Giovanni Gronchi: differenze tra le versioni

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Già [[Sottosegretario di Stato|sottosegretario]] all'industria nel [[governo Mussolini]], fu [[Ministri dell'agricoltura, dell'industria e del commercio del Regno d'Italia|Ministroministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio]] nei governi [[governo Bonomi II|Bonomi II]], [[governo Bonomi III|Bonomi III]] e [[Governo De Gasperi I|De Gasperi I]] e fu il primo democristiano, nonché il primo [[cattolicesimo|cattolico]],<ref>{{cita web|autore=Pasquale Motta|url=https://www.lacnews24.it/politica/giovanni-gronchi-il-primo-presidente-cattolico-determinanti-i-voti-di-sinistra-e-missini_145882/|titolo=Giovanni Gronchi il primo presidente cattolico. Determinanti i voti di sinistra e missini|data=14 novembre 2021|accesso=11 settembre 2024}}</ref> ad essere eletto Presidente della Repubblica.
 
Come capo dello Stato ha conferito l'incarico a quattro [[Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana|presidenti del Consiglio dei ministri]]: [[Antonio Segni]] (1955-1957; 1959-1960), [[Adone Zoli]] (1957-1958), [[Amintore Fanfani]] (1958-1959) e [[Fernando Tambroni]] (1960); ha nominato un solo [[senatore a vita (ordinamento italiano)|senatore a vita]], [[Giuseppe Paratore]], nel 1957 e nove [[Giudici della Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Giudicigiudici della Corte costituzionale]], nel 1955 [[Enrico De Nicola]], [[Gaetano Azzariti]], [[Tomaso Perassi]], [[Giuseppe Capograssi]] e [[Giuseppe Castelli Avolio]], nel 1956 [[Biagio Petrocelli]], nel [[1957]] [[Aldo Mazzini Sandulli]], nel 1960 [[Costantino Mortati]] e nel 1961 [[Giuseppe Chiarelli]].
 
== Biografia ==
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=== Elezione alla Presidenza della Repubblica ===
[[File:Giuramento Gronchi.jpg|miniatura|destra|Il giuramento di Giovanni Gronchi come presidente della Repubblica Italiana, 11 maggio 1955]]
All'[[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1955|elezione del Presidente della Repubblica del 1955]], il segretario nazionale della DC, Amintore Fanfani candidò il [[Presidente del Senato della Repubblica|Presidentepresidente del Senato]] [[Cesare Merzagora]], che non raccoglieva l'unanimità dei consensi del partito democristiano a causa delle divisioni interne in chiave antifanfaniana e [[Mario Scelba|antiscelbiana]]<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 20|MontanelliCervi}}.</ref> ed era stato eletto come indipendente, sia pure nelle liste DC.
[[File:Gronchi Scelba elezione.jpg|thumb|220x124px|right|Il neoeletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi insieme all'allora presidente del Consiglio dei Ministriministri [[Mario Scelba]], 1955]]
Al secondo scrutinio, la sinistra DC si espresse per Gronchi, che raggiunse 127 voti. Essendo allora chiaro il fallimento della candidatura Merzagora, anche i voti dell'opposizione di sinistra confluirono su Giovanni Gronchi (terzo scrutinio). Dopo un vano tentativo di convincerlo al ritiro, Fanfani fu costretto a candidare ufficialmente il [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera]] alla massima carica dello Stato. Il 29 aprile [[1955]], al quarto scrutinio, Gronchi venne eletto [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] con 658 voti su 883, compresi i suffragi della destra monarchica<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 24|MontanelliCervi}}.</ref>.
 
