Telepace: differenze tra le versioni

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Da questa esortazione ''Telepace'' ha aperto studi fissi in Italia ([[Trento]], [[Agrigento]] e [[Lodi]]) e all'estero ([[Fatima]] e [[Gerusalemme]])
 
==La controversia sulla chiusura della sede romana==
=== Va in onda TeleBugia ===
Il giornalista [[Marco Damilano]] il [[2 novembre]] [[2006]] rivelò in un articolo sul settimanale ''[[L'Espresso]]'' dal titolo "''Va in onda TeleBugia'"<ref>Marco Damilano, ''Va in onda TeleBugia'', su ''L’espresso'', n.43 2 novembre 2006, pag.96</ref> l’esistenza di una battaglia sindacale portata avanti allora già da un anno e mezzo da quattro giornalisti della redazione romana contro l’amministratore delegato di Telepace, il capotecnico Stefano D’Agostini e [[Guido Todeschini]], con accuse reciproche, cause legali e scioperi, dopo la decisione di Telepace di chiudere la sede della Capitale con conseguente licenziamento dei quattro.
In un articolo apparso sul settimanale ''L’espresso'', il giornalista Marco Damilano rivela alcuni retroscena riguardanti l’emittente televisiva. «Non dire falsa testimonianza, recita l’ottavo comandamento, oltre che il codice penale, ma alla procura di Roma pensano che nella tv del papa non sia molto rispettato. Il 12 settembre, infatti, il pm Giuseppe Corasaniti ha iscritto al registro degli indagati quattro dipendenti dell’emittente televisiva “Telepace” sospettati di aver dichiarato il falso davanti ai giudici. E così la saga della televisione che trasmette il verbo papale via satellite in cielo, in terra e in ogni luogo, si arricchisce di un nuovo capitolo che imbarazza il Vaticano.
 
Secondo quanto affermava Todeschini in una lettera alla redazione vi erano “accordi esistenti con la Santa Sede” che permettevano l’uso gratuito delle immagini del papa anche senza informazione giornalistica. Il segretario di Stato pontificio [[Tarcisio Bertone]] aveva comunque consigliato moderazione a Todeschini, suggerendogli la ripresa del dialogo con i giornalisti.
Da un anno e mezzo, ormai, va avanti la teleguerra che contrappone il prete-editore-direttore, il veronese don Guido Todeschini, ai giornalisti della redazione romana, tra accuse, cause davanti al pretore, scioperi, insulti. Tra gli epurati c’è il volto più noto della tv, l’anchor-man Piero Schiavazzi, 500 telecronache papali e svariate interviste ai grandi della terra. Ora siamo alla resa dei conti: la chiusura della sede romana con il licenziamento dei quattro giornalisti. Consentito, afferma don Todeschini in una lettera alla redazione, da “accordi esistenti con la Santa Sede” che permettono l’uso gratuito delle immagini del papa anche senza informazione giornalistica. Affermazione quanto meno avventata: il Vaticano non ne sapeva niente e non è molto contento di essere chiamato in ballo per giustificare i licenziamenti. Il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, ha consigliato moderazione a don Todeschini, suggerendogli la ripresa del dialogo con i giornalisti. Ed è in arrivo la nuova tegola: il procedimento giudiziario a carico dei dipendenti che hanno testimoniato dal pretore contro una giornalista accusandola di non aver rispettato l’orario di 36 ore settimanali. Dichiarazioni fotocopia che hanno insospettito il giudice, dato che una indagine dell’Inpgi <ref>Istituto Nazionale Previdenza Giornalisti Italiani</ref> aveva dimostrato il contrario. E che hanno provocato l’iscrizione dei testimoni al registro degli indagati: istigati da qualche superiore, forse.
 
Tra i quattro il nome più noto era quello di [[Piero Schiavazzi]], anchor-man con 500 telecronache papali all’attivo e numerose interviste a personaggi politici illustri.
Ma da chi? Don Todeschini è un osso duro. Tre anni fa ha fondato una congregazione e ha costruito un santuario nella sua cittadina natale, Cerna, a pochi chilometri da Verona, da cui giusto trent’anni fa lanciò l’evangelizzazione dell’etere. Era l’epoca delle tv libere e fu un’ispirazione divina. Oggi ripete che il compito di “Telepace” è “dare voce a chi non ha voce”. A conferma della sua umiltà di cuore all’ultimo incontro con il sindacato ha mostrato le suole delle scarpe consumate dall’uso. La reazione, però, non è stata quella desiderata: “le sue scarpe sono un fatto privato, lei è un imprenditore che sta licenziando i suoi dipendenti senza motivo”. Più agguerrito di lui è l’uomo forte di “Telepace”, l’amministratore delegato Stefano D’Agostini, il vero padrone della tv papale, emittente italiana a tutti gli effetti. Eppure è un semplice capotecnico. La coppia Todeschini-D’Agostini vanta un rapporto privilegiato con un organismo vaticano, il Centro televisivo diretto da padre Federico Lombardi, di recente nominato capo della comunicazione della Santa Sede al posto di Navarro Valls. Con il sogno di diffondere via satellite l’immagine del papa senza mediazioni giornalistiche poco controllabili. Una nuova rete gestita direttamente dalla radio e dalla tv vaticana e con quel che resta di “Telepace”. Ma su questa strada, di mezzo, c’è la resistenza di quattro tenaci giornalisti. E ora, anche la procura di Roma».<ref>Marco Damilano, ''Va in onda TeleBugia'', su ''L’espresso'', n.43 2 novembre 2006, pag.96</ref>
 
Il [[12 settembre]] il [[pubblico ministero]] [[Giuseppe Corasaniti]] della Procura di Roma aveva però iscritto al registro degli indagati i quattro. I dipendenti avevano testimoniato dal pretore contro una giornalista accusandola di non aver rispettato l’orario di 36 ore settimanali, ma le dichiarazioni avevano insospettito Corasaniti, e dato che una indagine dell’''Istituto Nazionale Previdenza Giornalisti Italiani'' aveva dimostrato il contrario, era partita l’iscrizione dei testimoni al registro degli indagati per falsa testimonianza.
 
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