Roberto Farinacci: differenze tra le versioni
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'''Roberto Farinacci''' ([[Isernia]], [[Molise]], [[16 ottobre]] [[1892]] - [[Vimercate]], [[28 aprile]] [[1945]])
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Figlio di un commissario di [[
In seguito riuscì a conseguire in breve tempo la licenza liceale e, grazie all'aiuto del prof. [[Alessandro Groppali]], ricevette la laurea in [[legge]] con una [[tesi]] di cui si è sospettato che fosse stata copiata.
Si avvicinò giovanissimo alla [[politica]] e si occupò della riorganizzazione del [[sindacato]] [[agricoltura|contadino]] [[socialismo|socialista]]. Nel frattempo iniziò a collaborare con ''[[Il Popolo d'Italia]]'' di [[Benito Mussolini]]. Subito dopo la [[Prima Guerra Mondiale]], alla quale partecipò come volontario, abbandonò il gruppo [[Partito socialista italiano|socialista]] di [[Leonida Bissolati|Bissolati]] per avvicinarsi al movimento [[Fascismo|fascista]]. Nello stesso anno ([[1919]]) fondò con [[Benito Mussolini|Mussolini]] e altri fedelissimi i ''[[Fasci di Combattimento]]''.
==La crescita nel partito==
Nel [[1921]] fu eletto alla [[Camera dei Deputati]] ed operò, insieme ad [[Achille Starace]] per una massiccia campagna di [[propaganda]] nel [[Trentino-Alto Adige]]. Nel [[1922]] fondò il giornale "''Cremona Nuova''" in seguito chiamato, nel [[1929]], "''[[Il Regime Fascista]]''".
Farinacci, conosciuto a questo punto anche come il ''[[ras]]'' di [[Cremona]], organizzò il partito nelle zone rurali della "[[bassa padana]]", e divenne esponente di spicco della linea estremista e brutale collegata agli agrari del nord [[Italia]], incoraggiando la [[violenza]] dello [[squadrismo]] al punto da essere più volte ripreso dallo stesso Mussolini, al quale pesavano non poco, sotto un profilo di [[immagine]], gli eccessi che gli squadristi compivano in momenti spesso politicamente inopportuni.
==Manganello ed olio di ricino, ma non solo==
Lo squadrismo, del resto, ben si addiceva al carattere sanguigno di Farinacci, che pur essendo indubbiamente più che portato per la politica, la interpretava comunque con riferimenti di fisicità che solleticavano e sollecitavano il lato violento del regime. Fu in questa caratteristica che la sua figura venne distinguendosi sempre più visibile nel partito, venendo identificato, tanto dai fascisti quanto dagli oppositori, il principale fornitore dei [[manganello|manganelli]] e dell'[[olio di ricino]] che segnarono il riflesso pratico della dialettica politica di quei frangenti.▼
Parallelamente, e con molte analogie, cresceva in [[Romagna]] la figura di [[Dino Grandi]], che dello squadrismo di quelle aree era già indiscusso ''leader'': i due si sarebbero presto trovati in contrasto per la supremazia sulle frange violente del movimento prima e del partito poi. Ma mentre Grandi aveva già intrapreso su di sé un lavoro di sgrossatura che ne avrebbe presto fatto un fine [[diplomatico]] ed in pratica il gestore della [[politica estera]] italiana, Farinacci preferì dedicarsi alla ''leadership'' ed alla gestione di questa vasta componente; taluni hanno peraltro ipotizzato che il cambio di rotta di Grandi possa essere stato effetto di un accordo fra i due, eventualmente con la benedizione del Duce (con cui Grandi si era da poco definitivamente accordato riconoscendogli il comando in capo del movimento).
▲Lo squadrismo, del resto, ben si addiceva al carattere sanguigno di Farinacci, che pur essendo indubbiamente più che portato per la politica, la interpretava comunque con riferimenti di fisicità che solleticavano e sollecitavano il lato violento del [[regime]]. Fu in questa caratteristica che la sua figura venne distinguendosi sempre più visibile nel partito, venendo identificato, tanto dai fascisti quanto dagli oppositori, il principale fornitore dei [[manganello|manganelli]] e dell'[[olio di ricino]] che segnarono il riflesso pratico della [[dialettica]] politica di quei frangenti.
