Fusione nucleare fredda: differenze tra le versioni

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===='''Cella al plasma elettrolitico o cella di T. [[Ohmori]] e T. [[Mizuno]]'''====
Dispositivo concettualmente simile alla precedente ''Cella Elettrolitica'', ma funzionante in un regime completamente differente. Il catodo è normalmente composto da una barra di [[Tungsteno|tungsteno]] o altri tipi di materiali metallici, capaci di sopportare le elevatissime temperature prodotte da una bolla di [[Fisica del plasma|plasma]] che si forma, causa le particolari condizioni di funzionamento, intorno all'elettrodo stesso.
 
===='''Cella a gas di deuterio o idrogeno'''====
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==Fusione Fredda a confinamento chimico, L'annuncio di Fleischmann e Pons==
 
Fleischmann disse che iniziò ad investigare la possibilità che le reazioni chimiche potessero influenzare i processi nucleari negli anni sessanta<ref>Fleischmann, Martin (2003), “Background to cold fusion: the genesis of a concept”, Tenth International Conference on Cold Fusion, Cambridge, MA: World Scientific Publishing, ISBN 978-9812565648</ref>. Egli predisse che gli effetti collettivi da lui esplorati, potrebbero richiedere l'[[Elettrodinamica quantistica|elettrodinamica quantistica]] per essere calcolati, questo potrebbe dare risultati più significativi rispetto agli effetti predetti dalla [[meccanica quantistica]]<ref name="UpperLimitsOnNeutron">Gai, M.; Rugari, S. L.; France, R. H.; Lund, B. J.; Zhao, Z.; Davenport, A. J.; Isaacs, H. S. & Lynn, K. G. (1989), “''Upper limits on neutron and big gamma-ray emission from cold fusion''”, Nature 340: 29–34</ref><ref>Leggett, A.J. (1989), “Exact upper bound on barrier penetration probabilities in many-body systems: Application to ‘‘cold fusion’’”, Phys. Rev. Lett. (no. 63): 191-194.</ref>. Egli poi disse che, nel 1983, aveva l'evidenza sperimentale che lo portava a credere che nella fase condensata i sistemi sviluppano strutture [[Coerenza|coerenti]] piuttosto evidenti, con dimensioni dell'ordine dei 10<sup>-7</sup>m (1/10.000 mm)<ref name="UpperLimitsOnNeutron"/>. Nel 1984, come conseguenza di questi studi, Fleischmann e Pons iniziarono i loro esperimenti sulla fusione fredda.
 
===La cella utilizzata per i primi esperimenti===
 
[[Immagine:Fleischmann Pons schema reattore 01it.jpg|300px|right|thumb|Cella elettrolitica di Fleischmann & Pons, nella versione del 1989]]La configurazione iniziale della cella di Fleischmann e Pons utilizzava un [[Vaso di Dewar|vaso di Dewar]] (un vaso di vetro a doppia parete al cui interno era stato fatto del vuoto), riempito di [[acqua pesante]] per svolgere l'[[elettrolisi]], in modo che fosse minima (meno del 5% durante la durata di un tipico esperimento) la dispersione termica. La cella era poi immersa in un bagno [[termostato|termostatato]] a temperatura costante in modo da eliminare gli effetti di sorgenti esterne di calore. I due scienziati utilizzarono una cella aperta in modo da eliminare la pericolosa formazione di sacche di [[deuterio]] e [[ossigeno]] risultanti dalle reazioni di elettrolisi, anche se ciò avrebbe favorito qualche perdita termica e quindi il calcolo di una minore potenza prodotta dalla cella stessa. Tale configurazione, causa l'evaporazione del liquido, faceva si che fosse necessario, di tanto in tanto, rabboccare il vaso con nuova acqua pesante. I due scienziati fecero poi notare che se la cella era alta e stretta, l'azione delle bolle di gas prodotte dalla elettrolisi, avevano la proprietà di mescolare e portare ad una temperatura uniforme l'acqua pesante contenuta. Una particolare attenzione era poi messa nella utilizzazione di un [[catodo]] di [[palladio]] ed elettrolita di grande purezza, in modo da prevenire la possibilità di formazione di residui sulla superficie, questo specie per gli esperimenti più lunghi. La cella era poi corredata di un [[termistore]] per la misura della temperatura dell'elettrolita, ed un riscaldatore elettrico per la generazione di impulsi di calore necessari per calibrare le perdite di calore dovute alla evaporazione del gas. Dopo tale calibrazione era possibile, con relativa facilità, ottenere il valore di calore generato dalla reazione<ref>Fleischmann, Martin e Pons, Stanley (1989), “''Electrochemically induced nuclear fusion of deuterium'”, Journal of Electroanalytical Chemistry 261 (2A): 301–308.</ref>.
 
