Giuseppe Di Matteo: differenze tra le versioni

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Il sequestro e l’omicidio: è importante fontare data e luogo della morte
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== L’impatto sociale e l’influenza culturale ==
{{Sf|Il sequestro, l’omicidio e lo scioglimento nell’acido del piccolo Giuseppe Di Matteo sono tra i crimini mafiosi ad aver avuto uno dei maggiori impatti sulla società civile, la cultura popolare e la stessa [[Criminalità organizzata|organizzazione criminale]]. Molti sono gli elementi che hanno pesato in tal senso: l’innocenza e la tenera età della vittima, le modalità del rapimento (con il crudele inganno di far credere al bambino di essere stato prelevato per incontrare il padre) e della detenzione (779 giorni in regime di pressoché totale isolamento, in condizioni ambientali, igieniche e alimentari totalmente incompatibili con la vita di un ragazzino nella primissima adolescenza), le manipolazioni e le violenze psicologiche subite dal bambino, la brutalità dello strangolamento, la barbarie della distruzione del corpo e la pochezza morale dimostrata dagli assassini nell’eseguire il delitto.}}
 
{{Sf|Per queste ragioni, la vicenda di Giuseppe Di Matteo ha suscitato un profondo turbamento, un diffuso sentimento di orrore, ripulsa e condanna, una volontà di ricostruzione dettagliata dei fatti e un desiderio vivissimo di rievocazione narrativa, letteraria e artistica della vicenda dal punto di vista della vittima. Si sono confrontati con il caso Di Matteo giornalisti, intellettuali, drammaturghi, cineasti ed esponenti dell’[[Movimento antimafia|antimafia]]dell’antimafia civile e sociale, oltre che il magistrato e i collaboratori di giustizia direttamente coinvolti nella vicenda.}}
 
In interviste concesse a [[Sandro Ruotolo]] per il giornale online [[Fanpage.it]], Santino Di Matteo ha ricordato come i crimini commessi contro suo figlio Giuseppe da parte di [[Cosa nostra]] abbiano finito col danneggiare profondamente l’[[Criminalità organizzata|organizzazione criminale]], facendole perdere consenso e turbando coscienze.<ref>Cfr. per esempio https://youmedia.fanpage.it/video/aa/WTijJuSwiAMxiOMH/u1/</ref>
 
{{Sf|Il giudice [[Alfonso Sabella]], che indagò sulla scomparsa di Giuseppe Di Matteo e fece da pubblico ministero al processo, ha tra l’altro appurato, sulla base di testimonianze di collaboratori di giustizia, che il caso del piccolo Di Matteo ebbe una parte nel suicidio di [[Vincenzina Marchese]], moglie di [[Leoluca Bagarella]] e cognata di [[Salvatore Riina|Totò Riina]].}} Entrata in depressione per aver subito due aborti e per la vergogna di essere sorella di [[Giuseppe Marchese (criminale)|Pino Marchese]], “il primo ‘corleonese’ pentito ed il collaboratore di giustizia più odiato dalla famiglia Riina”<ref>Sabella, Cacciatore, op. cit., p. 64.</ref>, la donna rimane “profondamente turbata, come gran parte del popolo di [[Cosa nostra]], dalla storia del piccolo Giuseppe Di Matteo”<ref>''Ibidem''.</ref>. Si convince così “che non avere figli sia una sorta di castigo di Dio, una punizione per il rapimento di quel ragazzino innocente eseguito dagli uomini di suo marito. Il [[Boss (mafia)|boss]] giura alla moglie che il bambino non è stato ucciso. E in effetti, in quella data, dice la verità. Ma lei non gli crede. E, tra mille tormenti, si toglie la vita”.<ref>''Ibidem.''</ref>
 
Lo stesso responsabile del fatto [[Giovanni Brusca]], una volta divenuto collaboratore di giustizia, ha dichiarato che, pur essendosi reso autore e/o mandante di un numero di omicidi e crimini così alto da non riuscire nemmeno a ricordarlo, nessuno di essi gli ha attirato addosso così tanto ribrezzo e gli ha provocato così tanto disagio quanto l'uccisione del piccolo Giuseppe: “Sono diventato ‘il mostro’ per avere commesso questo delitto. Forse non lo sarei diventato se mi fossi limitato a uccidere il [[Giovanni Falcone|dottor Falcone]] e sua [[Francesca Morvillo|moglie]] … Nelle aule dei processi … la mia ricostruzione, se possibile, è stata ancora più minuziosa, più puntigliosa più ricca di particolari che per tutti gli altri crimini … Ogni volta che in dibattimento mi hanno rivolto domande su Giuseppe Di Matteo ho perso la calma, spesso il mio autocontrollo, la mia sicurezza espositiva. Serve a qualcosa vergognarsi quando si è fatto uccidere un ragazzino che poteva essere tuo figlio? Non lo so. So, di sicuro, che per me sarebbe meglio non parlarne”<ref>Saverio Lodato, op. cit.</ref>.