Impero partico: differenze tra le versioni

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L{{'}}'''Impero partico''' o '''arsacide''' fu una delle potenze politiche e culturali iraniche nell'[[Persia|antica Persia]].<ref>{{cita|Waters 1974|p. 424}}.</ref> Era retto dalla [[Arsacidi di Partia|dinastia arsacide]], fondata da [[Arsace I]],<ref>{{cita|Brosius 2006|p. 84}}.</ref> capo della [[tribù]] [[Popoli nomadi|nomade]] scitico[[sciti]]co-iranica dei [[Dahai|Parni]], che fondò l'Imperoimpero a metà del [[III secolo a.C.]] conquistando la [[Partia (satrapia)|Partia]],<ref>{{cita|Bickerman 1983|p. 6}}: "Roughly western [[Khorasan|Khurasan]]" (all'incirca il Khurasan occidentale").</ref> nel nord-est dell'[[Iran]], una [[satrapia]] allora in rivolta contro l'[[Impero seleucide]]. Sotto [[Mitridate I di Partia]] l'impero si espanse conquistando la [[Medi]]a e la [[Mesopotamia]] a danno dei Seleucidi. Al suo culmine ([[I secolo a.C.]]), si estendeva dall'[[Eufrate]] (odierna Turchia sud-est) all'Iran orientale. Era attraversato dalla [[Via della seta]], che collegava l'[[Impero romano]] nel [[bacino del Mediterraneo]] e l'[[Dinastia Han|Impero Han]] della [[Cina]], e conobbe fiorenti traffici commerciali.
 
I Parti assorbirono vari aspetti delle civiltà dei popoli sottomessi, specie quelle [[Cultura persiana|persiana]] ed [[Civiltà ellenistica|ellenistica]]. Con il passare dei secoli la civiltà persiana prevalse su quella ellenistica, che fu abbandonata nel corso degli anni, anche se mai del tutto. I re arsacidi erano detti "[[re dei re]]" e si dicevano eredi dell'[[Impero achemenide]]. Ne differivano però per un sistema di governo più decentrato: molte regioni erano governate da re vassalli, non da [[satrapi]]. Con l'espansione dell'Impero, la sede del governo fu spostata da [[Nisa (città)|Nisa]], in [[Turkmenistan]], a [[Ctesifonte]] lungo il [[Tigri]] (poco a sud dell'odierna [[Baghdad]], Iraq); varie altre città furono capitale per breve tempo.
 
I primi nemici dei Parti furono i [[Seleucidi]] ad ovest e gli [[Sciti]] ad est. Tuttavia, man mano che la Partia si espanse ad ovest, venne a scontrarsi con il [[Regno d'Armenia]], e poi con [[Storia romana|Roma]]. Roma e la Partia si contesero per secoli il controllo indiretto sul [[Regno cliente (storia romana)|regno cliente]] di [[Regno d'Armenia|Armenia]]. I [[Guerre romano-partiche|conflitti tra le due potenze]], combattuti in Armenia, Siria ed in Mesopotamia, finirono in nulla, e nessun contendente riuscì a togliere territori stabilmente all'altro. Le frequenti guerre civili tra i contendenti al trono partici furono più pericolose delle invasioni straniere, e l'Impero dei Parti cadde quando [[Ardashir I]], un re vassallo dei Parti, si rivoltò contro gli Arsacidi e ne detronizzò l'ultimo re, [[Artabano IV]],. nelNel 224 d.C. Ardashir fondò l'[[Impero sasanide]], destinato a governare l'Iran e larga parte del [[Vicino Oriente]] fino alle [[espansione islamica|conquiste islamiche]] del [[VII secolo d.C.]], anche se la dinastia arsacide si perpetuò nella [[Arsacidi d'Armenia|dinastia arsacide di Armenia]].
 
Le fonti native partiche, scritte in [[lingua partica|partico]], in [[lingua greca|greco]], nonché in numerosi altri idiomi, sono assai poche se comparate a quelle sasanidi o achemenidi. A parte poche tavole [[cuneiformi]], [[ostraca]] frammentari, iscrizioni su roccia, [[dracma]], ed alcuni altri documenti, molta della storia dei Parti è pervenuta solo tramite fonti estere, [[storiografia greca|greche]] e [[storiografia romana|romane]], ma anche [[storiografia cinese|cinesi]]. L'arte partica è considerata dagli studiosi una fonte valida per lo studio e per la comprensione di quegli aspetti della società e della cultura partica che non sono trattati nelle altre fonti.
 
