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Il consiglio di guerra britannico, riunitosi il [[13 gennaio]], diede ordine all'Ammiragliato di organizzare uno sbarco in forze sulla penisola di [[Gallipoli (Turchia)|Gallipoli]], che dominava lo stretto dei [[Dardanelli]], da attuarsi nel mese successivo. Lo Stretto costituiva – attraverso il Mar di Marmara e il Mar Nero – lo sbocco dei russi nel Mediterraneo: di lì passava la metà del traffico commerciale, e i nove decimi delle esportazioni russe di grano. Il controllo dei Dardanelli era dunque il rubinetto per i rifornimenti dell’alleato russo. Inoltre, la Turchia aveva due sole fabbriche di munizioni, sulla costa presso Costantinopoli, che sarebbero state a tiro dei cannoni di una flotta che avesse forzato lo stretto.
 
Il piano messo a punto prevedeva degli sbarchi lungo lo stretto per l'occupazione dei forti turchi, dopo però che importanti foze navali avessero forzato lo stretto stesso e messo sotto tiro [[Costantinopoli]] con i grossi calibri. A quel punto sarebbero intervenute altre unità francesi, britanniche e russe destinate a occupare la città e il [[Bosforo]]. Questo piano, messo a punto in mancanza di forze sufficienti per una vera e propria invasione in massa (si stimava fossero necessari almeno 100.000 uomini) era viziato dalla estrema difficoltà di un forzamento navale dei [[Dardanelli]]. Per quanto la [[Turchia]] non disponesse di una apprezzabile forza navale, lo stretto era abbastanza angusto da rendere pericolosissimi i pochi campi minati che gli ottomani avevano posato, senza contare i forti, che per quanto dotati di armamenti antiquati, erano in una posizione di vantaggio, una situazione analoga a quella a cui si erano trovati i contendenti dela passata [[guerra russo-giapponese]] del [[1905]], in cui le [[mina marina|mine marine]] avevano affondato molte navi di entrambi i contendenti, e dove le artiglierie navali erano state del tutto insufficienti ai Giapponesi per vincere, dove anzi l'artiglieria fissa [[Russia|russa]] aveva causato enormi perdite. Un ulterire fattore di debolezza fu dato dalla lungaggine dei preparativi da parte delle forze dell 'Intesa, neppure troppo segreti, che mise in allarme gli ottomani.
 
==Contromisure turche==
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==Cominciano le operazioni==
[[Immagine:Gallipoli1915.jpg|thumb|300px|Mappa della battaglia di Gallipoli feb-apr 1915]]
Il [[19 febbraio]] dodici corazzate [[HMS Dreadnought (1906)|pre-''dreadnought'']] (9 britanniche e 3 francesi) al comando del vice ammiraglio Carden attaccarono le postazioni fortificate turche con un pesante bombardamento, durato otto ore. Il [[25 febbraio|25]] dello stesso mese le navi da guerra alleate tornarono all'attacco e danneggiarono alcune fortificazioni, riducendo al silenzio alcune batterie fisse. Le batterie mobili turche invece furono abilmente gestite e riuscirono a intralciare seriamente i tentativi di sbarco e il dragaggio degli sbarramenti minati all'imboccatura dello stretto. Il [[18 marzo]] dieci corazzate (sei britanniche e quattro francesi) forzarono lo stretto raggiungendo il [[mar di Marmara]] , ma incapparono in uno sbarramento minato e si dovettero ritirare con perdite pesanti. A questo punto apparve chiaro che il forzamento dello stretto con le sole navi da guerra era pressoché impossibile; venne pertanto deciso lo sbarco nell'area della penisola di Gallipoli.
 
==Frettolosa preparazione e sbarco==
Il corpo di spedizione fu affidato al comando del [[generale]] [[Sir Ian Hamilton]], uno scozzese di 62 anni che aveva prestato servizio in [[India]] e nella [[guerra boera]]. Complessivamente vennero messe ai suoi ordini cinque divisioni, di cui una francese, e due del corpo d'armata [[ANZAC]] (''Australian New Zeland Army Corps''), per un totale di circa 78.000 uomini inquadrati nella [[Mediterranean Expeditionary Force]].
 
[[Image:Cape Helles landing map.jpg|thumb|300px|right|Cape Helles: landingspiagge beachesdegli sbarchi.]]
 
Lo sbarco denunciò subito le incapacità organizzative: confusione logistica, indecisioni operative, collegamenti inefficaci e scarsa segretezza nei preparativi. Halmiton scelse sei punti per lo sbarco dei suoi uomini, più due azioni diversive.
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Lo sbarco cominciò fra la notte del 24 e le prime ore del [[25 aprile]], con oltre duecento navi alleate in mare. I soldati australiani e neozelandesi dell’Australian & New Zealand Army Corpos ([[Anzac]]) scoprirono immediatamente che l’area dell’Ari Burnu non aveva spiagge di facile accesso ma solo scogliere e burroni impraticabili. Oggi è chiaro che l’intera operazione fu decisa proprio lì: il genio militare di [[Mustafa Kemal Atatürk|Mustafa Kemal]] comprese che il possesso di Monte Chunuk Bair e del crinale Sari Bair era determinante per il controllo dell’intera penisola. Ignorando gli ordini superiori, Mustafa Kemal portò tutte le truppe possibili sul Chunuk Bair e sul crinale e tenne le posizioni: gli inglesi, nonostante i loro sforzi, non sarebbero mai più riusciti ad avanzare.
 