La violenza squadrista che Farinacci praticamente promuoveva ormai scopertamente, legò inoltre il nome di questo gerarca all'omicidio [[Giacomo Matteotti|Matteotti]] nel [[1924]]. Se da un lato non mancano congetture circa un suo diretto coinvolgimento diretto ed operativo nel sequestro e nella successiva eliminazione del parlamentare socialista (fu peraltro il difensore di [[Amerigo Dumini]], uno degli imputati del relativo processo), le conseguenze politiche dell'accaduto lo riguardarono anche più da vicino. Dopo averlo incontrato, Mussolini, come noto, rivendicò a sé la responsabilità politica dell'omicidio, esplicitando nel famoso discorso alla [[Camera]] il riconoscimento dello squadrismo, ammettendo pertanto apertamente che il fascismo considerava i suoi violenti militanti come una delle componenti del partito, legittimando con questo il loro capo alla piena rilevanza politica.▼
La violenza squadrista che Farinacci praticamente promuoveva ormai scopertamente, legò inoltre il nome di questo gerarca all'[[omicidio]] [[Giacomo Matteotti|Matteotti]] nel [[1924]].
Fu strumentale, molti convengono, tale riconoscimento dello squadrismo all'instaurazione della [[dittatura]], e dunque la situazione di crisi apertasi con il delitto veniva risolta con un ingente vantaggio per il partito. Di tale vantaggio, che non è agevole dire quanto davvero espressamente cercato in questa forma, Farinacci sarebbe stato remunerato con la segreteria del [[Partito Nazionale Fascista]], ufficio che resse dal [[1925]] al [[1926]], e con l'ammissione di fatto al gruppo dei politici più importanti. Questo non sanava una contrapposizione che sempre avrebbe diviso Farinacci dal suo Duce, che egli riconosceva come capo, stimava ed amava, ma che rimproverava (anche pubblicamente, e non solo per propaganda) di essere eccessivamente liberale e morbido, costantemente ponendoglisi in controscena nel produrre proposte "più decise" ogni volta che Mussolini gli pareva poco incisivo (ed accadeva spesso).▼
==I vantaggi del delitto Matteotti==
Dopo le dimissioni da segretario, rinuncia assai gradita a Mussolini, i rapporti con gli altri gerarchi si deteriorarono, in particolare con l'influentissimo Federzoni, ma ebbe screzi anche con [[Italo Balbo]] e [[Giuseppe Bottai]], pregiudicandosi la possibilità di raccogliere supporto da terzi nelle sempre più difficili relazioni col vertice. I modi, certamente, non erano il suo punto forte, se nelle sue lettere arrivava ad offendere e addirittura minacciare velatamente il Duce forse oltre le sue stesse intenzioni ([http://www.larchivio.org/xoom/farinacc.htm v.]) (il Duce, comunque, per non rischiare, rispose per le rime). Ed i suoi modi riuscirono anche a provocare uno stallo di diversi mesi nel lavoro diplomatico che il regime andava intessendo con la [[Chiesa cattolica]] per l'elaborazione del [[Concordato|noto trattato]] che avrebbero sottooscritto nel [[1929]].▼
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▲Fu strumentale, molti convengono, tale riconoscimento dello squadrismo all'instaurazione della [[dittatura]], e dunque la situazione di crisi apertasi con il delitto veniva risolta con un ingente vantaggio per il partito. Di tale vantaggio, che non è agevole dire quanto davvero espressamente cercato in questa forma, Farinacci sarebbe stato remunerato con la segreteria del [[Partito Nazionale Fascista]], ufficio che resse dal [[1925]] al [[1926]], e con l'ammissione di fatto al gruppo dei politici più importanti.
In ogni caso, dovendosi consolidare il regime e per questo scopo ampliare il consenso, si ebbe poco tempo dopo una sorta di [[epurazione]] interna delle componenti squadristiche, riducendo al contempo, anzi decimando, il potere rappresentativo di Farinacci. Questi tentò di ostacolare la manovra, ed anzi contestò la creazione della Milizia, nella quale sarebbero dovuti confluire i "suoi" squadristi, cercando di indurre alle dimissioni alcuni dei suoi neo-nominati dirigenti; Mussolini gli inviò allora il quadrumviro [[Emilio De Bono]] che, con in mano un mandato di cattura a lui intestato, seppe essere molto persuasivo.▼
Questo non sanava una contrapposizione che sempre avrebbe diviso Farinacci dal suo Duce, che egli riconosceva come capo, stimava ed amava, ma che rimproverava (anche pubblicamente, e non solo per propaganda) di essere eccessivamente liberale e morbido, costantemente ponendoglisi in [[controscena]] nel produrre proposte "più decise" ogni volta che Mussolini gli pareva poco incisivo (ed accadeva spesso).
