Giuseppe Di Matteo: differenze tra le versioni

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L’infanzia fino al rapimento: purtroppo gran parte del testo è sf
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Anche l’alimentazione e l’igiene personale del ragazzino furono lungamente e gravemente trascurate, al punto che solo dopo quasi due anni dal rapimento gli vennero tagliati per la prima volta i capelli, gli venne dato del latte al mattino e qualche pasto caldo.<ref>{{Cita libro|autore=Alfonso Sabella|titolo=Cacciatore di mafiosi. Le indagini, i pedinamenti, gli arresti|anno=2009|editore=Mondadori|città=Milano|p=172}}</ref> {{Sf|Se si escludono, infine, gli spostamenti in auto da un nascondiglio all’altro, durante i quali veniva comunque legato e incappucciato, non uscì più all’aria aperta.}} {{Sf|Il suo corpo, non più esercitato in alcuna attività fisica, si inflaccidì completamente e i lacci, con cui veniva tenuto legato, gli procurarono delle piaghe.}} Quando, dopo due anni e più di sequestro, Giuseppe fu immobilizzato per essere strangolato, uno degli esecutori materiali dell’omicidio notò che “ormai … non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… … sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro”.<ref>{{Cita web|url=https://www.agi.it/cronaca/omicidio_giuseppe_di_matteo_acido-6867445/news/2020-01-11/|titolo=I mafiosi che sciolsero un bambino nell'acido e andarono a dormire|sito=Agi|accesso=18 febbraio 2023}}</ref>
 
Il [[Alfonso Sabella|giudice Sabella]], che condusse le indagini e istruì il processo, ha potuto ricostruire le condizioni di prigionia, {{Chiarire|riassumendole poi nel suo libro|quale? edito quando? da chi?}}; {{Sf|sui singoli nascondigli e su singoli episodi della vita di Giuseppe in questi luoghi, sono poi disponibili}} {{Chiarire|nel libro di [[Martino Lo Cascio]]|come prima: titolo? uscito quando? editore?}} ampie citazioni direttamente dagli atti del processo. Dopo aver trascorso la prima notte del sequestro in un nascondiglio improvvisato all’interno di un capannone a [[Lascari]], dove il bimbo non disponeva di un bagno, Giuseppe fu trasferito in diversi nascondigli nella [[provincia di Agrigento]].<ref>Cfr. perciò Martino Lo Cascio, ''Il giardino della memoria. I 779 giorni del sequestro Di Matteo''. Messina, Mesogea, 2016, pp. 29-35, 38-47 </ref> Sono “mesi di celle umide, pareti scrostate, latrine improvvisate, giacigli sporchi e puzzolenti. Mesi di corde, catene, cappucci. Di giorno qualcuno, con il viso coperto dal passamontagna, gli porta da mangiare. Non lo tengono digiuno, ma gli danno sempre le stesse cose, pizza fredda e panini. Panini e pizza. Ogni tanto gli fanno una foto, un filmino o gli fanno scrivere sotto dettatura qualche biglietto (…): messaggi da mandare ai familiari”<ref>{{Cita libro|autore=Alfonso Sabella|titolo=Cacciatore di mafiosi. Le indagini, i pedinamenti, gli arresti|anno=2009|editore=Mondadori|città=Milano|p=166}}</ref> per ricattarli.
 
Tra la fine dell’estate del 1994 e l’agosto del 1995, viene spostato dapprima in una masseria adibita a deposito per le olive nelle [[Madonie]], quindi in una abitazione a [[Castellammare del Golfo]], da lì nel magazzino di un limoneto, a [[Campobello di Mazara]], e poi ancora in un covo nei pressi di [[Erice]]. Tutti questi ambienti sono nascondigli improvvisati.<ref>Cfr. a riguardo Lo Cascio, cit., pp. 57-62, 75-80.</ref> In particolare, a Castellammare del Golfo, la sua cella è “un bagno dove c'è appena lo spazio per appoggiare a terra un materasso”<ref>Sabella, cit. p. 170</ref> e Giuseppe riceve il cibo e, quando è il caso, dei “bigliettini scritti” attraverso “uno sportellino in basso” che è stato ricavato nella porta e che ricorda una “gattaiola”<ref>Ibidem</ref>. A Campobello di Mazara, invece, la cella è un “locale zeppo di casse, con una stanzetta e un séparé dove è stata ricavata una sorta di latrina”<ref>Ivi, pp. 170-171.</ref>.