Dopo l'acceso discorso di [[Giacomo Matteotti|Matteotti]] contro le violenze fasciste durante le [[elezioni politiche italiane del 1924|elezioni del 1924]], e il suo omicidio politico poco dopo, un'ondata di indignazione si levò nella popolazione, galvanizzata anche dalla stampa: dopo pochi anni di potere Mussolini e il suo partito cominciarono a perdere consensi. Nell'opposizione le forze comuniste proponevano di mettere in piedi un'azione di rivolta contro il Governo, ma al fine di evitare una [[guerra civile]] questo proposito non venne attuato. Il [[13 giugno]] [[Mussolini]] parlò alla [[Camera dei deputati|Camera]], affermando di non essere coinvolto ma anzi addolorato; al termine il [[Presidenti della Camera dei deputati italiana|presidente]] [[Alfredo Rocco]] aggiornò i lavori parlamentari ''[[sine die]]'', annullando di fatto la possibilità di risposta dell'opposizione all'interno del Parlamento.
Il [[2726 giugno]] del [[1924]] i parlamentari dell'opposizione si riunirono in una sala di [[Montecitorio]] (oggi nota come ''sala dell'Aventino''), decidendo comunemente di abbandonare i lavori parlamentari, finché il Governo non avesse chiarito la propria prosizione a proposito dell'[[Giacomo Matteotti|omicidio Matteotti]]: dinanzi alle violenze fasciste, i parlamentari dell'opposizione scelsero la strada della rivolta morale e della [[nonviolenza]], contrapponendosi all'atteggiamento squadrista della maggioranza. Il [[16 agosto]] dello stesso anno venne ritrovato nel bosco della Quartarella il cadavere dell'onorevole, aggravando la già complessa crisi del Governo. Dopo accese discussioni all'interno dello stesso partito fascista, che vedeva contrapposte la frangia estremista e quella più accondiscendente, [[Mussolini]] parlò alla [[Camera dei Deputati]] il [[3 gennaio]] del [[1925]] assumendosi la responsabilità politica, morale e storica dei fatti: ricordando l'articolo 47 dello Statuto della Camera, che prevedeva la possibilità d'accusa per i Ministri del Re da parte dei deputati, chiese formalmente al Parlamento un atto d'accusa nei suoi confronti, senza che ciò avvenne. Dopo il discorso, nei due giorni successivi le attività parlamentari furono definitavemente soppresse, e ai [[prefetto (ordinamento italiano)|prefetti]] venne imposto di sciogliere qualsiasi organizzazione contraria al fascismo, dando vita così al [[fascismo|regime fascista]]. L'opposizione dunque non riuscì a reagire, sia per la paura di ritorsioni che per i forti frazionismi interni: solamente un anno dopo, nel gennaio del [[1926]] i membri dell'opposizione tentarono di rientrare in [[Parlamento]], cogliendo l'occasione delle celebrazioni solenni per la morte della [[Margherita di Savoia|regina Margherita]]. Il [[16 gennaio]] [[1926]] alcuni popolari e demosociali entrarono a [[Montecitorio]] per assistere ai discorsi, ma poco dopo la violenza repressiva di alcuni parlamentari fascisti li scacciò dall'aula, e lo stesso [[Mussolini]] il giorno dopo accusò il comportamento dei deputati aggrediti, accusandoli di indelicatezza nei confronti della sovrana. Un anno dopo questi fatti, il mandato parlamentare dei membri dell'opposizione fu dichiarato decaduto.