== Storia ==
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{{Vedi anche|Arsacidi di Partia}}
 
IlNon è chiaro perché la corte arsacide abbia scelto retroattivamente il 247&nbsp;a.C. come il primo anno dell'era arsacide non è chiaro. Alcuni studiosi, come Vesta Sarkhosh Curtis, asseriscono che il 247 a.C. fu semplicemente l'anno in cui Arsace venne nominato capo tribale dei Parni;<ref name="curtis_2007_7">{{cita|Curtis 2007|p. 7}}.</ref> altri studiosi, come Homa Katouzian<ref name="katouzian_2009_41">{{cita|Katouzian 2009|p. 41}}.</ref> e Gene Ralph Garthwaite,<ref name="garthwaite_2005_67">{{cita|Garthwaite 2005|p. 67}}.</ref> sostengono, invece, che fu in quell'anno che Arsace conquistò la Partia ed espulse le autorità seleucidi; altri studiosi ancora, come Curtis<ref name="curtis_2007_7"/> e Maria Brosius,<ref name="brosius_2006_85">{{cita|Brosius 2006|p. 85}}.</ref> ritengono che Andragora fusia stato rovesciato dagli Arsacidi solo nel 238&nbsp;a.C. [[Adrian David Hugh Bivar]] conclude che Arsace I conquistò la regione intorno al 238 a.C., ma "retrodatò i suoi anni di regno" al momento in cui i Seleucidi persero il controllo della Partia a causa della rivolta del loro [[satrapo]] [[Andragora]] (247 a.C.).<ref name="bivar_1983_28-29">{{cita|Bivar 1983|pp. 28-29}}.</ref>
 
Non è ben chiaro chi fusia stato il successore di Arsace I, anche a causa delle discordanze tra le fonti: secondo i frammenti della ''Parthica'' di [[Arriano]], alla morte di Arsace I gli succedette il fratello Tiridate I, a sua volta succeduto dal figlio Artabano I; per lo storico romano [[Marco Giuniano Giustino|Giustino]], invece, il successore di Arsace I fu il figlio [[Arsace II di Partia|Arsace II]]. In passato, sulla base dell'autorevole parere dello studioso polacco Jozef Wolski, la versione di Arriano è stata respinta a favore del racconto di Giustino da molta della storiografia moderna, per la quale Tiridate I era da considerarsi un sovrano leggendario e Arsace I avrebbe in realtà regnato dal 246 a.C. fino al 211 a.C., succeduto dal figlio Arsace II. Recentemente, tuttavia, la teoria che ad Arsace I succedette il fratello e non il figlio è tornata in auge in seguito al rinvenimento di un'''ostraca'' nel corso di scavi archeologici, che attesta che [[Friapazio]] fosse il "figlio del nipote di Arsace", suggerendo che effettivamente suo padre Artabano I/Arsace II non era figlio di Arsace I, come sostenuto da Giustino, bensì figlio del fratello, come sostenuto da Arriano; sulla base di quest'''ostraca'', Bivar conclude che la versione di Arriano non può essere respinta del tutto.<ref>{{cita|Bivar 1983|pp. 29-31}}.</ref> Gli studiosi sono tuttora divisi tra chi, come Katouzian,<ref name="katouzian_2009_41"/> ritiene che ad Arsace I succedette il fratello [[Tiridate I di Partia|Tiridate I]], e chi, come Curtis<ref name="curtis_2007_8">{{cita|Curtis 2007|p. 8}}.</ref> e Brosius,<ref name="brosius_2006_86">{{cita|Brosius 2006|p. 86}}.</ref> sostiene che Arsace II fu l'immediato successore di Arsace I. Anche le date di inizio regno e fine regno sono incerte: Curtis sostiene che il regno di Arsace II ebbe inizio nel 211&nbsp;a.C., mentre per Brosius ciò avvenne nel 217&nbsp;a.C. Come osserva Bivar, il 138&nbsp;a.C., l'ultimo anno di regno di Mitridate I, è "la prima data di regno della storia dei Parti che è possibile determinare con precisione."<ref>{{cita|Bivar 1983|p. 36}}.</ref> A causa di queste e altre discrepanze, Bivar ha redatto due distinte cronologie dei re accettate dagli storici.<ref name="bivar_1983_98-99">{{cita|Bivar 1983|pp. 98-99}}.</ref>
 
