blanchot che lo spazio della scrittura è spazio di morte. E Ruffilli può essere preso come caso singolo e singolare del modo in cui la lettera poetica sempre si dimostra lettera della trafittura, dopo essere stata per un attimo più o meno prolungato lettera della luminosità. Non è frequente trovare effetti così inquietanti in un contesto apparentemente disteso e in aria di altrettanta leggerezza. La forza di questa poesia è nell’angosciare il lettore, incantandolo. E bene il poeta rappresenta, di riflesso e per piccole scaglie ingiallite, l’ "inferno" borghese: le manie, i vuoti, le crudeltà, certa follia, galleggianti oltre il decoro e la discrezione. È per quella legge dell’antifrasi, per cui tanto più è spietato il dettato, quanto più è affabile. E non si può non concordare totalmente con l’autore sulla natura tragica (eppure indicibile e pronunciabile solo per brevi formule volatili) dell’esistenza.
Nel suo concedersi all'uso della norma, Ruffilli è altamente trasgressivo e riesce a dire, appunto normalmente, le cose più indicibili senza mai sottrarre dignità alle persone. Solo le rime con il loro solfeggio leggero tornano a suggerire una possibile, risorgente ironia e la distanza, portata non dalla sazietà, ma dall'implacabile intelletto. Tutto diventa musica e proprio per questo si riesce a pronunciare l’indicibile. Quella lieve musica dal ritmo sincopato, fatta anche o perfino di cocci e vetri rotti. (Daria Galateria)
Nella poesia di Ruffilli accade qualcosa che molto raramente si ritrova nell’esperienza egocentrica dei poeti che pure riescono spesso a trasformare in valenza universale la loro dimensione più individuale. Ruffilli, istintivamente, mette sempre in rapporto ciò a cui dà voce con il contesto sociale in cui si muove e parla. E può darsi che sia l’effetto dell’inclinazione narrativa sulla sua vocazione di poeta. Ma è un fatto che, fuori da qualsiasi volontarismo, la sua poesia è sempre anche “civile”, di qualsiasi tema tratti (e non c’è tema, per lui, che non sia adatto a far poesia). E il riscontro civile, o se si vuole collettivo, è la conseguenza indotta e il valore aggiunto della già di per sé validissima ricerca di una poesia che ha insieme i sapori forti della vita e il ritmo implacabile del pensiero in una musica inconfondibile e direi irriducibile, unica nel suo genere da noi; una musica elegante e rarefatta che mi ha sempre colpito e coinvolto, tra [[Béla Bartók]] e il cool jazz. (Alfredo Giuliani)
Ruffilli è tipicamente quello che i tedeschi chiamano un "poeta di pensiero", ma il pensiero non si svolge, appunto, per continuità e grandi arcate, ma per frammenti e contrazioni, prese d'atto e rilanci. Non molto diverso, a guardar bene, l'uso della rima, che essendo fitta e dichiaratamente "facile" non ha, in linea di massima, un ruolo espressivo, raggrumante, ma - se così si può dire - di "appoggio" alla dizione e quasi di punteggiatura. La realtà, per Ruffilli, è in fondo tale solo se pensata dal soggetto. E questa, detto per inciso, è una delle ragioni per cui egli non può essere affatto omologato ai "lombardi", che nelle "cose" credono. C'è sì qualche ritorno di Rèbora. Come già indicato da Raboni c'è poi fra le righe, e molto di più, Caproni, l'outsider, il narratore melodico ma insieme antimelodico. Dunque, realtà pensata. E quindi dominano, gli astratti. Per pensare poeticamente, è chiaro, Ruffilli ha bisogno che la realtà sia messa fra parentesi, stilizzata in categorie, ritirata in qualche modo nella mente che la classifica appena i suoi dati concreti fanno capolino; pensare comporta chiudere gli occhi, braccare mentalmente, per poi sostarvi, le essenze e i destini dei fenomeni. Per quante vie si può comprovare l'evidenza che questo è un poeta della linea "metafisica" o mentalistica, e non di quella postsimbolista o orfica. Una è per esempio quella delle metafore, che qui non volano alto ma basso. La realtà non è dunque trascesa per via di immaginazione libertina, ma di pensiero, al cui servizio si pone, costringendosi, l'immaginazione. (Pier Vincenzo Mengaldo)
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