Dialetto napoletano: differenze tra le versioni
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Comunque il ''volgare pugliese'',<ref>Ove per ''pugliese'' si intende tutto ciò che è relativo all'[[Italia meridionale]] (o Mezzogiorno peninsulare).</ref><ref name=Z-O>{{cita|Zuccagni-Orlandini}}.</ref> altro nome con cui sono storicamente conosciuti il napoletano e i [[dialetti meridionali]],<ref>In tal senso anche [[Dante]]: «''Sed quamvis terrigene Apuli loquantur obscene communiter, frelingentes eorum quidam polite locuti sunt, vocabula curialiora in suis cantionibus compilantes, ut manifeste apparet eorucm dicta perspicientibus, ut puta'' Madonna, die vi voglio, ''et'' Per fino amore vo sì letamente.». Dante, ''De vulgari eloquentia'', I, XII 8-9.</ref> nella sua forma letteraria (e alternandosi in tale ruolo con il [[lingua italiana|volgare toscano]]),<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/storia-della-lingua_(Enciclopedia-dell'Italiano)/|titolo=Enciclopedia Treccani: ''Storia della lingua italiana''}}</ref> finì col sostituire parzialmente il [[lingua latina|latino]] nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a [[Napoli]],<ref>{{cita web|url=http://www.maas.ccr.it/PDF/Napoli.pdf|titolo=Documentazioni saggistiche e di raccolta espositiva dall'Archivio di Stato di Napoli}}</ref> dall'unificazione delle [[Due Sicilie]] per decreto di [[Alfonso I di Napoli|Alfonso I]], nel [[1442]]; e continuò ad evolvere parallelamente all'ambito letterario nella sua forma parlata.<ref>Esempio di napoletano letterario in uso alla corte di Napoli nella seconda metà del XV secolo, pervenutoci attraverso i saggi di [[Giovanni Brancati]], umanista di corte di [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I]]: «''Ben so io esserno multe cose in latino dicte quale in vulgaro nostro o vero non se ponno per niente o ver non assai propriamente exprimere, quale son multi de animali quali noi havemo, molti de arbori quali fi’ al presente sono como dal principio foron chiamati; chosì de herbe, de medicine, de infirmitate, de metalle, de pietre et de gioie, essendono o ver per loro rarità o vero per sorte chon li primi lor nomi ad noi pervenute.''[…]». In quest'epoca, il napoletano letterario in uso alla cancelleria di corte, si presenta epurato di alcuni dei tratti più marcatamente locali, alleggeriti con l'ingresso di elementi assunti dalla tradizione letteraria toscana, considerata più prestigiosa. <br />{{cita web|url=http://www.rivistamathera.it/wp-content/uploads/2020/03/Giordano-L-apporto-dell-umanista-materano-Giovanni-Brancati_compressed.pdf|titolo=La politica culturale e linguistica del Regno di Napoli nel Quattrocento|autore=Emanuele Giordano|editore=Associazione Culturale ANTROS|pp=69-70|anno=2018}}</ref>
Posteriormente però, già a partire dal [[1501]],<ref>{{cita web|url=http://italiansky.narod.ru/download/storia2.pdf|titolo=Università Statale di Milano, Massimo Prada: ''Profilo di storia linguistica italiana II. Unificazione, norma ed espansione dell'Italiano.''}}</ref> per volere degli stessi letterati locali dell'[[Accademia Pontaniana]], il suddetto idioma cominciò ad essere, in ambiti amministrativi e diplomatici, progressivamente sostituito — e dal [[1554]], per volontà del cardinale [[Girolamo Seripando]], lo fu in maniera definitiva — dall'[[Lingua italiana|italiano]], basato sul volgare toscano,<ref name=Z-O/> (presente già da tempo in contesti letterari, di studio e relativi alla cancelleria, insieme al latino),<ref>{{
