Giuseppe Di Matteo: differenze tra le versioni

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L’infanzia fino al rapimento: purtroppo gran parte del testo è sf
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=== L’infanzia fino al rapimento ===
{{Sf|Giuseppe godette di un'infanzia agiata, sana e serena.}} {{Sf|Frequentò un asilo privato a pagamento gestito da suore e venne poi iscritto alla locale scuola elementare, dove conobbe la compagna di banco e amica del cuore Mariella.}} {{Sf|In estate trascorreva le vacanze al mare, in una casa di proprietà della famiglia a [[Balestrate]], allontanandosene solo per andare al maneggio.}} {{Sf|Stando alle testimonianze dei suoi cari, principalmente raccolte dal [[Sociologia|sociologo]] e [[giornalista]] [[Rai]] [[Pino Nazio]], crebbe perfettamente in salute e con un fisico temprato dallo sport; di carattere autonomo, estroverso e impavido, si mostrava solidale e protettivo nei confronti del fratello più piccolo, Nicola, e dell'amica Mariella.}}
 
Il nonno paterno, anch'esso di nome Giuseppe Di Matteo ed anch’egli, come il padre Santino, affiliato a [[Cosa nostra|Cosa Nostra]], strinse con il nipote un legame affettivo intensissimo ed esclusivo: oltre a esaudire sempre i suoi desideri, andando a volte contro le volontà dei genitori (come quando gli permise di guidare l’agognato motorino di piccola cilindrata e gli impartì i primi insegnamenti per guidare l’auto)<ref>{{Cita libro|autore=Pino Nazio|titolo=Il bambino che sogna i cavalli. 779 giorni ostaggio dei corleonesi|anno=2010|editore=Sovera Edizioni, Roma|pp=85-86}}</ref>, lo seguì e assecondò nella precocissima, tenace e irresistibile passione per i cavalli. A tale riguardo è tramandato che “la sua attrazione preferita erano fin da piccolissimo i cavalli di plastica, di stoffa, a dondolo per poterci salire”<ref>{{Cita libro|autore=Pino Nazio|titolo=Il bambino che sogna i cavalli. 779 giorni ostaggio dei corleonesi|anno=2010|editore=Sovera Edizioni, Roma|pp=52-53}}</ref> e che fu poi nella tenuta del nonno che giocò per la prima volta con una cavallina. “Non aveva ancora sette anni quando aveva sfilato in costume da cavallerizzo durante la festa patronale per le vie del paese, a poco più di nove aveva fatto la prima gara”<ref>{{Cita libro|autore=Pino Nazio|titolo=Il bambino che sogna i cavalli. 779 giorni ostaggio dei corleonesi|anno=2010|editore=Sovera Edizioni, Roma|p=319}}</ref>. Il suo primo cavallo apparteneva al nonno, mentre il secondo – un esemplare da competizione per il salto a ostacoli del valore di trentacinque milioni di lire – fu un omaggio delle potenti famiglie mafiose della zona ai Di Matteo padre e nonno.<ref name="Sabella">{{Cita libro|autore=Alfonso Sabella|titolo=Cacciatore di mafiosi. Le indagini, i pedinamenti, gli arresti|anno=2009|editore=Mondadori, Milano|p=158}}</ref>
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Oltre a praticare l’[[equitazione]] a livello agonistico, il piccolo Di Matteo “passava ore” a seguirla in televisione. “Aveva studiato il metodo equestre che aveva fatto scuola nel campo, quello di [[Federico Caprilli]] (…) [e] il suo sogno era quello di saltare a [[piazza di Siena]] con i colori della Nazionale. La gara che lo appassionava di più era la ‘potenza’, una serie di salti a eliminazione in cui vinceva chi riusciva a saltare più in alto”<ref>{{Cita libro|autore=Pino Nazio|titolo=Il bambino che sogna i cavalli. 779 giorni ostaggio dei corleonesi|anno=2010|editore=Sovera Edizioni, Roma|p=318}}</ref>. “Al galoppatoio lo conoscono tutti. Ha già vinto alcune gare e tantissimi premi: è il più piccolo ed è molto promettente. È la mascotte del maneggio di [[Villabate]]”<ref name="Sabella" />. Al XXVIII Concorso Ippico Internazionale di [[Marsala]] (22-28 maggio 1992), vince la coppa a cui teneva maggiormente.
 
{{Sf|L’altra grande passione di Giuseppe era un passatempo che lo accomunava a molti altri bambini della sua generazione ed anche di quelle successive: i videogiochi. I primi li ricevette in dono per Natale dai familiari. Uno degli ultimi, invece, gli fu donato da [[Giovanni Brusca]] in persona, durante la latitanza che questi trascorse protetto dai Di Matteo nella loro tenuta.}} A proposito il fratello minore di Giuseppe, Nicola, ricorda: “un giorno arrivò [[Giovanni Brusca]], a me e mio fratello Giuseppe regalò un [[Nintendo]], è ancora a casa da qualche parte, quanto ci abbiamo giocato nei due mesi che rimase a casa nostra con la sua compagna. Allora non sapevo che fosse un [[Mafia|mafioso]] latitante, non sapevo neanche del ruolo di mio padre”.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/23/news/di_matteo_mio_fratello_sciolto_nell_acido_ma_alla_fine_la_mafia_ha_perso_-166146532/|titolo=Di Matteo: "Mio fratello sciolto nell'acido ma alla fine la mafia ha perso"|sito=la Repubblica|data=23 maggio 2017|accesso=11 aprile 2022}}</ref> {{Sf|Tra le ragioni del grande sconvolgimento morale provocato nell’opinione pubblica dal delitto Di Matteo, vi è il fatto che Brusca ordinò ed eseguì il sequestro e l'uccisione spietata di un bambino con cui di fatto aveva avuto un rapporto di amicizia, avendo familiarizzato e allegramente giocato con lui per diverso tempo.}}
 