[[File:Rome-Seleucia-Parthia 200bc.jpg|thumb|upright=1.4|La [[Partia (satrapia)|Partia]], in giallo, l'[[Seleucidi|Impero seleucide]] (blu) e la [[Repubblica romana]] (viola) nel 200&nbsp;a.C.]]
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Mentre i Parti riconquistavano i territori perduti in occidente, un'altra minaccia sorse ad oriente. Nel 177-176&nbsp;a.C. la confederazione nomade [[Xiongnu]] scacciò gli [[Yuezhi]] dalle loro terre, corrispondenti all'odierna provincia di [[Gansu]] in Cina nordoccidentale;<ref>{{cita|Torday 1997|pp. 80-81}}.</ref> gli Yuezhi di conseguenza migrarono ad occidente in Bactria e scacciarono le tribù [[Saci|Saka]] (Sciti), a loro volta costrette a spostarsi ulteriormente ad occidente, dove invasero le frontiere nordorientali dell'Impero partico.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 76}}; {{cita|Bivar 1983|pp. 36-37}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 89, 91}}.</ref> Il re partico Mitridate fu quindi costretto a ritirarsi in Ircania dopo aver conquistato la Mesopotamia.<ref name="brosius_2006_89">{{cita|Brosius 2006|p. 89}}.</ref>
 
Alcuni dei Saka vennerofurono arruolati nell'esercito di Fraate inviato contro Antioco. Tuttavia, arrivarono troppo in ritardo per essere impiegate nel conflitto. Poiché Fraate si rifiutò di pagarli, i Saka si rivoltarono, rivolta che il re partico tentò di reprimere con l'aiuto di ex soldati seleucidi, ma anche questi abbandonarono Fraate e unirono le forze con i Saka.<ref>{{cita|Bivar 1983|p. 38}}; {{cita|Garthwaite 2005|p. 77}}.</ref> Fraate II marciò contro questa coalizione, ma fu vinto ed ucciso in battaglia.<ref>{{cita|Bivar 1983|pp. 38-39}}; {{cita|Garthwaite 2005|p. 77}}; {{cita|Curtis 2007|p. 11}}; {{cita|Katouzian 2009|p. 42}}.</ref> Il suo successore [[Artabano I]] (''r''. ''c''.&nbsp;128-124&nbsp;a.C.) condivise una sorte simile combattendo i nomadi in oriente: lo storico romano Giustino sostiene che Artabano fu ucciso dai [[Tocari]] (identificati con gli Yuezhi), ma, secondo taluni studiosi, questa affermazione è poco plausibile ed è possibile che Giustino li abbia confusi con i Saka; in ogni caso, Bivar sostiene che, data la laconicità delle informazioni fornite dalle fonti, sarebbe preferibile mantenersi aderenti ad esse il più possibile.<ref>{{cita|Bivar 1983|pp. 38-39}}.</ref> [[Mitridate II di Partia]] (r. ''c''.&nbsp;124-90&nbsp;a.C.) recuperò in seguito le terre perdute a vantaggio dei Saka in [[Sistan]], riuscendo non solo a rendere sicure le frontiere orientali contro i nomadi, ma persino ad espandere l'Impero.<ref>{{cita|Bivar 1983|pp. 40-41}}; {{cita|Katouzian 2009|p. 42}}.</ref>
 
[[File:Silk from Mawangdui 2.jpg|thumb|left|Seta cinese da [[Mawangdui]], [[II secolo a.C.]], [[dinastia Han]]; la seta proveniente dalla Cina era forse la merce di lusso più lucrosa che i Parti commerciavano nell'estremità occidentale della [[Via della seta]].<ref name="garthwaite_2005_78">{{cita|Garthwaite 2005|p. 78}}.</ref>]]
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[[File:Roman HanEmpiresAD1.png|thumb|upright=1.4|L'[[Impero romano]] (a sinistra in rosa), l'Impero dei Parti (al centro in marrone) e l'[[Impero cinese]] (a destra in giallo). Tra i Parti e i Cinesi si trovava l'[[Impero Kushan]].]]
 
