Verità: differenze tra le versioni

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«2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14), egli è la “luce del mondo” (Gv 8,12), egli è la Verità [Gv 14,6]. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle tenebre” (Gv 12,46). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi [Gv 8,32 ] e che santifica [Gv 17,17]. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di verità” (Gv 14,17) che il Padre manda nel suo nome [Gv 14,26] e che guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l'amore incondizionato della verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt 5,37)».
 
La [[teologia cristiana]] poi, appropriandosi di gran parte del patrimonio filosofico elaborato soprattutto da [[Socrate]], [[Platone]], [[Aristotele]], [[Plotino]], ha più volte sostenuto l'irriducibilità della nozione di "verità" a quella di "[[dimostrabilità]]". Alcuni tra i più importanti [[dottore della Chiesa|dottori della Chiesa]], come [[Sant'Agostino d'Ippona|Agostino]], [[Anselmo d'Aosta]], [[Tommaso d'Aquino|Tommaso]], [[Bonaventura da Bagnoregio|Bonaventura]], [[Nicola Cusano|Cusano]], concepivanoconcepiscono la Verità come qualcosa di [[trascendente]], ovvero situata al di là del percorso [[logica|logico]]-[[dialettica|dialettico]] che occorre intraprendere per approdarvi, e quindi afferrabile tramite un atto [[intuizione|intuitivo]] che sfocia nella dimensione [[mistica]] dell'[[estasi]]. Una tale dimensione non si traducevatraduce comunque per costoro in un mero salto nell'irrazionale, quanto piuttosto nel sovra-razionale, in quella Verità assoluta che è [[Dio]] e in quanto tale sta a fondamento dell'ordine razionale dell'universo.<ref>In particolare per Tommaso, la verità è il fine ultimo dell'intero universo, il quale trova senso e spiegazione nell'intelletto di [[Dio]] che l'ha creato (cfr. Tommaso d'Aquino, ''Summa contra gentiles'', I, 1). Compito del sapiente è dunque quello di volgersi alla ricerca disinteressata della verità, come del resto la stessa divina Sapienza si è [[Incarnazione|incarnata]] «per rendere testimonianza alla Verità» (''[[Vangelo di Giovanni]]'', XVII, 37).</ref> La verità in definitiva venivaviene intesa non come un [[oggetto (filosofia)|oggetto]] o un'entità da possedere, bensì come [[soggetto (filosofia)|Soggetto]], da cui viceversa si viene posseduti.<ref>Tommaso d'Aquino sosteneva in proposito: «Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te» (''De Veritate'', [[1257]]).</ref>
 
La nozione cristiana della verità cominciò a entrare in crisi con l'avvento del [[filosofia moderna|pensiero moderno]], ad opera dei tentativi di [[Cartesio]] da una parte, e dell'[[empirismo]] dall'altra (soprattutto [[George Berkeley]] e [[David Hume]]), di escludere dall'orizzonte della verità tutto ciò che non potesse essere dimostrato logicamente, o verificato sperimentalmente. Questa nuova concezione della verità sarà poi fatta propria in particolare dal [[positivismo]] [[Ottocento|ottocentesco]].<ref>P. Valori, articolo su ''La Civiltà Cattolica'', edd. 2929-2940, 1972, p. 320.</ref>