Giuseppe Verdi: differenze tra le versioni
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inserito dettaglio sull'opera Aida, con riferimento a arredi e gioielli di scena |
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A metà del 1834 Verdi cercò di acquisire la posizione che fu di Provesi a Busseto, ma senza avere successo. Tuttavia, con l'aiuto di Barezzi, ottenne il posto secolare del maestro di musica. Insegnò, impartì lezioni e diresse la Filarmonica per diversi mesi prima di tornare, nei primi mesi del 1835, a Milano.<ref name="parker-933"/> Nel luglio successivo ottenne la sua certificazione da Lavigna.<ref>{{cita|Phillips-Matz, 1993|p. 67}}.</ref> Alla fine del febbraio 1836 Verdi fu nominato Maestro di Musica del Comune di Busseto con un contratto di tre anni. Il [[4 maggio]] del [[1836]] sposò nell'[[Oratorio della Santissima Trinità (Busseto)|oratorio della Santissima Trinità]] Margherita, ventiduenne figlia del suo benefattore, con la quale due anni più tardi andò a vivere a Milano in una modesta abitazione a [[Porta Ticinese]]. Margherita, il 26 marzo 1837, dette alla luce la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, a cui seguì Icilio Romano l'11 luglio 1838. Nel 1837 compose la sua prima opera nonché "Rocester". Nello stesso anno , il giovane compositore chiese l'assistenza di Massini per mettere in scena una sua opera a Milano.<ref>{{cita|Phillips-Matz, 1993|pp. 79-80}}.</ref>
Gli anni successivi furono segnati da gravi lutti familiari: morirono infatti i suoi figli
Nel frattempo, nel 1839 riuscì finalmente, dopo quattro anni di lavoro, a far rappresentare la sua prima opera alla Scala: l{{'}}''[[Oberto, Conte di San Bonifacio]]'', su libretto originale di Antonio Piazza, largamente rivisto e riadattato da [[Temistocle Solera]]. L{{'}}''Oberto'' era un lavoro di stampo donizettiano, ma alcune sue peculiarità drammatiche piacquero al pubblico tanto che l'opera ebbe un discreto successo e fu rappresentata in quattordici repliche, a seguito delle quali Merelli offrì a Verdi un contratto per altri tre lavori.<ref name="Budden, 1993 p. 71">{{cita|Budden, 1993|p. 71|Budden, 1993}}.</ref> L'impresario della Scala, [[Bartolomeo Merelli]], nel novembre 1839 accettò di inserire in cartellone un suo lavoro, che raggiunse il rispettabile numero di 13 repliche.<ref>{{cita|Gatti, 1981|p. 138}}.</ref>
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