Campi per l'internamento civile in Italia: differenze tra le versioni
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I '''campi per l'internamento civile in Italia''' furono dei campi di prigionia istituiti in [[Italia]], nelle sue [[Colonialismo italiano|colonie]] e nei territori occupati in [[Regno di Jugoslavia|Jugoslavia]]. Il primo fu il [[campo di concentramento di Nocra]], in [[Eritrea]], nel 1887.
Un notevole incremento dei campi avvenne sotto il [[Italia fascista|regime fascista]], che ne face erigere più del 90%. Essi operarono come
▲Essi operarono come campi di concentramento e lavoro coatto ai fini di sottomettere i popoli nelle colonie ([[libici]], [[Somali (gruppo etnico)|somali]], [[eritrei]] ed [[etiopi]]), per "purificare la razza italiana" (internando [[ebrei]], [[sloveni]], [[croati]], [[serbi]], [[bosniaci]], [[albanesi]], [[cinesi]], [[rom (popolo)|rom]] e [[greci]]) e come misura alternativa al [[confino]] per i dissidenti politici [[antifascisti]]. In seguito all'[[Armistizio di Cassibile|Armistizio dell'8 settembre]] 1943 l'amministrazione dei campi passò dal [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] alla [[Repubblica Sociale Italiana]], che li convertì in campi di raccolta finalizzati alla [[deportazione]] verso i [[campi di sterminio]] della [[Germania nazista]], in primo luogo [[Auschwitz]].
Dopo la fine della guerra, il Governo italiano non ripristinò mai i campi d'internamento civile e la [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione della Repubblica italiana]] del 1948 li escluse
== Storia ==
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