Come presidente della Camera, toccò a lui presiedere la seduta comune e leggere a voce alta le schede con il suo nome che via via gli venivano porte e continuò a leggerle fino alla fine. Si interruppe solo pochi istanti, quando un applauso del Parlamento segnò il raggiungimento del ''quorum''. Gronchi si alzò allora dallo scranno e, con in mano una scheda, ringraziò l'assemblea con un breve inchino. Poi sedette di nuovo e continuò a leggere le schede con una certa tensione della voce. Quando ebbe letto l'ultima scheda pregò al microfono il vicepresidente della Camera, [[Giovanni Leone]], di procedere allo scrutinio e di proclamare il risultato. Fra gli applausi si alzò e guadagnò l'uscita.
[[File:Gronchi Leone 1958.jpg|thumb|220x124px|right|Il presidente Gronchi insieme al presidente della Camera dei deputati [[Giovanni Leone]]]]
Leone ufficializzò poco dopo l'elezione del nuovo capo dello Stato e ne venne poi eletto successore come presidente della Camera. Secondo il regolamento, quando Gronchi si alzò e si ritirò nel suo ufficio, anche il [[presidente del Senato]] [[Cesare Merzagora]] – che gli era vicino – lasciò il posto al vice presidente del Senato, che sedette accanto al vicepresidente Leone<ref>L'analoga elezione di un altro Presidentepresidente della Camera a Capocapo dello Stato (quella di [[Oscar Luigi Scalfaro]] nel 1992) non vide ripetersi l'insolita scena, in quanto l'uomo politico, essendo a conoscenza del consenso dei grandi elettori sul suo nome, evitò di presiedere la seduta comune che l'avrebbe poi eletto Presidentepresidente della Repubblica, lasciando tale compito all'allora vicepresidente della Camera [[Stefano Rodotà]], che procedette all'intero scrutinio e proclamò il risultato.</ref>.
 
=== Politica estera del Presidente ===
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[[File:Gronchi Dulles 1955.jpg|thumb|220x124px|right|Gronchi insieme al [[segretario di Stato degli Stati Uniti]] [[Foster Dulles]] nel 1955]]
Gronchi, tuttavia, non rinunciò alla sua diplomazia personale, ma con esiti irrilevanti. Preparò con cura un suo viaggio a [[Mosca (Russia)|Mosca]] (febbraio [[1960]]), sperando di trovare un'interlocuzione sui suoi progetti di mediazione dell'Italia nei rapporti Est-Ovest e, soprattutto, sul problema tedesco, ma si trovò di fronte l'atteggiamento ironico e tracotante<ref>Silvio Bertoldi, ''L'italiano che seppe tener testa a Krusciov'', ''[[Oggi (periodico)|Oggi]]'', 26 gennaio 1961.</ref> di [[Nikita Sergeevič Chruščёv|Nikita Krusciov]], che lo irrise di fronte alla stampa<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 113-114.</ref> provocando una messa a punto della diplomazia italiana a viaggio concluso. L'episodio è stato descritto da Tito Lucrezio Russo, in ''"Parla il Capo dello Stato''": «Con telespresso segreto del 15 febbraio 1960 diramato dalla Farnesina alle Ambasciate italiane operanti in ambito [[NATO]], avente per oggetto la visita del presidente a [[Mosca (Russia)|Mosca]], fu sottolineato che il tono della discussione era stato polemico, pur non essendo mancati degli spunti costruttivi per il miglior chiarimento di alcune posizioni sovietiche. Krusciov – proseguì la nota – aveva accusato il Governo italiano di essere troppo legato alla politica americana, riferendosi anche alle installazioni di missili e, circa la [[Germania Ovest]], di essere troppo ligio alle tesi di [[Konrad Adenauer]]. Lo statista sovietico aveva prefigurato una confederazione dei due Stati tedeschi, subordinata all'irreale, preventiva rinunzia di uno di essi (chiaramente inimmaginabile per quello comunista) al proprio sistema politico–sociale, con [[Berlino]] come capitale ed avente lo status di "città libera". Alla precisa domanda di Gronchi se fosse giusto creare tale status senza sentire prima le popolazioni interessate, Krusciov aveva replicato: ''"Noi non siamo obbligati a sentire il parere di [[Berlino Ovest]]"''».<ref>{{Cita libro|autore=Tito Lucrezio Rizzo|titolo=Parla il Capo dello Stato|città=Roma|editore=Gangemi|anno=2012|p=68}}</ref>
[[File:Gronchi Heuss 1957.jpg|thumb|220x124px|right|Il presidente Giovanni Gronchi con il [[presidente della Repubblica Federale Tedesca]] [[Theodor Heuss]], 1957]]
Maggior successo, in politica estera, ebbe il suo appoggio personale alle aperture terzomondiste del ruolo economico dell'Italia operate dal presidente dell'[[Eni]], [[Enrico Mattei]], proprio in quegli anni<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 106-107.</ref>.
 