Una corrente costante fu applicata alla cella per un periodo di parecchie settimane, e quindi fu via via necessario addizionare la cella di nuova acqua pesante. Per la maggior parte del tempo, la potenza elettrica immessa nella cella era praticamente uguale a quella dispersa dalla cella stessa, evidenziando un funzionamento della cella secondo le consuete leggi della elettrochimica. In queste condizioni la temperatura della cella era di circa 30 °C. Ma in certi momenti e solo per alcuni esperimenti, la temperatura aumentava improvvisamente a circa 50 °C, senza che fosse variata la potenza elettrica in ingresso, questo repentino fenomeno poteva durare due o più giorni. In questi particolari momenti, la potenza generata, poteva essere superiore a 20 volte la potenza elettrica applicata, in ingresso, alla cella. In altri casi questi repentini innalzamenti di temperatura non venivano riscontrati per molto tempo e quindi la cella veniva spenta.
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===19 febbraio 1994, Sergio Focardi, Francesco Piantelli e Roberto Habel, la fusione fredda Nichel-Idrogeno (Ni-H)===
 
[[Immagine:Piantelli Focardi schema reattore 01 it.jpg|thumb|300px|right|Schema del reattore nichel-idrogeno ideato da Piantelli e Focardi per la misura dell'eventuale calore in eccesso<ref name=Piantelli-Focardi-ProdEnerNiH400C> Focardi, F. Piantelli. "''[http://www.tecnosophia.org/documenti/Articoli/SessioneI/Focardi.pdf Produzione di energia e reazioni nucleari in sistemi Ni-H a 400 C]''". [[Università di Bologna]], [http://www.christinasponza.it/christinasponza.it/speciale_nucleare/notizie_articoli/2005_04_18-19_convegno_bologna/2005_04_18-19_convegno_bologna.htm Conferenza nazionale sulla politica energetica in Italia], Bologna (18-19 aprile 2005).</ref>]]Nel 1989 il biofisico Francesco Piantelli, dell' [[Università degli Studi di Siena]], mentre sta effettuando studi su campioni di materiale organico ([[gangliosidi]]) posti in atmosfera d'idrogeno e su di un supporto di nichel, si accorge della presenza di una anomala produzione di calore<ref name=Piantelli-Focardi-Corriere-19940220>Foresta Martin Franco. "''[http://archiviostorico.corriere.it/1994/febbraio/20/fusione_fredda_alla_senese_accende_co_0_94022011712.shtml La fusione fredda alla senese accende di nuovo la speranza]''". Corriere della Sera (19 febbraio 1994)</ref>. A questo punto, Piantelli comunica il fenomeno da lui osservato a Focardi, fisico della [[Università di Bologna]], e tutti insieme decidono di creare un gruppo di lavoro, a cui si aggiungerà Habel di Cagliari, al fine di approfondire la causa di tale anomalia termica.<ref>Piantelli ha sempre fatto notare che il merito di tale scoperta, è dovuto principalmente alla fortunata coincidenza di aver svolto il suo lavoro di ricerca biofisica sui [[gangliosidi]], proprio durante il periodo di grande dibattito mediatico successivo all'annuncio di Fleischmann e Pons, periodo nel quale il termine ''fusione fredda'' diventa di uso comune e giustifica un più attento studio dei fenomeni anomali di emissione di calore, come quelli da lui riscontrati.</ref>. Dopo circa tre anni, gli studi approdano a dei significativi risultati permettendo la costruzione di un reattore Nichel-Idrogeno sufficientemente efficiente. Passano altri due anni di sperimentazioni e finalmente il giorno 20 febbraio 1994, in una conferenza stampa<ref>Foresta Martin Franco. "''Siena scopre l' energia pulita Fusione fredda all' italiana?''",Corriere Della Sera, Milano, 19 febbraio 1994.