Nel 97&nbsp;d.C., il generale cinese [[Ban Chao]], il protettore generale delle [[Xiyu|Regioni Occidentalioccidentali]], inviò il suo emissario [[Gan Ying]] in missione diplomatica per raggiungere l'Impero romano. Gan visitò la corte di [[Pacoro II]] a Ecatompilo prima di partire per Roma.<ref name="watson_1983_543-544">{{cita|Watson 1983|pp. 543-544}}.</ref> Si spinse ad occidente fino al [[Golfo Persico]], dove le autorità partiche lo convinsero che un viaggio arduo via mare lungo la penisola araba fosse l'unico modo per raggiungere Roma.<ref>{{cita|Watson 1983|pp. 543-544}}; {{cita|Yü 1986|pp. 460-461}}; {{cita|de Crespigny 2007|pp. 239-240}}; cfr. anche {{cita|Wang 2007|p. 101}}.</ref> Scoraggiato da ciò, Gan Ying ritornò alla corte Han e fornì all'imperatore [[Hedi]] degli Han (''r''.&nbsp;88-105&nbsp;d.C.) un resoconto dettagliato dell'Impero romano basato sui resoconti orali dei Parti che lo ospitarono.<ref>{{cita|Wood 2002|pp. 46-47}}; {{cita|Morton & Lewis 2005|p. 59}}.</ref> William Watson specula che i Parti non vedessero con favore i vani tentativi dell'Impero Han di aprire relazioni diplomatiche con Roma, soprattutto in seguito alle [[Guerra sino-xiongnu|vittorie militari]] di Ban Chao contro gli [[Xiongnu]] nel [[bacino del Tarim]].<ref name="watson_1983_543-544"/> In ogni modo, fonti cinesi attestano che un'[[relazioni diplomatiche sino-romane|ambasceria romana]], forse solo un gruppo di [[commercio della civiltà romana|mercanti romani]], arrivò alla capitale Han [[Luoyang]] nel 166&nbsp;d.C., durante i regni di [[Marco Aurelio]] (''r''. 161-180&nbsp;d.C.) e dell'Imperatore [[Huandi]] degli [[Dinastia Han#La dinastia degli Han Orientali|Han Orientali]] (''r''. 146-168&nbsp;d.C.).<ref>{{cita|Yü 1986|pp. 460-461}}; {{cita|de Crespigny 2007|p. 600}}.</ref>
 
=== Continuazione delle ostilità e declino dei Parti (58-224) ===
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Capitale dell'antica ''Partia'' era ''[[Hecatompylos]]'' (letteralmente "''città delle cento porte''"),<ref name="PlinioNatHistVI,44">[[Plinio il Vecchio]], VI, 44.</ref> al centro del territorio originario.<ref name="PlinioNatHistVI,113"/> Altre importanti città di quella che una volta rappresentava una [[Partia (satrapia)|satrapia]] dell'Impero degli [[Achemenidi]], e quindi territorio originario degli antichi ''Parthi'' erano: [[Calliope (Partia)|Calliope]] e ''[[Issatis]]'' (nella parte occidentale, a protezione dei [[Medi]]),<ref name="PlinioNatHistVI,44"/> ''[[Pyropum]]'' (nella parte sud-est),<ref name="PlinioNatHistVI,113"/> ''Maria'' (a sud-est),<ref name="PlinioNatHistVI,113"/> Arsace ed ''Alexandria'' (nella regione della ''[[Nisiaea]]'').<ref name="PlinioNatHistVI,113"/>
 
