Lingue d'Italia: differenze tra le versioni
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La lingua ufficiale (''de iure'') della [[Italia|Repubblica Italiana]], l'italiano, discende storicamente dalla variante letteraria del [[Lingua volgare|volgare]] [[dialetto toscano|toscano]], il cui uso in letteratura è iniziato con le cosiddette "Tre Corone" ([[Dante Alighieri|Dante]], [[Francesco Petrarca|Petrarca]] e [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]]) verso il [[XIII secolo]], e si è in seguito evoluto storicamente nella [[lingua italiana]] moderna; questa, con l'eccezione di alcune aree di più tarda italianizzazione<ref>A titolo di esempio, si potrebbe citare la situazione occorrente nel [[Regno di Sardegna]] [[Casa Savoia|sabaudo]]. Nel [[Sardegna|possedimento insulare]] del Regno, il ruolo di lingua tetto era stato adempiuto non dall'italiano, a differenza della vicina [[Corsica]], bensì dalle lingue iberiche fino alla seconda metà del Settecento; fu intorno a tale periodo che l'italiano vi sarebbe stato introdotto ufficialmente per mezzo di norme mirate alla diffusione di detta lingua tra gli isolani: tale manovra ineriva a un allineamento di tale territorio verso l'orbita egemonica del Piemonte, nel quale l'italiano era, invece, [[Editto di Rivoli|già stato eletto]] come lingua ufficiale ben due secoli prima. In [[Valle d'Aosta]] e [[Savoia (regione storica)|Savoia]], al contrario, era e sarebbe stato ancora il francese a occupare a lungo una posizione di prestigio. Cfr. Ines Loi Corvetto, ''I Savoia e le "vie" dell'unificazione linguistica'', in {{Cita libro|autore=Ignazio Putzu, Gabriella Mazzon|anno=2012|titolo=Lingue, letterature, nazioni. Centri e periferie tra Europa e Mediterraneo}}; {{Cita libro|autore=Eduardo Blasco Ferrer, Peter Koch, Daniela Marzo|titolo=Manuale di linguistica sarda|editore=De Gruyter|anno=2017}}; {{Cita libro|autore=Tullio De Mauro|titolo=Storia linguistica dell'Italia unita|città=Bari|editore=Editori Laterza|anno=1991}}</ref>, sarebbe stata ufficialmente adottata come codice linguistico di [[Prestigio (linguistica)|prestigio]] presso i vari [[Stati preunitari]] a partire dal [[XVI secolo]].<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/storia-della-lingua_(Enciclopedia-dell'Italiano)/|titolo=Enciclopedia Treccani: ''Storia della lingua italiana e del suo utilizzo negli Stati preunitari''}}</ref>
Da allora l'italiano, codificato per scrivere opere letterarie, è rimasto a lungo una lingua propria di un ristrettissimo numero di alfabeti, appresa solo leggendo e non impiegata nella comunicazione quotidiana<ref>{{Cita web|autore=Miriam Voghera|url=http://www.parlaritaliano.it/attachments/article/558/Voghera_Plurilinguismo_2003.pdf|titolo=Plurilinguismo in Italia|sito =Parlaritaliano.it|formato=pdf|accesso=10 maggio 2025|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211025160706/www.parlaritaliano.it/attachments/article/558/Voghera_Plurilinguismo_2003.pdf|urlmorto=sì}}</ref>. Al momento dell'unificazione politica di gran parte dell'Italia nel [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno di Sardegna]] nel [[1860]], secondo De Mauro, gli italofoni ammontavano al 2,5%<ref>{{Cita libro|titolo=Storia linguistica dell’Italia unita|autore=Tullio De Mauro|editore=Editori Laterza|città=Bari|anno=1976|annooriginale=1960|volume=I|edizione=4|capitolo=Una lingua d’elezione|p=43}}</ref>, mentre [[Arrigo Castellani]] ne stimava un 10%<ref>{{Cita web|url= https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/italiano_dialetti/Trifone.html|titolo=Italiano e dialetto dal 1861 ad oggi|autore=Pietro Trifone|sito=Treccani.it|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|accesso=}}</ref>. Essa poté in seguito diffondersi tra le masse popolari, su larga scala, mediante l'istruzione obbligatoria, l’urbanesimo, le migrazioni interne, la burocrazia, il [[servizio militare]] e i [[Mezzo di comunicazione di massa|mezzi di comunicazione di massa]] (a [[stampa]] e [[Audiovisivo|audiovisivi]]) dagli anni 50 del [[XX secolo]]<ref>{{Cita libro|titolo=Introduzione alla dialettologia italiana|autore=Corrado Grassi, Alberto A. Sobrero, Tullio Telmon|editore=Editori Laterza|città=Bari|anno=2003|volume=I|edizione=5|capitolo=Latino, italiano, dialetti|pp=26-30}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Linguistica romanza. Corso introduttivo|autore=Alberto Varvaro|editore=Liguori Editore|città=Napoli|anno=2001|edizione=2|capitolo=Politiche linguistiche|p=72}}</ref>
Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti esclusivamente nel parlato, ne consegue un processo di [[Attrito linguistico|erosione linguistica]] e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di [[Mezzo di comunicazione di massa|mezzi di comunicazione di massa]] in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione, oltre ad una scarsa volontà politica di riconoscere una minima valenza culturale ai "dialetti". Questo tipo di cambiamenti e volontà politica ha ridotto sensibilmente l'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati [[lingua in pericolo|in pericolo di estinzione]], principalmente a causa dell'avanzare della [[lingua italiana]] anche nell'ambito strettamente sociale e relazionale<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/dialetti_(Enciclopedia-dell'Italiano)/|titolo=Dialetti|sito=Treccani|lingua=it|accesso=20 marzo 2024}}</ref>.
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