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Il suo dissenso con la linea politica del centrismo degasperiano si manifestò già al suo insediamento, quando tentò di accettare le dimissioni presentategli dal presidente del Consiglio [[Mario Scelba|Scelba]] solo a titolo di cortesia<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 28|MontanelliCervi}}.</ref>. L'apertura al PSI, tuttavia, non era attuabile, in vigenza del patto d'unità d'azione tra socialisti e comunisti. Anche il successivo [[Governo Segni I|governo Segni]], infatti, fu sorretto da una maggioranza di centro.
 
Nuove prospettive si aprirono dopo i [[Rivoluzione ungherese del 1956|fatti di Ungheria]], con la denuncia del patto d'unità d'azione da parte dei socialisti. Ma, alla caduta del primo governo Segni (maggio 1957), a seguito del ritiro dell'appoggio del [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]], l'unica soluzione alla crisi si profilò con la formazione di un monocolore democristiano, senza maggioranza precostituita. Gronchi tentò la strada del «[[governo del presidente]]» (già percorsa dal suo predecessore Einaudi, con il [[governo Pella]]), affidando l'incarico ad [[Adone Zoli]], un elemento non di spicco della DC, per guadagnarsi l'appoggio esterno dei socialisti. Tuttavia, le condizioni poste da [[Pietro Nenni]] per appoggiare il nuovo governo non poterono essere accettate dal Presidentepresidente del Consiglio incaricato<ref name="cita-MontanelliCervi-1989-pp71-74-MontanelliCervi">{{Cita|MontanelliCervi 1989|pp. 71-74|MontanelliCervi}}.</ref>.
[[File:Giovanni Gronchi and Giulio Andreotti 1960 Olympics.jpg|thumb|220x124px|right|Il presidente Gronchi, con alla sua destra [[Giulio Andreotti]], durante l'apertura dei [[Olimpiadi estive del 1960|Giochi Olimpici]] a [[Roma]] nel 1960]]
[[Adone Zoli]] riuscì a ottenere la fiducia del [[Parlamento della Repubblica Italiana|Parlamento]] solo con l'appoggio dei monarchici e quello della destra neofascista, determinante, sia pure per un solo voto, alla [[Camera dei deputati (Italia)|Camera dei deputati]]; di conseguenza, il 10 giugno 1957 presentò le sue dimissioni, che furono accolte da Gronchi con riserva. Il Presidente della Repubblica, per risolvere nuovamente la crisi, inaugurò l'esperienza del mandato esplorativo, che affidò al Presidente del Senato [[Cesare Merzagora]], ma che si concluse con un nulla di fatto<ref name="cita-MontanelliCervi-1989-pp71-74-MontanelliCervi"/>. Onde evitare una situazione di ingovernabilità, quindi, Gronchi fu costretto a convincere Zoli a ritirare le dimissioni e a restare in carica fino al termine della legislatura (1958). La comunicazione di ciò alle Camere, da parte di Zoli, non comportò un nuovo voto di fiducia<ref name="cita-MontanelliCervi-1989-pp71-74-MontanelliCervi"/>.
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I risultati delle [[Elezioni politiche in Italia del 1958|elezioni politiche del 1958]] condussero alla formazione del [[Governo Fanfani II|secondo governo Fanfani]], composto da democristiani e socialdemocratici, con l'appoggio esterno dei repubblicani che, pur denominato di [[Centro-sinistra|centrosinistra]], vedeva i socialisti ancora all'opposizione. Tale esecutivo ebbe breve vita e andò in crisi il 15 febbraio [[1959]]. Gli successe un [[Governo Segni II|nuovo governo Segni]], monocolore con l'appoggio esterno del [[Partito Liberale Italiano|PLI]] e i voti (non determinanti) di monarchici e [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|MSI]].
 