Attorno alla seconda metà del [[II secolo a.C.]] i Parti fondarono la nuova capitale, ''[[Ctesifonte]]'', di fronte alla città di ''[[Seleucia sul Tigri|Seleucia]]'' (che Plinio racconta avesse una popolazione assai numerosa, di circa {{formatnum:600000}} abitanti), sulla riva opposta del fiume [[Tigri]] (a soli 5 km circa).<ref name="PlinioNatHistVI,122">[[Plinio il Vecchio]], VI, 122.</ref> Più tardi, il "[[re dei re]]", [[Vologase I di Partia|VolagaseVologase I]], fondò nelle vicinanze una nuova e terza città chiamata ''[[Vologesocerta]]''.<ref name="PlinioNatHistVI,122"/> In linea di principio i Parti non seguirono il modello urbanistico greco-romano, che prevedeva lo sviluppo delle città su pianta ortogonale, al contrario preferirono uno sviluppo su base circolare.<ref>Arborio Mella 1980, p. 342.</ref>
 
L'Impero dei Parti era composto da diciotto regni al tempo di [[Plinio il Vecchio]] ([[I secolo|I secolo d.C.]]).<ref name="PlinioNatHistVI,112">[[Plinio il Vecchio]], VI, 112.</ref> Si estendeva dal [[Golfo Persico]], a sud, al [[Mare Ircanio]] ed alla catena del [[Caucaso]], a nord.<ref name="PlinioNatHistVI,41">[[Plinio il Vecchio]], VI, 41.</ref> I regni sono poi divisi in "superiori", in numero di undici, ed "inferiori" in numero di sette.<ref name="PlinioNatHistVI,112"/> I regni superiori confinavano a nord con il [[regno d'Armenia]], il [[Mare Ircanio]] e gli [[Sciti]], con i quali "''i Parti vivevano su un piano di parità''".<ref name="PlinioNatHistVI,112"/>
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L'estensione del patronato arsacide dello [[zoroastrismo]] è dibattuto nella storiografia moderna: il [[Mazdaismo]] si era evoluto in una prima forma di Zoroastrismo già in epoca partica, ma non è chiaro fino a quale portata la corte arsacide aderì a questa religione.<ref>{{cita|Katouzian 2009|p. 45}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 102-103}}.</ref> I seguaci di [[Zoroastro]] avrebbero trovato i sacrifici sanguinolenti di alcuni culti persiani di epoca partica inaccettabili.<ref name="katouzian_2009_45"/> Tuttavia vi è evidenza che Vologese I abbia favorito la presenza di sacerdoti [[magi (zoroastrismo)|magi]] zoroastriani a corte e abbia promosso la redazione dei testi sacri dello Zoroastrismo che successivamente formarono l'[[Avestā]]; va tuttavia osservato che la maggioranza degli specialisti in materia è incline a respingere la teoria che un testo scritto dell'Avesta esistesse già in epoca arsacide, asserendo, invece, che i contenuti di questi testi sacri venissero trasmessi, almeno inizialmente, per via orale.<ref>{{cita|Bivar 1983|pp. 85-86}}; {{cita|Garthwaite 2005|pp. 80-81}}; {{cita|Duchesne-Guillemin 1983|p. 867}}.</ref> La corte sasanide avrebbe in seguito adottato lo Zoroastrismo come religione ufficiale di stato dell'Impero.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 67}}; {{cita|Asmussen 1983|pp. 928, 933-934}}.</ref>
 
Anche se il profeta [[Mani (profeta)|Mani]] (216-276 d.C.) fondò il [[Manicheismo]] solo nel 228/229 d.C., agli inizi del periodo sasanide, Bivar ritiene che ci sia un collegamento con la fine della dinastia arsacide; egli sostiene che la sua nuova fede conteneva "elementi di credenze [[Mandeismo|mandeitemandee]], cosmogonia iranica, e persino echi di Cristianesimo... [Essa] potrebbe essere considerata come una riflessione tipica delle dottrine religiose miste del tardo periodo arsacide, che l'ortodossia zoroastriana dei Sasanidi avrebbe presto spazzato via"; secondo il suddetto Bivar, il Manicheismo sarebbe nato proprio a causa della caduta della dinastia arsacide, in quanto Mani, colpito dai vani tentativi di restaurare la dinastia arsacide, avrebbe deciso di fondare una nuova religione "che avrebbe riaffermato i valori arsacidi" almeno in ambito religioso; secondo Bivar il Manicheismo può essere considerato, pertanto, "una delle ultime manifestazioni di pensiero arsacide".<ref>{{cita|Bivar 1983|p. 97}}.</ref>
 