Il volgare napoletano, nella sua forma letteraria (intesa come varietà colta ed esclusivamente scritta, ad esempio, quella utilizzata da [[Giambattista Basile]] ne ''[[Lo cunto de li cunti|Lo cunto de li cunti, overo lo trattenemiento de peccerille]]'', da non confondersi dunque con il dialetto napoletano) ha,<ref>{{Treccani|giambattista-basile_(Dizionario-Biografico)|Giambattista Basile|volume=7|anno=1970|accesso=8 settembre 2018}}</ref> in alcune epoche, fatto da ponte fra il pensiero dell'[[antichità classica]] e quello [[Storia moderna|moderno]], [[Rinascimento|rinascimentale]] e [[barocco]], fra le culture dell'[[Europa meridionale]] e dell'[[Impero bizantino|oriente bizantino]] e quelle dell'[[Europa settentrionale]], spaziando dall'«[[amor cortese]]» — che con la [[Scuola siciliana]] diffuse il [[platonismo]] nella poesia occidentale — al [[tragicomico]] ([[Vaiasseide]], [[Pulcinella]])<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/giulio-cesare-cortese_%28Dizionario-Biografico%29/|titolo=Enciclopedia Treccani: ''Giulio Cesare Cortese, biografia ed operato''}}</ref> e alla tradizione popolare; in napoletano sono state inoltre raccolte, per la prima volta, le [[Fiaba|fiabe]] più celebri della cultura europea moderna, da [[Cenerentola]] alla [[La bella addormentata|Bella addormentata]], nonché storie in cui compare la figura del [[Gatto mammone]].<ref>{{Cita web|url=https://www.britannica.com/biography/Giambattista-Basile#ref188608|titolo=Encyclopædia Britannica: ''Lo cunto de li cunti, 50 zestful tales written in Neapolitan, was one of the earliest such collections based on folktales and served as an important source both for the later fairy-tale writers Charles Perrault in France in the 17th century and the brothers Grimm in Germany in the 19th century, and for the Italian commedia dell’arte dramatist Carlo Gozzi in the 18th century''}}</ref>
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{{C|Molti dei contenuti di questa sezione paiono riferibili non al dialetto, bensì alla [[lingua napoletana]]|linguistica|novembre 2019}}
=== Prime testimonianze ===
Il napoletano (come il [[Dialetti italiani meridionali estremi|siciliano]] e altre varietà [[Lingue italo-romanze|italoromanze]]) possiede una ricchissima tradizione letteraria. Si hanno testimonianze scritte di napoletano già nel [[960]] con il famoso [[Placito di Capua]] (considerato spesso il primo documento in lingua italiana, ma trattandosi più precisamente del primo documento in un volgare italoromanzo di cui si ha testimonianza, corrispondente, per l'appunto, al volgare italoromanzo utilizzato all'epoca in [[Campania]] e conosciuto come ''volgare pugliese''), e poi all'inizio del [[XIV secolo|Trecento]], con una ''volgarizzazione'' dal latino della ''Storia della distruzione di Troia'' di [[Guido delle Colonne]].<ref>{{Cita
=== Gli inizi ===
Il napoletano sostituì il [[lingua latina|latino]] nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a Napoli, dall'unificazione delle [[Due Sicilie]] per decreto di [[Alfonso I di Napoli|Alfonso I]], nel 1442. Alla corte dei suoi discendenti, a partire dal figlio [[Ferdinando I di Napoli]], gli interessi [[Umanesimo|umanistici]] assunsero però un carattere molto più politico; i nuovi sovrani incentivarono l'adozione definitiva del [[Dialetti toscani|toscano]] come lingua letteraria anche a [[Napoli]]: è della seconda metà del [[XV secolo]] l'antologia di rime nota come ''[[Raccolta aragonese]]'', che [[Lorenzo de' Medici]] inviò al [[re di Napoli]] [[Federico I di Napoli|Federico I]], in cui si proponeva alla corte partenopea il fiorentino come modello di volgare illustre, di pari dignità letteraria con il [[lingua latina|latino]]. Un lungo periodo di crisi seguì questi provvedimenti, per il napoletano, finché le incertezze politiche che sorsero con la fine del dominio aragonese portarono un rinnovato interesse culturale per il volgare cittadino, per poi optare, nel corso del [[XVI secolo]], per l'adozione definitiva del volgare toscano.<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/storia-della-lingua_(Enciclopedia-dell'Italiano)/|titolo=Enciclopedia Treccani: ''Storia della lingua italiana.''}}</ref>
[[File:Cinderella 1865 (6).png|thumb|Illustrazione di un'edizione della fiaba di [[Cenerentola]] del [[XIX secolo]]. Ne ''Lo cunto de li cunti'' esiste la prima trascrizione della favola della letteratura occidentale]]
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| Capa || testa || caput || [[Lingua latina|latino]]
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| Cape 'e zì Viciénzo || nullatenente || caput sine censu || [[Lingua latina|latino]]
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