Nel 1960 Gronchi subì la personalità del capo dei servizi segreti militari (il [[Servizio informazioni forze armate|SIFAR]]), generale [[Giovanni de Lorenzo]], che aveva saputo conquistare la sua fiducia con lo spauracchio di un ipotetico rapimento del Capocapo dello Stato in [[Corsica]], asseritamente ordito da [[Randolfo Pacciardi]], già Ministroministro della Difesadifesa, con la collaborazione dell'[[Organisation armée secrète|OAS]]<ref name=dl62>{{Cita libro|autore=Giuseppe De Lutiis|titolo=I servizi segreti in Italia. Dal fascismo all'intelligence del XXI secolo|città=Milano|editore=Sperling & Kupfer|anno=2010|p=62}}</ref><ref>{{Cita|Trionfera 1968|pp. 17-18|Trionfera}}.</ref>. Forte del «successo» di aver sventato un complotto inesistente, De Lorenzo ebbe mano libera nel promuovere una colossale opera di schedatura ([[Fascicoli SIFAR|157.000 fascicoli]], di cui più di 30.000 giudicati poi «illegali» dalla commissione militare d'inchiesta presieduta dal generale Beolchini)<ref>{{cita web|url=http://www.difesa.it/SMD/CASD/presidenti/Generale+C.A.+Aldo+Beolchini.htm|titolo=Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) – Generale C.A. Aldo Beolchini|editore=''difesa.it''|accesso=28 ottobre 2006|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061028160839/http://www.difesa.it/SMD/CASD/presidenti/Generale+C.A.+Aldo+Beolchini.htm}}</ref><ref name=cb>{{Cita|Trionfera 1968|pp. 134 e segg.|Trionfera}}</ref> che riguardavano parlamentari, sindacalisti, dirigenti di partito, industriali, funzionari e alti prelati<ref name=dl63>De Lutiis, ''I servizi,'' op. cit., pp. 63-64.</ref>.
[[File:Gronchi Ammiraglio Pecori Giraldi.jpg|thumb|220x124px|right|Il presidente Gronchi insieme all'ammiraglio [[Corso Pecori Giraldi]]]]
Nel febbraio [[1960]], il PLI ritirò il suo appoggio al secondo governo Segni, che fu costretto a dimettersi. Dopo alcuni infruttuosi tentativi di esponenti indicati dal partito di maggioranza relativa, Gronchi incaricò [[Fernando Tambroni]], suo uomo di fiducia della corrente di sinistra, con l'incarico di formare un nuovo «Governogoverno del Presidentepresidente», senza una maggioranza predefinita, ma di apertura a sinistra. Il governo monocolore Tambroni ottenne la fiducia della [[Camera dei deputati (Italia)|Camera]] con il determinante appoggio esterno dei deputati del MSI. Immediatamente, i ministri [[Giorgio Bo]], [[Giulio Pastore]] e [[Fiorentino Sullo]], appartenenti alla sinistra della DC, si dimisero, costringendo Tambroni a fare altrettanto<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|p. 125|MontanelliCervi}}.</ref>.
 