Vi è scarsa evidenza archeologica per la diffusione del [[Buddhismo]] dall'[[Impero Kusana]] all'Iran vero e proprio; secondo Emmerick, "su basi archeologiche sembra possibile dedurre che non fiorì mai a ovest della linea congiungente Balch con Qandahar", implicando che la diffusione del Buddhismo nell'Impero partico fu limitata alle regioni orientali.<ref>{{cita|Emmerick 1983|p. 957}}.</ref> Tuttavia, è noto da fonti cinesi che alcuni monaci buddhisti partici rivestirono un ruolo determinante nella diffusione del Buddhismo in Cina: viene menzionato ad esempio [[Ān Shìgāo]] ([[II secolo]] d.C.), nobile partico e monaco buddhista, che viaggiò fino a [[Luoyang]] nella Cina Han come [[trasmissione del Buddismo tramite la via della seta|missionario buddhista]] e tradusse alcuni sutra del [[canone buddhista]] in [[lingua cinese|Cinese]].<ref>{{cita|Demiéville 1986|p. 823}}; {{cita|Zhang 2002|p. 75}}.</ref>
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{{Vedi anche|Lingua partica}}
 
I Parni molto probabilmente parlavano una lingua iranica orientale, descritta dalle fonti antiche come una via di mezzo tra il medo e lola scitolingua scita, in aperto contrasto con la lingua iranica nordoccidentale parlata all'epoca in [[Partia (satrapia)|Partia]].<ref>{{cita|Bivar 1983|p. 24}}; {{cita|Brosius 2006|p. 84}}.</ref> Dopo aver conquistato la regione, i Parni adottarono il [[lingua partica|partico]] come lingua ufficiale di corte, parlandolo oltre al [[lingua pahlavi|Medio Persiano]], [[lingua aramaica|Aramaico]], [[lingua greca|Greco]], [[lingua accadica|Babilonese]], [[lingua sogdiana|Sogdiano]] e altre lingue dei territori multietnici che avrebbero conquistato nei secoli successivi.<ref>{{cita|Curtis 2007|pp. 7-8}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 83-84}}.</ref> La lingua partica era scritta con caratteri distinti derivanti dai [[alfabeto aramaico|caratteri adoperati dalla cancelleria imperiale aramaica]] degli Achemenidi, e che successivamente si trasformarono nel [[scrittura Pahlavi|sistema di scrittura Pahlavi]].<ref>{{cita|Boyce 1983|pp. 1151-1152}}.</ref>
 
== Cultura ==
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Resoconti locali ed esteri, come anche fonti non scritte, come rinvenimenti archeologici, sono stati adoperati per ricostruire la storia dei Parti.<ref name="widengren_1983_1261-1262">{{cita|Widengren 1983|pp. 1261-1262}}.</ref> Anche se la corte partica conservava i registri, i Parti trascurarono lo studio sistematico della propria [[storia]]; la prima [[storia universale]] dell'Iran, il ''[[Khwaday-Namag]]'', fu completata solo durante il regno dell'ultimo [[Scià|Shahanshah]] sasanide [[Yazdegerd III]] (r. 632-651&nbsp;d.C.).<ref>{{cita|Yarshater 1983|p. 359}}.</ref> Le [[fonte primaria|fonti]] indigene riguardanti la storia partica sono molto poche, molto meno rispetto a qualsiasi altro periodo della storia della Persia.<ref name="widengren_1983_1261">{{cita|Widengren 1983|p. 1261}}.</ref> La maggior parte dei resoconti scritti coevi sulla Partia è costituita da iscrizioni in greco, partico o aramaico.<ref name="garthwaite_2005_75-76">{{cita|Garthwaite 2005|pp. 75-76}}.</ref>
 
