[[Immagine:Secessione dell'Aventino.jpg|thumb|450px|Alcuni deputatiparlamentari indell'opposizione riunionementre pocodiscutono primasulla proposta di spostarsisecessione sull'Aventino]].
La '''secessione dell'Aventino''' è stato un atto di protesta attuato dai [[deputati]] e dai [[senatori]] [[italia]]ni contro il Governo fascista, in seguito all'[[omicidio]] di [[Giacomo Matteotti]] l'[[11 giugno]] [[1924]]. Per protesta nei confronti del Governo, i membri dell'opposizione lasciarono il [[Parlamento]] e si ritirarono sull'[[Aventino]], uno dei [[sette colli di Roma]].
La '''secessione aventiniana''' nell'antica Roma fu un atto di insubordinazione della classe plebea nei confronti dei patrizi.
Prende lo stesso nome un atto di protesta attuato dai membri del [[Parlamento italiano]] contro il nascente [[regime]] [[Fascismo|fascista]] in seguito all'[[omicidio]] di [[Giacomo Matteotti]] l'[[11 giugno]] [[1924]] (ucciso per aver denunciato alla [[Camera dei deputati]] i brogli e le violenze compiute in occasione delle elezioni del [[6 aprile]] precedente).
== Storia ==
==L'aventino antifascista==
Dopo l'acceso discorso di [[Giacomo Matteotti|Matteotti]] contro le violenze fasciste durante le elezioni, e l'omicidio politico che lo vide coinvolto, un'ondata di indignazione si levò nella popolazione, galvanizzata particolarmente dalla stampa: dopo pochi anni di potere Mussolini e il suo partito cominciarono a perdere consensi. Nell'opposizione le forze comuniste proponevano di mettere in piedi un'azione di rivolta contro il Governo, ma al fine di evitare una [[guerra civile]] questo proposito non venne attuato. Il [[13 giugno]] [[Mussolini]] parlò alla [[Camera dei deputati|Camera]], affermando di non essere coinvolto ma addolorato; al termine il [[Presidenti della Camera dei deputati italiana|presidente]] [[Alfredo Rocco]] aggiorna i lavori parlamentari ''[[sine die]]'', annullando di fatto la possibilità di risposta dell'opposizione all'interno del Parlamento.
La protesta si realizzò il [[27 giugno]] [[1924]] quando i parlamentari dell'opposizione, riuniti in una sala di [[Montecitorio]], decisero di abbandonare i lavori in parlamento finché non si fosse ripristinata la legalità e l'autorità della legge negata dalle milizie fasciste.
Il [[27 giugno]] del [[1924]] i parlamentari dell'opposizione si riunirono in una sala di [[Montecitorio]], decicendo comunemente di abbandonare i lavori parlamentari finché il Governo non avesse chiarito la propria prosizione a proposito dell'[[Giacomo Matteotti|omicidio Matteotti]]: dinanzi alle violenze fasciste, i parlamentari dell'opposizione scelsero la strada della rivolta morale e della [[nonviolenza]], contrapponendosi all'atteggiamento squadrista della maggioranza. Il [[16 agosto]] dello stesso anno viene ritrovato nel bosco della Quartarella il cadavere dell'onorevole, aggravando la già complessa crisi del Governo. Dopo accese discussioni all'interno dello stesso partito fascista, tra la frangia estremista che voleva imporre un'azione e quella più accondiscendente, [[Mussolini]] parlò alla [[Camera dei Deputati]] il [[3 gennaio]] del [[1925]] assumendosi la responsabilità politica, morale e storica dei fatti: ricordando l'articolo 47 dello Statuto della Camera, che prevedeva la possibilità d'accusa per i Ministri del Re dai deputati, chiese formalmente al Parlamente un atto d'accusa nei suoi confronti, senza che avvenisse. Dopo il discorso, nei due giorni successivi le attività parlamentari furono definitavemente soppresse, e ai [[prefetto (ordinamento italiano)|prefetti]] venne imposto di sciogliere qualsiasi organizzazione contraria al fascismo, dando vita così al [[fascismo|regime fascista]]. L'opposizione non riesce a reagire, sia per la paura di ritorsioni che per i forti frazionismi interni: solamente un anno dopo, nel gennaio del [[1926]] i membri dell'opposizione tentano di rientrare in [[Parlamento]] in occasione delle celebrazioni solenni per la morte della [[Margherita di Savoia|regina Margherita]]; il [[16 gennaio]] [[1926]] alcuni popolari e demosociali entrarono a [[Montecitorio]] per assistere, ma dopo la violenza repressiva di alcuni parlamentari fascisti, furono scacciati e lo stesso [[Mussolini]] il giorno dopo accusò il comportamento dei deputati aggrediti affermando la loro indelicatezza. Un anno dopo il mandato parlamentare dei membri dell'opposizione fu dichiarato decaduto.
==Le cause==
Dinanzi alle violenze fasciste, i parlamentari di opposizione scelgono non la strada della risposta violenta e dura ma quella della [[rivolta morale]] e dell'azione [[Nonviolenza|non-violenta]]. Essi rifiutano di seguire le proposte provenienti dalle frange [[Comunismo|comuniste]] dell'opposizione, di azione diretta e di un appello alle masse.