Il presidente Gronchi, nell'accettare le dimissioni dei tre, si riservò di decidere su quelle dell'intero governo e, nel frattempo, incaricò vanamente [[Amintore Fanfani]] di ricomporre una maggioranza di centro. Gronchi, allora, respinse le dimissioni di Tambroni e lo rimandò al [[Senato della Repubblica|Senato]] per completare la procedura del voto di fiducia, che questi ottenne, sempre con l'appoggio determinante dei missini<ref>{{Cita libro|autore=Benedetto Coccia (a cura di)|titolo=40 anni dopo: il sessantotto in Italia fra storia, società e cultura|città=Roma|editore=Editrice APES|anno=2008|pp=76-77}}</ref>. In tale occasione, Tambroni, modificando le dichiarazioni precedenti, affermò che l'esecutivo avrebbe provveduto soltanto all'ordinaria amministrazione fino all'approvazione dei bilanci, entro il 31 ottobre 1960.
[[File:Giuramento Governo Tambroni 1960.jpg|thumb|220x124px|right|Il giuramento di [[Fernando Tambroni]] come presidente del Consiglio dei ministri nel 1960]]
Dal Parlamento la tensione politica si diffuse nelle piazze poche settimane dopo, quando i missini decisero di convocare il sesto congresso del partito a [[Genova]], città da cui era partita l'[[Resistenza italiana|insurrezione del 25 aprile]]. Ciò produsse scontri in diverse città d'Italia, in particolare, nella stessa Genova, a [[Licata]] e a [[Reggio Emilia]], dove la polizia aprì il fuoco sui manifestanti, uccidendo cinque persone<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|pp. 128-140|MontanelliCervi}}.</ref>. Tambroni fu costretto a rassegnare le dimissioni e l'incarico fu poi affidato ad Amintore Fanfani, che riuscì a comporre un [[Governo Fanfani III|governo monocolore democristiano]] appoggiato dai partiti del centro democratico, con l'astensione non concordata dei socialisti e dei monarchici.
[[File:Governo Fanfani III 1960.jpg|thumb|220x124px|right|Il presidente Gronchi insieme alai membri del [[governo Fanfani III]]]]
Solo dopo il Congressocongresso nazionale di [[Napoli]], nel [[1962]], con Fanfani al governo e con [[Aldo Moro]] alla segreteria, la [[Democrazia Cristiana]] approvò con ampia maggioranza la linea di collaborazione con il [[Partito Socialista Italiano]], in un dibattito al quale Gronchi fu estraneo. Subito dopo, Fanfani poté formare il suo [[Governo Fanfani IV|quarto governo]], questa volta di coalizione (DC-PSDI-PRI e con l'appoggio esterno del [[Partito Socialista Italiano|PSI]]), iniziando così l'esperienza delle maggioranze di [[Centro-sinistra "organico"|centrosinistra]].
 
=== Fine del mandato presidenziale e morte ===
Le tensioni fra Gronchi e gli esponenti principali del suo partito gli pregiudicarono la rielezione ad un secondo mandato, cui avrebbe ambito con l'appoggio del presidente dell'[[Eni]] [[Enrico Mattei]]. Secondo il giornalista [[Renzo Trionfera]], Mattei avrebbe messo a disposizione un miliardo di lire per corrompere alcuni parlamentari al fine di rieleggerlo<ref>Renzo Trionfera, ''op. cit.''.</ref>. Il segretario politico della [[Democrazia Cristiana]], [[Aldo Moro]], che non vedeva di buon occhio tali manovre, propose invece al partito la candidatura di [[Antonio Segni]], che fu [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1962|eletto Presidentepresidente della Repubblica]] al nono scrutinio ([[1962]])<ref>{{Cita|MontanelliCervi 1989|pp. 165-176|MontanelliCervi}}.</ref>. Nei primi otto scrutini, Gronchi riuscì comunque a ottenere tra i 20 e i 45 voti, pur non essendo il candidato ufficiale del suo partito.
[[File:Giovanni Gronchi 1969.jpg|thumb|220x124px|right|Giovanni Gronchi nel 1969]]
L'11 maggio [[1962]] cessò il settennato (il suo giuramento, infatti, era avvenuto l'11 maggio [[1955]]) e Gronchi divenne [[Senatore a vita (ordinamento italiano)|senatore di diritto e a vita]]. Morì il 17 ottobre del [[1978]], ma la notizia passò in secondo piano in quanto i giornali e i [[mass media]] furono completamente dedicati all'elezione di [[Papa Giovanni Paolo II|Karol Wojtyła]] quale nuovo Ponteficepontefice, avvenuta il giorno prima.
 
