Italo Balbo: differenze tra le versioni
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Il 28 giugno 1940 si levò in volo da [[Derna (Libia)|Derna]] per raggiungere il campo d'aviazione "T.2" dell'[[Aeroporto di Tobruch]]<ref name="molteni9">{{Cita|Molteni 2012|p. 9}}.</ref> con due trimotori [[Savoia-Marchetti S.M.79|S.M.79]], uno pilotato da lui stesso (che però non aveva il codice radio I-MANU; questo codice era in realtà di un S.75 assegnato in precedenza al Governatore della Libia come aereo personale con la sigla I-MANU, dal nome della moglie Emanuela)<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 196}}.</ref> e uno dal generale [[Felice Porro]], comandante della 5ª Squadra aerea. Da Tobruch i due aerei avrebbero poi compiuto un'incursione per cercare di catturare alcune autoblindo nemiche.<ref name=molteni9/> L'equipaggio era costituito da Italo Balbo, pilota, dal maggiore Ottavio Frailich, secondo pilota, dal capitano motorista Gino Cappannini e dal maresciallo marconista [[Giuseppe Berti (militare)|Giuseppe Berti]]. Frailich, Cappannini e Berti erano tutti "atlantici" che avevano già volato con Balbo nella Crociera del Decennale. All'equipaggio vero e proprio si aggiunsero il maggiore Claudio Brunelli (direttore generale dell'ETAL di Tripoli), i tenenti Francesco detto 'Cino' Florio e [[Lino Balbo]] (rispettivamente cognato e nipote di Italo Balbo), il console generale della Milizia onorevole Enrico Caretti (segretario federale del [[PNF]] di Tripoli), e il capitano di complemento [[Nello Quilici]], direttore del ''[[Corriere Padano]]'' e padre di [[Folco Quilici]].
Giunti in vista di Tobruch verso le 17:30 i piloti videro alte colonne di fumo dovute a un attacco britannico effettuato con bombardieri [[Bristol Blenheim]],<ref name=molteni9/> e Balbo ordinò di atterrare per verificare la situazione.<ref name="bocca183">{{Cita|Bocca 1997|p. 183}}.</ref> Prossimo all'atterraggio senza aver tuttavia avvisato prima la base, ed essendoci stata una tempesta di [[Scirocco|Ghibli]],<ref>{{cita news|autore=[[Aldo Cazzullo]]|url=https://www.corriere.it/cronache/23_novembre_06/corrado-augias-intervista-94d93374-7c0f-11ee-8eea-
Il 29 giugno Mussolini dichiarò: «un bell'alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi».<ref name="bert81">{{Cita|Bertoldi 1994|p. 81}}.</ref><ref>{{Cita|Volta 1973|p. 35}}.</ref> Badoglio, che era con lui ad [[Alpignano]] quando apprese della notizia, disse che il Duce non dimostrò «il minimo turbamento»<ref name=bocca183/>. [[Galeazzo Ciano]] invece annotò sul suo diario che «Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza.» Sul bollettino delle forze armate apparve il seguente comunicato:
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