Il "ras" si rituffò perciò - o forse si dedicò sul serio - alla professione forense, costruendo sulla sua figura l'immagine di uno dei Grandi del fascismo dedicatosi, [[Cincinnato]] padano, ai suoi campicelli della politica di provincia. In questa veste si volse ad assicurare al partito consenso e popolarità, raggiungendo risultati che Roma considerava molto positivamente; si consideri che il suo giornale, ora chiamato "Il Regime Fascista", a diffusione limitata all'Italia settentrionale, arrivò a vendere più copie del Popolo d'Italia. Ma non tutti i suoi entusiasmi erano condivisi a Palazzo Venezia: il giornale seguiva una linea in un certo senso indipendente, sempre propesa verso soluzioni drastiche ed energiche là dove Mussolini si muoveva con diplomazia e prudenza, costituendo il foglio d'opinione di una sorta di vera e propria opposizione interna al partito unico. ▼
==Molti nemici, molti guai==
La posizione contestataria era talmente smaccata che anche la [[polizia]], in occasione dell'attentato a Mussolini a [[Bologna]], volle verificare che non vi fossero coinvolgimenti dei fascisti di Farinacci e quando qualche interrogato ne fece il nome, solo il personale intervento di Mussolini lo salvò da misure di sicurezza preventive.▼
Dopo le dimissioni da segretario, rinuncia assai gradita a Mussolini, i rapporti con gli altri gerarchi si deteriorarono, in particolare con l'influentissimo Federzoni, ma ebbe screzi anche con [[Italo Balbo]] e [[Giuseppe Bottai]], pregiudicandosi la possibilità di raccogliere supporto da terzi nelle sempre più difficili relazioni col vertice.
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Meno ancora piacque al regime l'evocazione giornalistica dello "scandalo Belloni" ([[1928]]): [[Ernesto Belloni]], [[podestà]] di [[Milano]], fu indicato come il pricipale attore di una sorta di [[Tangentopoli]] ambrosiana nella quale i vizi privati si mescolavano alle pubbliche malversazioni. Insieme al notissimo [[federale]] [[Mario Giampaoli]], la cui vita di lussi e spese folli era ulteriormente impreziosita dallla passione per il [[gioco d'azzardo]], il Belloni aveva costruito una rete fittissima di rapporti "privilegiati" con industriali ed affaristi sino al punto di essersi garantito una maxi-[[tangente]] ritagliata da un colossale prestito erogato al Comune di milano (circa 30 milioni di dollari degli anni '20).▼
▲In ogni caso, dovendosi consolidare il regime e per questo scopo ampliare il [[consenso]], si ebbe poco tempo dopo una sorta di [[epurazione]] interna delle componenti squadristiche, riducendo al contempo, anzi decimando, il potere rappresentativo di Farinacci. Questi tentò di ostacolare la manovra, ed anzi contestò la creazione della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|Milizia]], nella quale sarebbero dovuti confluire i "suoi" squadristi, cercando di indurre alle dimissioni alcuni dei suoi neo-nominati dirigenti; Mussolini gli inviò allora il [[quadrumviro]] [[Emilio De Bono]] che, con in mano un [[mandato di cattura]] a lui intestato, seppe essere molto persuasivo.
