Lettera VII: differenze tra le versioni
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Boas, ad esempio, sottolinea che è assai strano che un autore come Platone, che ha scritto due trattati di politica (''La Repubblica'' e ''Le leggi''), non faccia la minima menzione dell'esperienza siciliana. E lo stesso curioso silenzio arriva da Aristotele (che pure ha scritto di politica). Considerando che tra la morte di Platone e l'edizione di Aristofane sono passati 125 anni o più, non è difficile ipotizzare che le tredici lettere siano state contraffatte.<ref>{{cita|Boas|p. 453}}.</ref> Analizzando i punti della ''Lettera VII'' che riecheggiano passaggi dai dialoghi, Boas osserva che in molti casi l'autore della lettera fraintende tali passaggi o ne rovescia il significato. Inoltre, a parere di Boas, è possibile intravedere alcuni "echi aristotelici" nel testo della lettera, in particolare nella nota "digressione filosofica" (341a-345c), come nel caso della parola ἐπιχείρησιν (in 341e, da ''[[Topici]]'', 111 b, 16; 139 b, 10) e l'espressione τὸ ποιόν τι (342e), una classica invenzione aristotelica.<ref>{{cita|Boas|pp. 455-456}}.</ref> A Boas ha risposto Bluck, cercando di confutare tutti i punti.<ref>«Plato's Biography: The Seventh Letter», in ''The Philosophical Review'', vol. 58, No. 5 (settembre 1949), pp. 503-509.</ref>
[[Luciano Canfora]] si dichiara convinto dell'autenticità della ''Lettera VII'' e riconosce in essa un ben definito indirizzo politico che Platone intendeva realizzare in Sicilia.<ref>''La crisi dell'utopia: Aristofane contro Platone'', Gius. Laterza & Figli Spa 2014, Capitolo IV. L’‘autobiografia’ di Platone.</ref> Canfora ritiene inoltre che il papiro 1 Worp sia una ulteriore e fortissima prova a favore dell'autenticità della lettera.
{{citazione|La straordinarietà del papiro P. Mil. Vogl. 1264 [1 Worp] pubblicato da Gallazzi consiste nel fatto che ci permette di considerare la Settima lettera (in virtù del suo legame con l'Ottava) ben più antica dell’età di Cicerone. Questa informazione è coerente con quanto già sottolineato da Wilamowitz, vale a dire che Aristofane di Bisanzio (tra il 257 e il 180 a.C.) leggeva, nella raccolta che aveva a disposizione ad Alessandria, alcune lettere platoniche. C’è un’unica spiegazione possibile alla circolazione in Egitto nel III secolo a.C. pochi anni dopo la fondazione della Biblioteca, ed è stata evidenziata con grande cura da Luciano Canfora: il testo di Platone che era giunto da Atene comprendeva quelle lettere. Platone era morto da poco più di mezzo secolo, dunque è nel contesto dell'{{sic|Academia}} che le due lettere hanno visto l’elaborazione e la diffusione. Lettere che l'{{sic|Academia}} ha voluto circolassero attribuite a Platone. Questo non implica, a rigore, che Platone le abbia anche scritte - e, ovviamente, non lo esclude: conferma, però, che non possono essere di molto successive alla sua morte. Non c’è dunque motivo di dubitare aprioristicamente dell’autenticità della Settima lettera.}}
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