Le fonti di maggior valore per la ricostruzione di una accurata cronologia dei re arsacidi sono i [[dracma]] di metallo fatte battere da ogni re.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 67}}; {{cita|Widengren 1983|p. 1262}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 79-80}}.</ref> Queste rappresentano una "transizione dai resti non-testuali a quelli testuali", secondo lo storico Geo Widengren.<ref name="widengren_1983_1262">{{cita|Widengren 1983|p. 1262}}.</ref> Altre fonti partiche adoperate per ricostruire la loro cronologia comprendono tabelle astronomiche in caratteri [[cuneiformi]] e colophon rinvenuti a Babilonia.<ref name="widengren_1983_1265">{{cita|Widengren 1983|p. 1265}}.</ref> Fonti scritte indigene comprendono inoltre [[iscrizioni]] in pietra, [[pergamene]] e [[papiri]], oltre a ''[[ostraca]]'' di ceramica.<ref name="widengren_1983_1262"/> Tali fonti scritte indigene forniscono inoltre informazioni determinanti per la conoscenza di vari aspetti della civiltà partica: per esempio, il rinvenimento di ''ostraca'' di ceramica nella capitale partica (primo periodo) di Mithradatkert/Nisa in Turkmenistan ha permesso ai studiosi di reperire informazioni utili sulla vendita e sul deposito di merce come il vino in epoca partica;<ref>{{cita|Garthwaite 2005|pp. 75-76}}; {{cita|Widengren 1983|p. 1263}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 118-119}}.</ref> insieme alle pergamene rinvenute in siti come Dura-Europos, queste ostraca di ceramica forniscono inoltre informazioni di valore sull'amministrazione e sul governo partico, come l'organizzazione delle province o il sistema fiscale, nonché sui titoli militari in uso all'epoca.<ref>{{cita|Widengren 1983|p. 1263}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 118-119}}.</ref>
 
Le opere storiche [[storiografia greca|greche]] e [[storiografia romana|latine]], che rappresentano la maggioranza dei materiali riguardanti la storia dei Parti, non sono considerate interamente attendibili perché scritte dalla prospettiva dei rivali e nemici in tempo di guerra.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|pp. 67, 75}}; {{cita|Bivar 1983|p. 22}}.</ref> Tali fonti estere in genere si soffermano sui principali avvenimenti militari e politici, trascurando spesso gli aspetti sociali e culturali della storia partica.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 75}}; {{cita|Bivar 1983|pp. 80-81}}.</ref> I Romani in genere dipingevano i Parti come guerrieri fieri ma anche come popolo culturalmente raffinato; l'inclusione di ricette di pietanze tipicamente partiche nel manuale di ricette del buongustaio romano [[Marco Gavio Apicio|Apicio]] esemplifica l'ammirazione da parte dei Romani per la cucina partica.<ref>{{cita|Kurz 1983|p. 564}}; cfr. anche {{cita|Brosius 2006|p. 138}} per ulteriori analisi: "Curiously, at the same time as the Parthian was depicted as uncivilised, he was also 'orientalised' in traditional fashion, being described as luxury-loving, leading an effeminate lifestyle, and demonstrating excessive sexuality." ("Curiosamente, allo stesso tempo in cui i Parti erano dipinti come incivilizzati, erano anche "orientalizzati" alla maniera tradizionale, venendo descritti come amanti della lussuria, effeminati e con eccessiva sessualità").</ref> [[Apollodoro di Artemita]] e [[Arriano]] scrissero delle storie che si soffermavano particolarmente sulla Partia, ma queste opere si sono perdute e sopravvivono solo in frammenti inclusi in altre opere storiche.<ref>{{cita|Widengren 1983|pp. 1261, 1264}}.</ref> [[Isidoro di Carace]], vissuto durante il principato di Augusto, fornisce un resoconto dei territori della Partia, probabilmente compilato utilizzando documenti ufficiali del governo partico.<ref name="widengren_1983_1264">{{cita|Widengren 1983|p. 1264}}.</ref> In minor dettaglio, diverse notizie importanti sulla storia dei Parti sono fornite nelle opere di [[Marco Giuniano Giustino]], [[Strabone]], [[Diodoro Siculo]], [[Plutarco]], [[Cassio Dione]], [[Appiano di Alessandria|Appiano]], [[Flavio Giuseppe]], [[Plinio il Vecchio]], e [[Erodiano]].<ref>{{cita|Widengren 1983|pp. 1265-1266}}.</ref>