Lo scandalo esplose intorno ad un memoriale scritto da [[Carlo Maria Maggi]], precedente federale di Milano e protetto di Farinacci, che fu pubblicato sul giornale cremonese. La vicenda suscitò immediatamente un certo nervosismo da parte di Mussolini, che la seguiva attentamente, conscio della potenziale grave lesione all'immagine del nuovo stato fascista. Il Duce, è stato sostenuto, avrebbe premuto per tacitare la vicenda, ma le pubblicazioni continuarono, in aperta polemica con i vertici romani.▼
▲Il "ras" si rituffò perciò - o forse si dedicò sul serio - alla professione forense, costruendo sulla sua figura l'immagine di uno dei Grandi del fascismo dedicatosi, [[Cincinnato]] padano, ai suoi campicelli della politica di provincia. In questa veste si volse ad assicurare al partito consenso e popolarità, raggiungendo risultati che Roma considerava molto positivamente; si consideri che il suo giornale, ora chiamato "Il Regime Fascista", a diffusione limitata all'[[Italia]] settentrionale, arrivò a vendere più copie del "Popolo d'Italia
Giampaoli, invece, avrebbe per tutta risposta commissionato l'omicidio di Farinacci, per un soldo di 2.000 lire; non tardò Farinacci a trovare documenti che provavano la manovra e con questi si presentò personalmente al Duce. La pubblicazione, però, aveva detestato l'attenzione della magistratura che, probabilmente perché non era più possibile diversamente, aprì nel settembre [[1930]] un pubblico processo (che avrebbe confermato le accuse). Mussolini aveva destituito Giampaoli prima del processo, ma anche il Maggi fu allontanato. A Farinacci si chiusero le porte della politica "importante" per molti anni ed il suo giornale fu successivamente di tanto in tanto oggetto di "dispettose" censure, sequestri, ammonimenti. E forse - è stato detto - ebbe anche fortuna non avendo patito altre conseguenze (oltre all'emarginazione) quando attaccò [[Arnaldo Mussolini]], fratello del Duce, del quale insinuò senza prove che avesse ottenuto finanziamenti occulti per "il Popolo d'Italia".▼
Ma non tutti i suoi entusiasmi erano condivisi a [[Palazzo Venezia]]: il giornale seguiva una linea in un certo senso indipendente, sempre protesa verso soluzioni drastiche ed energiche là dove Mussolini si muoveva con diplomazia e prudenza, costituendo il foglio d'opinione di una sorta di vera e propria [[opposizione]] interna al partito unico.
Con la [[guerra d'Etiopia]], "il selvaggio Farinacci" (com'era affettuosamente chiamato dai suoi fedelissimi) partì volontario della [[MVSN|Milizia]] con i bombardieri di [[Galeazzo Ciano]], nuovamente insieme a Starace (per il quale aveva nel frattempo maturato un disprezzo assoluto). Raggiunse il grado di [[generale]]; perse la mano destra per un incidente occorsogli mentre pescava con le bombe in un lago africano, ma fu passata per ferita bellica e ne ottenne un vitalizio (devoluto però in opere di beneficenza). Con un'incisività che il suo carattere non rendeva ingiustificata, fu in seguito velenosamente chiamato "la mano destra di Mussolini".▼
==Il fascista non allineato==
Inviato come osservatore militare in [[Spagna]] durante la [[guerra civile spagnola]], le sue relazioni furono tecnicamente assai lucide, delineando un quadro prospettico che gli eventi successivi avrebbero confermato.▼
▲La posizione [[contestazione|contestataria]] era talmente smaccata che anche la [[polizia]], in occasione dell'[[attentato]] a Mussolini a [[Bologna]], volle verificare che non vi fossero coinvolgimenti dei fascisti di Farinacci e quando qualche interrogato ne fece il nome, solo il personale intervento di Mussolini lo salvò da misure di sicurezza preventive.
▲Meno ancora piacque al regime l'evocazione giornalistica dello "[[scandalo]] Belloni" ([[1928]]): [[Ernesto Belloni]], [[podestà]] di [[Milano]], fu indicato come il pricipale attore di una sorta di [[Tangentopoli]] ambrosiana nella quale i vizi privati si mescolavano alle pubbliche [[malversazione|malversazioni]]. Insieme al notissimo [[federale]] [[Mario Giampaoli]], la cui vita di lussi e spese folli era ulteriormente impreziosita
Quando i tedeschi cominciarono a trasudare desideri bellici, Farinacci giocò un ruolo certamente influente, ma che ha prodotto interpretazioni talvolta divergenti fra gli osservatori. ▼
▲Lo scandalo esplose intorno ad un [[memoriale]] scritto da [[Carlo Maria Maggi]], precedente federale di Milano e protetto di Farinacci, che fu pubblicato sul giornale cremonese. La vicenda suscitò immediatamente un certo nervosismo da parte di Mussolini, che la seguiva attentamente, conscio della potenziale grave lesione all'immagine del nuovo stato fascista. Il Duce, è stato sostenuto, avrebbe premuto per [[insabbiamento|tacitare]] la vicenda, ma le pubblicazioni continuarono, in aperta polemica con i vertici romani.