Entro il pomeriggio del [[25 aprile]], nonostante gli errori commessi, circa 20.000 uomini della divisione australiana e di una brigata neozelandese erano sbarcati in un settore abbastanza ampio, e disponevano già dell'artiglieria divisionale. Il 26 mattina, gli inglesi erano riusciti a portare a terra circa 30 mila uomini. Queste forze subirono un contrattacco violento da parte di un reggimento della 9a divisione turca, comandato personalmente Mustafa Kemal, e di altri reparti. Il combattimento durissimo costrinse gli invasori a ripiegare, trincerandosi a difesa della testa di ponte. Il [[29 aprile]] le parti concordarono una tregua umanitaria per raccogliere le migliaia di morti e feriti giacenti sul terreno. La 29a divisione britannica sbarcò su cinque spiagge in maniera piuttosto caotica, favorendo la reazione dei difensori. Presso capo Helles oltre la metà dei soldati che dovevano sbarcare furono uccisi o feriti da un micidiale fuoco di mitragliatrici che investì il trasporto ''River Clyde''. Anche le truppe sbarcate dall'incrociatore corazzato ''Euryalus'' subirono perdite pesantissime, nonostante il violento fuoco di preparazione dell'incrociatore stesso. Alcuni barconi riuscirono a sbarcare soldati per la forza di circa una compagnia, che riuscirono ad arrampicarsi sugli scogli e neutralizzarono le mitragliatrici turche, permettendo ai superstiti di sbarcare.
 
Su altre spiagge, in codice chiamate X, Y e S, gli sbarchi avvennero con meno difficoltà, protetti sulla "X" dal fuoco dell'incrociatore da battaglia ''Inflexible'' . Dalla "Y" i ''Royal Marines'' sbarcati subirono nella notte un così forte contrattacco che furono costretti al reimbarco. Sulla costa asiatica un reggimento francese si impadronì dei resti del forte di ''Kum Kalè'', distrutto dai cannoni delle corazzate in febbraio. Il [[26 aprile]], esaurito il compito diversivo, si reimbarcò senza danni.
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==Le operazioni terrestri==
Le truppe dell'ANZAC si mossero per conquistare l'altura di ''Chunuk Bair'', dominante lo stretto. Fino al [[4 maggio]] i violenti combattimenti costarono ai turchi perdite molto pesanti, ma gli alleati non ottennero alcun risultato e furono costretti ancora una volta a trincerarsi a difesa.
Il [[28 aprile]], dopo un pesante bombardamento navale, le truppe sbarcate a sud avanzarono verso l'altura di ''Achi Baba'', altra posizione dominante a circa 10 Km da capo Helles. Le prime difese turche vennero sopraffatte, ma l'intervento dell'11a divisione ottomana al completo costrinse gli alleati a ritirarsi sulle posizioni di partenza. Ulteriori tentativi di sfondare ottenero scarso successo nei giorni successivi. Con il rinforzo di tre nuove divisioni affluite sulle teste di ponte il generale Hamilton sferrò un nuovo attacco. Dal 6 all'[[8 maggio]], con la preparazione di artiglieria effettuata dalle navi da battaglia, i francesi attaccarono l'ala sinistra dello schieramento ottomano, ma senza risultati apprezzabili (anzi, i turchi riconquistarono alcune posizioni perdute). Il [[19 maggio]] scattò una poderosa controffensiva ottomana, comandata personalmente dal generale von Sanders e diretta a ricacciare in mare le truppe dell'ANZAC. Le difese ben predisposte da australiani e neozelandesi fiaccarono il tentativo. Il [[24 maggio]] vi fu una nuova tregua per lo sgombero delle migliaia di morti e feriti. Nel corso del mese di maggio le forze navali alleate subirono perdite che consentirono all'artiglieria turca di battere l'ala destra alleata direttamente dalla costa asiatica. Il 4 giugno, muovendo dalle postazioni di Capo Helles, 30 mila inglesi tentarono di nuovo l’assalto a Krithia, difesa da 28 mila turchi. Assalto lanciato in pieno giorno, contro le trincee: nuovo fallimento, 4000 mila morti. Devastanti anche le perdite turche. Il 4 giugno un nuovo attacco alleato diede vita alla terza battaglia nel settore di [[Krithia]]: a parte la conquista di alcuni trinceramenti turchi le forze alleate non riuscirono a fare progressi verso l'interno. Agli insuccessi alleati si venne a sommare l'ormai precaria condizione di salute e di spirito delle forze sbarcate in aprile. Hamilton chiese quindi nuovi rinforzi, che entro fine luglio furono completati in cinque nuove divisioni in aggiunta alle sette già presenti sulle teste di ponte. Anche le forze ottomane si rinforzarono di conseguenza, fino a schierare nello stesso periodo ben 15 divisioni.
 