<BR>Sottotitolo: ''Francesco Piantelli, Roberto Habel e Sergio Focardi: "Il nostro esperimento e' perfettamente controllabile"''<BR>L'articolo inizia con questa frase:<BR>''Si riaccende il sogno dell'energia pulita, illimitata e a buon prezzo. Da un cilindretto d'acciaio lungo appena 10 centimetri e largo 5 scaturiscono tanta energia e calore da tenere accesa per giorni e giorni una lampadina da 50 watt: a prezzi irrisori e con rendimenti che nessun'altra pila conosciuta è in grado di assicurare. È una nuova, grande illusione o la lampada di Aladino del 2000?..''<BR>Già da come inizia l'articolo vi sono diverse inesattezze, ad esempio i ricercatori dichiarano circa 50W di energia emessa, ma i watt sono termici, non elettrici e perciò non utilizzabili per accendere una lampadina se non con una bassissima efficienza, potenza del tutto insufficiente per autosostenere la reazione di fusione.<BR>L'articolo continua:<BR>''..E se il rettore [[Luigi Berlinguer]] decide di convocare una conferenza oggi alle 12, chiamando a raccolta giornalisti da tutta Italia, deve avere un asso nella manica. Sprizzano gioia ma hanno la bocca cucita, o quasi, i tre ricercatori padri del nuovo marchingegno: sono Francesco Piantelli, Roberto Habel e Sergio Focardi..''<BR>Vi sono anche alcune descrizioni sul fenomeno:<BR>''..Dentro al cilindretto d'acciaio ci sono un gas, l'idrogeno, e una barretta di metallo, il [[nichel]]. Ad una temperatura di circa 180 gradi il nichel si carica di idrogeno e all'interno del metallo succede un fenomeno di cui parleremo meglio in conferenza stampa. Per ora posso dirle solo che ha luogo una reazione che sviluppa un'energia almeno 1.000 volte superiore a quella di una reazione chimica. Una sola piccola cella produce una potenza di 50 watt..''<BR>L'articolo chiude con questa frase del rettore del'Università di Siena [[Luigi Berlinguer]]:<BR>''..E lo stesso Berlinguer, pur raccomandando il massimo della prudenza, commenta soddisfatto: "La ricerca, anche se sostenuta da mezzi poveri, può produrre grandi risultati"..''</ref> presso l'aula magna della università di Siena, viene annunciata la messa a punto di un differente processo di produzione di energia per mezzo di Reazioni Nucleari a Bassa Energia (LENR)<ref>I due principali ricercatori, S. Focardi ([[Università di Bologna]]) e F. Piantelli ([[Università degli Studi di Siena]]), hanno sempre rifiutato di etichettare il loro processo con il termine ''Fusione Fredda'', in quanto ritengono che, nel processo da loro studiato, avvengano reazioni di tipo nucleare sconosciute, le quali potrebbero non avere elementi in comune con quelle che si presume essere presenti all'interno delle celle elettrolitiche deuterio-palladio ideate da Fleischmann e Pons.</ref>, profondamente differente da quello fatto da Fleischmann e Pons<ref>S. Focardi, F. Piantelli, S. Veronesi. "''Processi di caricamento del Nichel, di ferromagnetici ed altri metalli''". IV Convegno sullo stato della fusione fredda in Italia, 24-25 marzo Certosa di Pontignano - Siena (1995)</ref>.