Strinse amicizia con alcuni gerarchi del [[nazismo]], come [[Goebbels]], avvicinandosi ad alcune posizioni della dittatura tedesca che nella sua visione si era mantenuta più "pura", senza scadimenti borghesi. Poco dopo avrebbe incontrato [[Hitler]], al quale avrebbe espresso questi suoi dubbi. Secondo alcuni Mussolini avrebbe deciso di sfruttare queste aperture di Farinacci per affidargli punitivamente (ma con gradimento dell'interessato) i ruoli insostenibili dell'introduzione delle [[leggi razziali]], che seguivano di poco la sottoscrizione del [[patto d'acciaio]].▼
▲Giampaoli, invece, avrebbe per tutta risposta commissionato l'omicidio di Farinacci, per un soldo di 2.000 lire; non tardò Farinacci a trovare documenti che provavano la manovra e con questi si presentò personalmente al Duce. La pubblicazione, però, aveva detestato l'attenzione della [[magistratura]] che, probabilmente perché non era più possibile diversamente, aprì nel settembre [[1930]] un pubblico processo (che avrebbe confermato le accuse). Mussolini aveva destituito Giampaoli prima del processo, ma anche il Maggi fu allontanato.
Farinacci fu un convinto sostenitore della necessità di entrare in guerra e quando nel [[1939]] l'[[Italia]] traccheggiava, rinviando le decisioni, assunse posizioni talmente accese che le si dovette spegnere con sequestri del suo giornale, controlli di polizia (fu in pratica seguito come un sovversivo) e faticosissimi richiami all'ordine di scuderia. Quando poi la guerra fu dichiarata, Farinacci si diede al minuzioso controllo dei potenziali traditori, inoltrando decine di rapporti su decine di (da lui) sospettati.▼
A Farinacci si chiusero le porte della politica "importante" per molti anni ed il suo giornale fu successivamente di tanto in tanto oggetto di "dispettose" [[censura|censure]], sequestri, ammonimenti. E forse - è stato detto - ebbe anche fortuna non avendo patito altre conseguenze (oltre all'[[emarginazione]]) quando attaccò [[Arnaldo Mussolini]], fratello del Duce, del quale insinuò senza prove che avesse ottenuto finanziamenti occulti per "il Popolo d'Italia".
Nel [[1941]] fu inviato in [[Albania]], dove alcune relazioni sul personale e sull'organizzazione dell'esercito, ingenuamente ma fedelmente indicanti imbarazzanti e pericolose magagne, dovettero essere intercettate e censurate prima che potessero cagionare danno. Su [[Pietro Badoglio]] invece aveva inviato relazioni di grande esattezza, che furono forse la causa principale delle sue dimissioni.▼
==La riammissione alla politica==
In qualche modo informato con circa un mese di anticipo della [[fronda]] che andava preparando il noto ordine del giorno del [[25 luglio]] [[1943]], volle metterne al corrente Mussolini che non diede peso alla segnalazione e cercò allora di far pervenire la notizia a Hitler, ma non fu creduto. Alla seduta del Gran Consiglio si astenne, dopo aver criticato la mozione, ma avendo subito dopo replicato sostenendo in pratica le medesime cose sostenute da Grandi: poteri al Re. La stessa sera fu rifugiato nell'ambasciata tedesca ed il giorno successivo sarebbe stato trasferito a [[Monaco]].▼
▲Con la [[guerra d'Etiopia]], "il selvaggio Farinacci" (com'era affettuosamente chiamato dai suoi fedelissimi) partì volontario della [[MVSN|Milizia]] con i bombardieri di [[Galeazzo Ciano]], nuovamente insieme a Starace (per il quale aveva nel frattempo maturato un disprezzo assoluto). Raggiunse il grado di [[generale]]; perse la [[mano]] destra per un incidente occorsogli mentre pescava con le bombe in un lago africano, ma fu passata per ferita bellica e ne ottenne un [[vitalizio]] (devoluto però in opere di [[beneficenza]]). Con un'incisività che il suo carattere non rendeva ingiustificata, fu in seguito velenosamente chiamato "la mano destra di Mussolini".
▲L'esperienza africana gli valse comunque una rivalutazione intanto sotto il profilo militare. Inviato come osservatore militare in [[Spagna]] durante la [[guerra civile spagnola]], le sue relazioni furono tecnicamente assai lucide, delineando un quadro prospettico che gli eventi successivi avrebbero confermato.
