Gianmario Filelfo: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Nacque dal più noto umanista [[Francesco Filelfo|Francesco]] e da Teodora Crisolora nel quartiere genovese di [[Costantinopoli]], dove il padre risedette per sette anni. Fra il [[1427]] e il [[1440]] visse a [[Venezia]], [[Bologna]], [[Firenze]] e [[Siena]], dove il padre ebbe incarichi di insegnamento universitario. Seguì poi il padre alla corte dei [[Visconti]], ma verso i vent'anni si recò alla corte dei [[Del Carretto]], Signori di [[Finale Ligure|Finale]] e alleati dei Visconti. Proprio allora, però, morì [[Filippo Maria Visconti]] e a [[Genova]] prese il sopravvento il partito dei [[Fregoso (famiglia)|Campofregoso]] (o Fregoso). Il nuovo doge, [[Giano di Campofregoso]], decise di sottomettere i [[Del Carretto]] dando origine a una guerra ([[1447]]-[[1451]]), a cui Gianmario poté assistere e di cui scrisse nella sua opera più famosa, il ''Bellum Finariense'' ([[1453]]). Durante l'occupazione genovese di Finale, Gianmario si stabilì a Savona, dove insegnò e ricevette la cittadinanza onoraria. In quel periodo sposò Maria Del Carretto, del ramo di Millesimo. Si appoggiò, quindi, a Renato d'Angiò, di cui divenne segretario e che gli procurò una magistratura a Marsiglia. Viaggiò lungamente per l'Italia e la Francia. Fu consigliere e cavaliere del duca Lodovico di Savoia. Come ambasciatore dei Savoia si recò presso il re di Francia Carlo VII. Il duca d'Urbino, invece lo inviò presso il marchese di MantovaFu anche invitato al servizio del pontefice Pio II con l'incarico di avvocato concistoriale, ma rifiutò l'ufficio.
Il Filelfo terminò i suoi giorni a Mantova alla corte di Federico Gonzaga.
 
==Opere==
I suoi scritti sono numerosi e tutti in latino. Furono scoperti molti anni dopo la sua scomparsa. Oltre alla storia, coltivò la poesia e fu coronato poeta "laureato". L'opera di maggior impegno è il ''Bellum Finariense'' ([[1453]]), che rimase manoscritto per tre secoli, sino a quando [[Ludovico Antonio Muratori]] volle inserirlo nei ''Rerum Italicarum Scriptores''. Egli, però, dovette cedere alle pressioni politiche genovesi, sostituire nel volume XXIV l'opera del Filelfo con una oscura e malridotta cronaca e dichiarare di aver distrutto i tipi, già pronti per la stampa ([[1733]]). Fortunatamente lo stampatore, di sua iniziativa o su ordine del Muratori stesso, tirò nascostamente alcune copie, che probabilmente furono messe in circolazione solo durante la partecipazione genovese alla guerra di Successione Austriaca ([[1746]]-[[1748]]), se non dopo la morte del Muratori ([[1750]]). Le pagine più significative furono tradotte in italiano e pubblicate solo nel [[1979]] da Giovanni Battista Cavasola.