Primavera croata: differenze tra le versioni

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Nei primi giorni del movimento, la leadership politica croata avanzò richieste di democratizzazione e decentralizzazione dell’economia, miranti a consentire alla repubblica di trattenere in Croazia una quota maggiore dei profitti generati, anziché utilizzare esclusvamente le entrate derivanti dal turismo e dagli emigrati per sostenere economicamente altre aree e prevenire il declino economico.<ref name="Rusinow-t"/><ref name="Rusinow-1972"/>
 
I problemi economici in Jugoslavia contribuirono a un aumento dell’[[Emigrazione|emigrazione]] economica, che colpì in particolare la Croazia, nonostante la maggior parte delle entrate derivanti dal turismo e il 37% di tutti i lavoratori emigranti jugoslavi provenissero proprio da questa repubblica.<ref name="Rusinow-t"/><ref name="Rusinow-1972"/>
 
L'economista croato Vladimir Veselica divenne noto in questo periodo per aver evidenziato come la [[Croazia]] non fosse riuscita a beneficiare adeguatamente della valuta estera che entrava in [[Jugoslavia]] attraverso il suo territorio, utilizzandone una quota sproporzionatamente piccola.<ref>[7]</ref> Secondo Veselica, l’istituzione di una Banca nazionale indipendente della Croazia avrebbe permesso una distribuzione più equa dei profitti. Tuttavia, rinunciando al diritto di utilizzare la banca federale jugoslava, la repubblica avrebbe dovuto altresì rinunciare all’accesso al fondo federale statale Jugoslavo, destinato alle regioni meno sviluppate.
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Nel settembre 1971, tre linguisti croati — Stjepan Babić, Božidar Finka e Milan Moguš — pubblicarono un libro di testo di ortografia e grammatica intitolato ''Hrvatski pravopis'' (''Ortografia croata''), contrapposto allo ''Srpskohrvatski'' (serbo-croato). Il volume fu immediatamente vietato e quasi tutte le copie furono distrutte. Tuttavia, una copia sopravvissuta raggiunse [[Londra]], dove venne ristampata e pubblicata nel 1972.<ref>{{Cita web|url=http://ihjj.hr/iz-povijesti/babic-ndash-finka-ndash-mogus-hrvatski-pravopis-1971-londonac/57/|titolo=Babić – Finka – Moguš: Hrvatski pravopis, 1971. (londonac)|sito=ihjj.hr|editore=[[Institute of Croatian Language and Linguistics]]|lingua=hr|accesso=17 gennaio 2017}}</ref>
 
La classe dirigente jugoslava interpretò l'intera vicenda come un tentativo di restaurazione del nazionalismo croato, definendo il movimento come [[Sciovinismo|sciovinista]]. Di conseguenza, la polizia represse con durezza i manifestanti. Nel 1971, la leadership della [[Unione Sovietica|Unione Sovietica]] esercitò ulteriore pressione su Tito, sia direttamente, attraverso [[Leonid Il'ič Brežnev|Leonid Breznev]], sia indirettamente tramite i suoi ambasciatori in Jugoslavia, con l’obiettivo di rafforzare il controllo del Partito Comunista all’interno dello Stato, apparentemente in linea con la [[Dottrina Brežnev|dottrina di Breznev]].<ref>{{Cita news|autore=Ivo Banac|url=http://www.vecernji.hr/vijesti/kako-su-rusi-lomili-tita-slomili-hrvatsku-clanak-347999|titolo=Kako su Rusi lomili Tita i slomili Hrvatsku|pubblicazione=[[Večernji list]]|data=20 novembre 2011|accesso=20 novembre 2011|lingua=scr|}}</ref>
 
Dopo gli scioperi studenteschi, nel dicembre 1971 [[Josip Broz Tito|Tito]] indusse alcune figure pubbliche che considerava inaffidabili — tra cui [[Savka Dabčević-Kučar]], Miko Tripalo e Dragutin Haramija — a dimettersi dalle loro cariche. Questi furono successivamente reintegrati in ruoli meno influenti all’interno del [[Partito Comunista di Croazia]] e dell’amministrazione locale. Secondo le stime di Tripalo, tra il 1972 e il 1973 circa duemila persone furono perseguite penalmente in Croazia per aver partecipato agli eventi legati alla [[Primavera croata]].<ref>{{Cita|Tripalo|1990}}, citato in {{Cita|Spehnjak|Cipek|2007}}</ref> Tra gli arrestati vi erano il futuro presidente della [[Croazia]] [[Franjo Tuđman]] e il giornalista dissidente Bruno Bušić. Altri arrestati e condannati includevano attivisti studenteschi come Dražen Budiša, Ivan Zvonimir Čičak, Ante Paradžik e Goran Dodig, oltre a membri di [[Matica hrvatska]] quali Vlado Gotovac, Marko Veselica, Šime Đodan, Jozo Ivičević e Hrvoje Šošić. Nel 1972, più di 25.000 persone furono espulse dalla [[Lega dei Comunisti di Croazia|Lega dei comunisti della Croazia]]. Le forze sociali e politiche conservatrici avviarono una repressione che impedì le riforme finali volte a trasformare la Jugoslavia in una vera federazione di repubbliche e province sovrane, limitando invece sia il concetto politico jugoslavo sia la sua [[nomenklatura]] a una forma di "socialismo reale" priva di potenziale.
 
== Conseguenze ==