Gronchi è sepolto nel cimitero della Misericordia di [[Pontedera]].
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* Gronchi ebbe l'onore di inaugurare due edizioni dei [[Giochi olimpici]]: i [[VII Giochi olimpici invernali]] tenutisi a [[Cortina d'Ampezzo]] nel [[1956]] e i [[Giochi della XVII Olimpiade]] tenutisi a [[Roma]] nel [[1960]].
* Nel 1961 inaugurò anche l'[[Expo 1961|Esposizione Internazionale del Lavoro del 1961]], tenutasi a Torino, e le celebrazioni del [[centenario dell'Unità d'Italia]].
* Il 23 giugno [[1959]] un buffo incidente occorse al Presidentepresidente nell'ex palco reale del [[Teatro dell'Opera di Roma]]: a causa della disattenzione di un collaboratore che non gli aveva avvicinato la sedia, Gronchi cadde a terra mentre stava accingendosi a sedere al fianco dell'allora presidente francese [[Charles de Gaulle]], che era in visita ufficiale in Italia. Il fatto, taciuto dai principali organi di informazione, fu rappresentato in televisione da una scenetta comica recitata da [[Raimondo Vianello]] e [[Ugo Tognazzi]] all'interno del programma ''[[Un due tre]]'', il quale fu poi cancellato in seguito a tale evento<ref>{{Cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/27/Dalla_caduta_Gronchi_alla_Scala_co_0_96052710914.shtml|titolo=Dalla "caduta" di Gronchi alla Scala alle "corna" di Leone anti universitari|pubblicazione=Corriere della Sera|data=27 maggio 1996|accesso=16 luglio 2008|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121103154421/http://archiviostorico.corriere.it/1996/maggio/27/Dalla_caduta_Gronchi_alla_Scala_co_0_96052710914.shtml}}</ref>.
* Nello stesso 1959, Gronchi concesse la [[Grazia (diritto)|grazia]], dopo trentadue anni di detenzione, all'ergastolano [[Sante Pollastri]], al quale il cantautore [[Luigi Grechi]] dedicherà, nel [[1993]], la canzone ''[[Il bandito e il campione]]'', ispirata alle vicende di Pollastri e del ciclista [[Costante Girardengo]]. Della stessa vicenda sarà poi pubblicato un libro di [[Marco Ventura]] e prodotta la [[fiction]] [[Rai]] ''[[La leggenda del bandito e del campione]]'', con [[Giuseppe Fiorello]] nel ruolo del protagonista.
* Il 3 aprile [[1961]], in occasione del viaggio del presidente della Repubblica in [[America meridionale|Sudamerica]], fu emesso un [[francobollo]] che fu subito ritirato e sostituito, a causa di un errore nella riproduzione dei confini geografici del [[Perù]]. Tale francobollo, ben presto denominato ''[[Gronchi rosa]]'', raggiunse subito [[speculazione|quotazioni speculative]] e suscitò un immediato interesse per la [[filatelia]] in Italia. Attualmente, la sua quotazione è nell'ordine di circa 1.000 euro per il francobollo nuovo con la gomma integra e di circa 500 euro per i francobolli senza gomma che provengono dalle affrancature delle buste intercettate e ricoperte con un nuovo francobollo di colore grigio<ref>{{cita web|url=http://www.fdcvenetia.org|titolo=Un sito molto documentato sul Gronchi Rosa su busta|editore=''fdcvenetia.org''|accesso=5 aprile 2010}}</ref>. Quei pochissimi valori che invece sono sfuggiti al ritiro (e sono quindi regolarmente timbrati) raggiungono quotazioni ragguardevoli che possono arrivare anche a 30.000 euro. Il ''Gronchi rosa'' è stato anche oggetto di numerose falsificazioni.
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=== Onorificenze italiane ===
Nella sua qualità di Presidentepresidente della Repubblica italiana è stato, dall'11 maggio 1955 all'11 maggio 1962:
{{Onorificenze
|immagine = Cordone_di_gran_Croce_di_Gran_Cordone_OMRI_BAR.svg