<BR>Tale processo di basa sull'uso di una barra di [[nichel]], mantenuta, per mezzo di una [[Resistenza elettrica|resistenza elettrica]], ad una temperatura di circa 200-400 °C, caricata con idrogeno attraverso un particolare processo<ref>Per eseguire il processo è necessario utilizzare una barretta di nichel che abia prma subito un particolare processo di trattamento superficiale, successivamente è possibile inserire la barretta all'interno della camera di prova e da li procedere ad un processo di caricamento. Prima dell'esecuzione di tale processo è necessario provvedere a una degassatura della barretta di nichel mantenendola, per un certo periodo di tempo, in un vuoto molto spinto ed ad una temperatura che sia comunque inferiore alla [[Modello di Debye|temperatura di Debye]] del materiale, circa 167 °C. Dopo un tempo di parecchie ore, il materiale dovrebbe essere sufficientemente degassato e quindi può essere immessa nella camera un quantità di idrogeno tale da produrre una pressione di 100-1000 [[Bar (unità di misura)|millesimi di Bar]]. L’avvenuto ingresso di idrogeno, all'interno del nichel, viene evidenziato dalla diminuzione della pressione dell'idrogeno causata dal suo assorbimento all'interno del nichel. Parallelamente, la barretta di nichel, viene mantenuta ad una temperatura che va dai 150 °C fino a 450 °C. Quando il nichel risulta ben caricato, si può procedere a delle rapide variazioni di pressione, che, in certi casi, possono portare allo spontaneo innesco di un intenso fenomeno di produzione di calore, che sembra avere molti punti in comune con una reazione di natura nucleare.</ref><ref>Il protocollo viene descritto in varie pubblicazioni, principalmente scritte da S. Focardi e F. Piantelli, come ad esempio:<BR>S. Focardi, V. Gabbani, V. Montalbano, F. Piantelli, S. Veronesi. "''Large excess heat production in Ni-H systems''". Il Nuovo Cimento Vol. 111 A, N.11 pp. 1233, novembre 1998</ref>. Quando la reazione si è innescata, ovvero la barretta di [[nichel]] emette più energia di quanta sia necessaria per il riscadamento della stessa, vi può essere anche una debole e discontinua emissione di ''[[Raggi gamma|radiazione gamma]]'' che potrebbe testimoniare una possibile origine nucleare di tale fenomeno<ref>A dimostrazione della probabile natura atomica del fenomeno, gli autori hanno redatto vari studi sulla analisi di una eventuale emissione neutronica proveniente, dalla cella:<BR>Battaglia, L. Daddi, S. Focardi, V. Gabbani, V. Montalbano, F. Piantelli, P.G. Sona, S. Veronesi. "''Neutron emission in Ni-H Systems''". Nuovo Cimento 112A, pp. 921, 1999.<BR>E. Campari, S. Focardi, V. Gabbani, V. Montalbano, F. Piantelli, E. Sali, S. Veronesi. "''Some properties of Ni-H system, ICCF8, 8th International Conference on Cold Fusion''". Lerici (La Spezia) 21 - 26 maggio 2000. Conference Proceedings in press.</ref><ref>Gli autori hanno anche osservato che l'idrogeno presente nella cella, con il tempo, si carica di [[elio-3]] (<sup>3</sup>He), mentre l'analisi microscopica della superficie di nichel fa apparire questa ''devastata'' da micro crateri dovuti a fenomeni di fusione del metallo. L'analisi [[Microscopio_elettronico_a_scansione|SEM]] della superficie mostra la presenza di una serie di nuovi elementi atomici che hanno in comune il fatto di essere tutti più leggeri del nichel.</ref>.<BR>Secondo quanto affermato dagli autori, attualmente gli esperimenti sono indirizzati nel tentativo di portare ad un miglioramento della efficienza complessiva del sistema, al fine di poter realizzare un generatore di energia termica ed elettrica completamente autonomo<ref>S. Focardia, V. Gabbanib, V. Montalbano b, F. Piantelli e S. Veronesi. "''Evidence of electromagnetic radiation from Ni-H Systems''", Eleventh International Conference on Condensed Matter Nuclear Science (ICCF-11). Marsillia France. 2004.</ref>.
 
====Tentativi di replica====