In quei giorni, proprio a causa del ''delitto Matteotti'', il fascismo aveva perso molti consensi, e stava vivendo la crisi più grave della sua storia. Un'ondata di indignazione si era elevata in tutto il Paese, e su di essa le forze comuniste dell'opposizione volevano mettere in piedi un'azione di rivolta nei confronti del governo. Anche alcuni alleati del fascismo (liberali, industriali e persino nazionalisti), fra cui l'ex primo ministro [[Giovanni Giolitti]], si allontanano dal governo e si uniscono alla secessione.
La popolarità del governo crolla, ed anche all'interno del fascismo inizia a nascere una lacerazione tra le frange più [[Estrema destra|estremiste]] e quelle più moderate, che rischiano di minare la sopravvivenza stessa del fascismo.
==La secessione==
Per quanto le richieste da parte della [[Sinistra (politica)|sinistra]] comunista di un intervento attivo siano forti, i parlamentari dell'opposizione hanno molti dubbi sulla possibilità di coinvolgere le masse e costringere il re [[Vittorio Emanuele III]] a far arrestare [[Benito Mussolini|Mussolini]] ed indire nuove [[Elezione|elezioni]]. Il Re, infatti, non si muove e di fatto appoggia tacitamente il governo.
I parlamentari, ancor prima del ritrovamento del cadavere di Matteotti, si riunivano in un'altra sala di Montecitorio, ritenendo impossibile proseguire i lavori nel parlamento vista l'irrispettosità nei confronti della legge che il governo di Mussolini dimostrava. In seguito, il [[27 giugno]], decisero per la secessione.
Ad essa partecipò tutta l'opposizione eccetto i comunisti, che si rifiutarono di lasciare il parlamento in mano ai fascisti, che avrebbero potuto convalidare qualsiasi legge senza alcuna opposizione. Proprio la frammentazione nelle file dell'opposizione (alla secessione parteciparono in massima parte socialisti e cattolici) e la mancanza di un'idea condivisa sul da farsi, favorirono la rinascita del fascismo e, di fatto, la sua trasformazione a [[dittatura]].
==Le conseguenze==
In un certo senso la scelta di un'azione che non coinvolgesse la maggioranza della popolazione fu un fatto positivo: il timore che gli opposti estremismi si sarebbero scontrati in una sanguinosa [[guerra civile]] era elevato. Anche se il re avesse indetto nuove elezioni lo scontro non sarebbe stato evitabile.
Di fatto la secessione aventiniana, però, fu un avvenimento che favorì Mussolini ed il suo governo: nel suo momento di maggior fragilità, l'allontanamento di quasi tutta l'opposizione dal parlamento permise a Mussolini di superare questa crisi senza doversi vedere ostacolato da un'opposizione al parlamento.
Durante il tempo della protesta Mussolini riorganizzò il suo partito e la sua linea d'azione, e la crisi fu completamente scongiurata in un discorso di Mussolini alla [[Camera dei deputati|Camera]] il [[3 gennaio]] [[1925]]. Mussolini doveva stare molto attento a non spaventare le frange più moderate della sua coalizione (pena la perdita di buona parte dei consensi) e, contemporaneamente, di non scontentare la parte più estremista, lo zoccolo duro del consenso nei suoi confronti, pronta ad abbandonarlo ed accusarlo se si vedeva allontanata.
==Il discorso del 3 gennaio==
In un discorso breve ma intenso e durissimo, Mussolini dice:
{{Quote|Ebbene, Dichiaro qui, al cospetto di quest'assemblea e davanti al popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto avvenuto. Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di quest'associazione a delinquere. Il governo è abbastanza forte per stroncare definitivamente la secessione dell'Aventino.}}
Mussolini, dunque, non sconfessa e non si allontana da quanto accaduto, ed anzi se ne assume la piena responsabilità (pur non facendo alcun esplicito riferimento). In questo recupera le basi del suo consenso. Contemporaneamente riceve l'influenza positivissima della perdita di fiducia della popolazione nei confronti dell'opposizione, incapace di una reale rivolta nei confronti delle prepotenze mussoliniane.
Mussolini si propone di "normalizzare" la situazione eliminando ogni minaccia alla stabilità del Paese, costruendosi in questo modo il pretesto per disfarsi dei suoi oppositori, sia all'interno del partito sia fuori. È questo l'inizio della dittatura, che sarà consolidata nel giro di due anni con la proclamazione delle [[Leggi Fascistissime]].
L'opposizione si è dimostrata ancora una volta incapace di reagire, riuscendo solo a stilare e pubblicare il [[Manifesto degli intellettuali antifascisti]], il [[1 maggio]] di quell'anno.
==Partecipanti==
{{S sezione}}
Tra i partecipanti alla secessione aventiniana si trovano:
*[[Salvatore Aldisio]]
*[[Giovanni Guarino Amella]]
*[[Giovanni Amendola]]
*[[Ambrogio Belloni]]
*[[Giuseppe Beneduce]]
*[[Giovanni Antonio Colonna di Cesarò]]
*[[Giovanni Cosattini]]
*[[Alcide De Gasperi]]
*[[Cipriano Facchinetti]]
*[[Giovanni Gronchi]]
*[[Emilio Lussu]]
*[[Angelo Mauri]]
*[[Antonio Priolo]]
*[[Filippo Turati]]
== Bibliografia ==
* [[Indro Montanelli]], [[Mario Cervi]], ''Storia d'Italia. L'Italia del Novecento'', Fabbri Editori, 1998
{{antifascismo}}
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