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La datazione dei reperti fossili indicano che cani e lupi coabitano sulla penisola italiana da almeno il [[Paleolitico superiore]], circa 14&nbsp;000 anni fa.<ref name="boschin2020">{{Cita pubblicazione|cognome1= Boschin|nome1= F. |etal=si |anno= 7 agosto 2020 |titolo=The first evidence for Late Pleistocene dogs in Italy|url=https://ro.uow.edu.au/cgi/viewcontent.cgi?article=2537&context=smhpapers1 |lingua= en|rivista=Scientific Reports |volume=10 |numero= 1 |doi= 10.1038/s41598-020-69940-w}}</ref> Si desume perciò che, prima dell'intensificazione delle attività antropiche negli ultimi decenni del XX secolo, il fenomeno di ibridazione fra i due sia stato raro grazie alle barriere ecologiche che li separavano. Attualmente, tale evento sembra avvenire in zone dove i lupi si trovano superati di numero da cani di taglia grossa vaganti, randagi o inselvatichiti, e nei luoghi dove il bracconaggio o il prelievo legale porta allo sfaldamento della coesione sociale dei lupi. Le aree dove si trovano fonti di cibo concentrate, come le carcasse di bestiame o le discariche, possono anch'esse portare i lupi ad associarsi con i cani. Queste fonti di cibo possono inoltre aumentare le possibilità di sopravvivenza delle cucciolate ibride.<ref name="ciucci2012">{{Cita pubblicazione|cognome1= Ciucci|nome1= P. |anno= maggio 2012 |titolo=Ibridazione con il cane come minaccia per la conservazione del lupo: Status delle conoscenze e criteri per l'identificazione degli ibridi|url=https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/43-relazione_tecnica_azione_a2_ibriwolf_finale.pdf |rivista=Relazione Life10NAT/IT/265 Ibriwolf}}</ref> Il fenomeno, considerando le alte percentuali di individui ibridati, è motivo di grande preoccupazione per la conservazione del lupo, dato che l'introgressione genetica del cane compromette l'integrità genomica della specie, potenzialmente introducendo varianti geniche non adatte alla vita selvatica. Inoltre, gli ibridi possono dimostrare comportamenti più audaci dei lupi puri nelle zone antropizzate, aumentando così il rischio di conflitto, e presentano difficoltà di identificazione in natura a causa di caratteri morfologici come i colori del mantello più variegati. L'introgressione può anche aumentare la frequenza dell'estro da singola a doppia annuale.<ref name="ciucci2012"/>
 
L'Italia risulta avere la più alta concentrazione di ibridazione in tutta l'UE,<ref name="blanco.38">{{cita|Blanco e Sundseth, 2023|pp. 38-39|cidBlanco|citazione=''The highest rates of wolf-dog hybridization have been found in Italy.''}}.</ref> ed è considerata la minaccia più grave per la specie in Italia dalla [[Lista rossa IUCN]] italiana.<ref name="battistoni2022"/> I primi casi di ibridazione furono segnalati negli anni ottanta con la scoperta di un numero crescente di lupi con fenotipi anomali. Data però la morfologia variabile del lupo, non ci furono azioni gestionali immediati. Negli anni novanta, attraverso uno studio sul [[DNA mitocondriale|mtDNA]] dei lupi su scala globale, non vi furono segni di introgressioni, portando alla conclusione che ci fossero barriere riproduttive comportamentali tra i lupi e i cani che impedivano l'accoppiamento. Questa metodologia però era limitata dal fatto che era capace di segnalare introgressioni solo per via materna.<ref name="ciucci2012"/> Nei primi anni 2000, si fece ricorso ai [[Marcatori genetici|marcatori]] [[DNA nucleare|nucleari]] biparentali per misurare il livello di introgressione canina nel lupo appenninico. Sebbene l'indagine fu condotta con più efficienza del tentativo precedente, furono esaminati solo un massimo di 18 [[Locus genico|loci]] [[microsatelliti]] per esemplare, un numero ora ritenuto insufficiente per individuare gli ibridi, e talvolta i risultati mostrarano nessun segno di ibridazione anche in lupi con chiari segni fenotipici rintracciabili ai cani, come speroni sulle zampe posteriori. Dagli ultimi anni 2000 in poi, l'ISPRA fa affidamento agli [[Polimorfismo a singolo nucleotide|SNP]] per identificare i geni rintracciabili ai cani nella popolazione lupina, come ad esempio l'[[allele]] K<sup>b</sup>, responsabile per il melanismo. Ciononostante, il numero di ibridi allo stato brado in Italia potrebbe essere sottovalutato, dato i limiti dei metodi di campionamento e la mancanza di un piano nazionale per gestire attivamente il fenomeno.<ref name="ciucci2012"/>

Uno studio svolto nel 2004 rivelò che il 20-25% dei 192 lupi esaminati in [[provincia di Arezzo]] dal 1984-2004 mostravano mantelli neri.<ref name="viviani.33">{{cita|Viviani, Gazzola e Scandura, 2006|p. 33|cidViviani2006}}.</ref> Studi effettuati negli anni 2010 hanno rilevato ibridazioni nel 50%-70% dei lupi presenti nella [[Toscana]] e nell'appennino tosco-emiliano,<ref>{{Cita pubblicazione|cognome1= Ciucci|nome1= P. |etal=si |anno= 1º aprile 2021 |titolo=Estimating Admixture at the Population Scale: Taking Imperfect Detectability and Uncertainty in Hybrid Classification Seriously|url=https://wildlife.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jwmg.22038 |rivista=The Journal of Wildlife Management |doi= 10.1002/jwmg.22038}}</ref> e nel 30.6% di quelli presenti nella [[provincia di Grosseto]].<ref name="blanco.38"/> Delle analisi genetiche di 1.500 esemplari raccolti dall'ISPRA nel periodo del 2020-2021 su scala nazionale rivelarono segni di ibridazione antica nel 15.6% dei campioni e di ibridazione recente nell'11.7%.<ref name ="MonitoraggioLupo"/>
 
=== Bracconaggio ===