Si è detto che i tedeschi, prima di insediare Mussolini a [[Salò]] avessero pensato a Farinacci come capo della [[repubblica sociale italiana]]. La candidatura, di cui molti storici hanno parlato, ma con esiguità di riscontri, sarebbe caduta sia per la mancanza di [[carisma]] di Farinacci, sia per la sua radicalità, che lo avrebbe reso di difficile controllo per tutti quegli aspetti diplomatici che la carica avrebbe comportato. Si sapeva inoltre che Farinacci era in fondo un oppositore del Duce, e che la sua posizione era tanto distinta da quella di Mussolini da poter connotare il nuovo orgnaismo come cosa diversa dal fascismo che gli italiani conoscevano. Non si riscontra affatto, invece, la tesi avanzata di recente per la quale Farinacci avrebbe egli stesso declinato l'offerta perché - si sostiene - deluso dalla volontà germanica di controllare completamente la nuova repubblica senza rappresentatività italiana.▼
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▲Strinse amicizia con alcuni gerarchi del [[nazismo]], come [[Goebbels]], avvicinandosi ad alcune posizioni della dittatura tedesca che nella sua visione si era mantenuta più "pura", senza scadimenti [[borghesia|borghesi]]. Poco dopo avrebbe incontrato [[Hitler]], al quale avrebbe espresso questi suoi dubbi. Secondo alcuni, Mussolini avrebbe deciso di sfruttare queste aperture di Farinacci per affidargli punitivamente (ma con gradimento dell'interessato) i ruoli insostenibili e del tutto impopolari dell'introduzione delle [[leggi razziali]], che seguivano di poco la sottoscrizione del [[patto d'acciaio]]. Secondo altri, Farinacci avrebbe premuto per potersene occupare, convinto della loro opportunità politica.
==La guerra==
▲Farinacci fu di fatto un convinto sostenitore della necessità di entrare in [[guerra]] e quando nel [[1939]] l'[[Italia]] traccheggiava, rinviando le decisioni, assunse posizioni talmente accese che le si dovette spegnere con sequestri del suo giornale, controlli di [[polizia]] (fu in pratica seguito come un sovversivo) e faticosissimi richiami all'ordine di scuderia. Quando poi la [[seconda guerra mondiale|guerra]] fu dichiarata, Farinacci si diede al minuzioso controllo dei potenziali traditori, alla caccia dei [[doppio gioco|doppiogiochisti]] e delle [[spionaggio|spie]], inoltrando decine di rapporti su decine di (da lui) sospettati.
▲Nel [[1941]] fu inviato in [[Albania]], dove alcune relazioni sul personale e sull'organizzazione dell'[[esercito]], ingenuamente ma fedelmente indicanti imbarazzanti e pericolose magagne, dovettero essere intercettate e censurate prima che potessero cagionare danno. Su [[Pietro Badoglio]], e soprattutto sui suoi difetti, invece aveva inviato relazioni di grande esattezza, che furono forse la causa principale delle sue dimissioni.
▲In qualche modo informato con circa un mese di anticipo della [[fronda]] che andava preparando il noto ordine del giorno del [[25 luglio]] [[1943]], volle metterne al corrente Mussolini, che non diede peso alla segnalazione
==Dopo l'[[8 settembre]]==
Si è detto che i [[germania|tedeschi]], prima di insediare Mussolini a [[Salò]] avessero pensato a Farinacci come capo della [[Repubblica Sociale Italiana]].
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Rientrato in Italia, si vide "scippare" il controllo del suo giornale, trasformato in un foglio di propaganda tedesca, e visse a margine della RSI, scampando il [[processo di Verona]] per la personale intercessione di Mussolini che, malgrado Farinacci avesse presentato una mozione in tutto simile a quella di Grandi, non gliene fece colpa.
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Venne giustiziato dai [[Resistenza_italiana|partigiani]] a [[Vimercate]] il [[28 aprile]] [[1945]].
==Curiosità==
Tra le curiosità, il [[28 settembre]] [[1924]] fu ferito in [[duello]] dal principe [[Valerio Pignatelli
Si dice fosse legato alla [[massoneria]] di [[Palazzo Giustiniani]].
==Collegamenti esterni==
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