Pericle: differenze tra le versioni
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Per oltre 20 anni Pericle ebbe, in qualità di stratego, il comando militare anche se, per prudenza, non intraprese mai di sua iniziativa una campagna di cui non fosse evidente il rischio né tanto meno accolse gli «impulsi vani dei cittadini».<ref>{{cita|Plutarco|Pericle, XVIII}}.</ref>
Il suo operato, secondo l'opinione di molti storici, in pratica ricalcò la linea politica già intrapresa da [[Temistocle]] e dal principio per cui Atene dipendeva dalla sua egemonia marittima e che non potesse contrastare la superiorità dell'esercito terrestre spartano.<ref name="Platias105">{{cita|Platias|p. 105}}.</ref> In ogni caso, cercò di ridurre al minimo il vantaggio terrestre che possedevano gli Spartani rafforzando [[Lunghe Mura|le mura di Atene]], che avevano gravemente scosso l'uso della forza militare nelle relazioni internazionali greche.<ref name="Ober254">{{cita libro|lingua=en|nome=Josiah|cognome=Ober|titolo=Hegemonic Rivalry: From Thucydides to the Nuclear Age|url=https://archive.org/details/hegemonicrivalry0000unse|
Durante la guerra del Peloponneso, Pericle avviò una strategia difensiva il cui scopo era «l'esaurimento del nemico e la conservazione dello status quo».<ref name="Platias86,98">{{cita|Platias|pp. 98-99}}.</ref> Secondo Platias e Koliopoulos Atene, essendo la fazione più forte, non aveva bisogno di battere Sparta militarmente ma poteva semplicemente sventare i piani del nemico<ref name="Platias86,98"/> e aspettare che esaurisse le forze. Pertanto, gli Ateniesi dovevano rifiutare ogni composizione (e quindi non revocare il decreto megarese) ed evitare sempre ogni spedizione diversiva come quella, fallimentare, sostenuta da Atene e appoggiata in precedenza da Pericle, in Egitto.<ref name="Out83">{{cita|Kagan, Outbreak|p. 83}}.</ref>
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