La giocosità e affettuosità del piccolo Giuseppe è attestata anche dai ricordi scolastici dell’amica Mariella, con cui aveva organizzato scherzi e partecipato a escursioni e gare. Mariella racconta così di quando per scherzo avevano nascosto le merende di tutti i compagni di classe<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Pino Nazio|titolo=Il bambino che sogna i cavalli. 779 giorni ostaggio dei corleonesi|anno=2010|editore=Sovera Edizioni|città= Roma|p=253}}</ref> e di quando, sul pullman che li portava in gita scolastica ad [[Agrigento]] avevano cantato le loro canzoni preferite. Quella di Giuseppe era ''Vita mia'' di [[Amedeo Minghi]], ma Giuseppe amava molto anche le [[Canto popolare|canzoni della tradizione popolare]] siciliana, come ''Si maritau Rosa'', di cui cantava a squarciagola il ritornello<ref name=":0" />. La stessa Mariella ricorda, infine, come grazie al sostegno dell’amico ella aveva trovato la forza di partecipare alla gara di mezzofondo che si era tenuta ad [[Altofonte]] nei primi anni novanta alla presenza del loro compaesano [[Salvatore Antibo]]<ref>{{Cita libro|autore=Pino Nazio|titolo=Il bambino che sogna i cavalli. 779 giorni ostaggio dei corleonesi|anno=2010|editore=Sovera Edizioni, Roma|pp=313-314}}</ref>, negli anni ottanta uno dei corridori di fondo migliori del mondo.
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=== Il sequestro e l’omicidio ===
{{Vedi anche|Omicidio di Giuseppe Di Matteo}}
{{Sf|A seguito del rapimento, avvenuto al maneggio di [[Villabate]] il 23 novembre 1993, la vita sociale, affettiva e familiare del piccolo Giuseppe Di Matteo fu cancellata di colpo, la sua salute fisica progressivamente minata alle fondamenta e la sua condizione psicologica lentamente stravolta. Nei 779 giorni del sequestro, il ragazzo non poté parlare con i suoi cari, non ebbe più una compagnia, né una forma di svago: i rapitori, per il timore di essere riconosciuti, evitarono, infatti, il più possibile contatti diretti. Solo negli ultimi mesi di vita un carceriere gli procurerà con qualche regolarità riviste e giornali sportivi e talvolta qualche quotidiano.}}
 
Anche l’alimentazione e l’igiene personale del ragazzino furono lungamente e gravemente trascurate, al punto che solo dopo quasi due anni dal rapimento gli vennero tagliati per la prima volta i capelli, gli venne dato del latte al mattino e qualche pasto caldo.<ref>{{Cita libro|autore=Alfonso Sabella|titolo=Cacciatore di mafiosi. Le indagini, i pedinamenti, gli arresti|anno=2009|editore=Mondadori|città=Milano|p=172}}</ref>. {{Sf|Se si escludono, infine, gli spostamenti in auto da un nascondiglio all’altro, durante i quali veniva comunque legato e incappucciato, non uscì più all’aria aperta.}} {{Sf|Il suo corpo, non più esercitato in alcuna attività fisica, si inflaccidì completamente e i lacci, con cui veniva tenuto legato, gli procurarono delle piaghe.}} Quando, dopo due anni e più di sequestro, Giuseppe fu immobilizzato per essere strangolato, uno degli esecutori materiali dell’omicidio notò che “ormai … non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… … sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro”.<ref>{{Cita web|url=https://www.agi.it/cronaca/omicidio_giuseppe_di_matteo_acido-6867445/news/2020-01-11/|titolo=I mafiosi che sciolsero un bambino nell'acido e andarono a dormire|sito=Agi|accesso=18 febbraio 2023}}</ref>
 
Il [[Alfonso Sabella|giudice Sabella]], che condusse le indagini e istruì il processo, ha potuto ricostruire le condizioni di prigionia, riassumendole poi nel suo libro; sui singoli nascondigli e su singoli episodi della vita di Giuseppe in questi luoghi, sono poi disponibili nel libro di [[Martino Lo Cascio]] ampie citazioni direttamente dagli atti del processo. Dopo aver trascorso la prima notte del sequestro in un nascondiglio improvvisato all’interno di un capannone a [[Lascari]], dove il bimbo non disponeva di un bagno, Giuseppe fu trasferito in diversi nascondigli nella [[provincia di Agrigento]].<ref>Cfr. perciò Martino Lo Cascio, ''Il giardino della memoria. I 779 giorni del sequestro Di Matteo''. Messina, Mesogea, 2016, pp. 29-35, 38-47 </ref> Sono “mesi di celle umide, pareti scrostate, latrine improvvisate, giacigli sporchi e puzzolenti. Mesi di corde, catene, cappucci. Di giorno qualcuno, con il viso coperto dal passamontagna, gli porta da mangiare. Non lo tengono digiuno, ma gli danno sempre le stesse cose, pizza fredda e panini. Panini e pizza. Ogni tanto gli fanno una foto, un filmino o gli fanno scrivere sotto dettatura qualche biglietto (…): messaggi da mandare ai familiari”<ref>{{Cita libro|autore=Alfonso Sabella|titolo=Cacciatore di mafiosi. Le indagini, i pedinamenti, gli arresti|anno=2009|editore=Mondadori|città=Milano|p=166}}</ref> per ricattarli.