 
Per il resto è una sequela di assalti tentati con scarso successo: due volte a Krithia, per tentare di impossessarsi dell’altopiano di Achi Baba, dove l’8 maggio gli inglesi avevano conquistato poco più di 600 metri, a prezzo di 6.500 morti. I turchi contrattaccarono, insistentemente, nella zona di Anzac, con coraggio e determinazione. Il 19 maggio, per esempio, 30 mila uomini assaltarono ripetutamente il centro delle postazioni australiane. I turchi persero 10 mila uomini, contro i 100 morti e i 500 feriti dell’Anzac. Gli australiani – scanzonati, indisciplinati ma testardi e coraggiosi – costruirono lì la loro fama di grandi soldati. E, mano a mano che passavano i giorni, cominciarono a riconoscere nel soldato turco un avversario degno di loro: fino a dichiarare pubblicamente che "Johnny Turk" o "Abdul" non era un selvaggio primitivo, come diceva la propaganda alleata, ma "un bravo e corretto combattente". Il 4 giugno, muovendo dalle postazioni di Capo Helles, 30 mila inglesi tentarono di nuovo l’assalto a Krithia, difesa da 28 mila turchi. Assalto lanciato in pieno giorno, contro le trincee: nuovo fallimento, 4000 mila morti. Devastanti anche le perdite turche. Giugno e luglio passarono in trincea, mentre la dissenteria aggiungeva le sue vittime a quelle dei cecchini e degli assalti locali, ostinati ed inutili. Tra sete, caldo, odore di morte – un po’ ovunque c’erano cadaveri in putrefazione – e tormento delle mosche, le truppe conservano intatto un alto morale: da entrambe le parti, questa snervante battaglia cominciava ad assumere i toni dell’epopea.
 
Giugno e luglio passarono in trincea, mentre la dissenteria aggiungeva le sue vittime a quelle dei cecchini e degli assalti locali, ostinati ed inutili. Tra sete, caldo, odore di morte – un po’ ovunque c’erano cadaveri in putrefazione – e tormento delle mosche, le truppe conservano intatto un alto morale: da entrambe le parti, questa snervante battaglia cominciava ad assumere i toni dell’epopea.
All’inizio di agosto, gli inglesi decisero di riprendere l’iniziativa. Dopo aver rinforzato gli effettivi, il 6 attaccarono contemporaneamente sul fronte di Capo Helles e nella zona Anzac, per la conquista di Sari Bair. Lo scopo era quello di coprire un nuovo sbarco, nella baia di Sulva. A Sari Bair e sul Monte Chunuk, gli australiani furono ad un passo dallo sfondamento: ma il 9 agosto, Kemal lanciò una controffensiva, perse 5.000 uomini e riprese le posizioni. Tra il 6 e il 10 agosto, l’Anzac aveva perso 12 mila uomini. A Sulva, intanto, 1.500 turchi al comando del maggiore bavarese Wilmer erano riusciti a bloccare sulla spiaggia 25 mila uomini del generale Sir Frederick Stopford, più contento di essere sceso a riva che determinato a spingersi oltre. Sempre tra il 6 e il 10 agosto, von Sanders riuscì a rinforzare Wilmer, mentre Stopford si preoccupava di fortificare le spiagge. Risultato: le colline che dominavano la baia di Sulva rimasero saldamente in mano turca e i generali inglesi, indecisi e distratti, avevano perso la loro ultima occasione. Si tornò alla terribile vita di trincea. In ottobre, il comandante in capo Hamilton chiese altre forze per condurre una battaglia che finora aveva distrutto uomini e risorse senza alcun vantaggio. Fu sollevato dal comando e sostituito dal generale Monro, convinto che l’unica soluzione possibile fosse andarsene da Gallipoli.
 
Sempre tra il 6 e il 10 agosto, von Sanders riuscì a rinforzare Wilmer, mentre Stopford si preoccupava di fortificare le spiagge. Risultato: le colline che dominavano la baia di Sulva rimasero saldamente in mano turca e i generali inglesi, indecisi e distratti, avevano perso la loro ultima occasione. Si tornò alla terribile vita di trincea. In ottobre, il comandante in capo Hamilton chiese altre forze per condurre una battaglia che finora aveva distrutto uomini e risorse senza alcun vantaggio. Fu sollevato dal comando e sostituito dal generale Monro, convinto che l’unica soluzione possibile fosse andarsene da Gallipoli.
 
==Ultimo colpo di coda e fallimento definitivo==
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[[zh:加里波利之战]]
 
 
 
 
[[Immagine:Gallipoli1915.jpg|thumb|300px|Mappa della battaglia di Gallipoli feb-apr 1915]]
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La Turchia entrò in guerra dopo una lunga schermaglia diplomatica tra inglesi e tedeschi. La Gran Bretagna commise l’errore di sequestrare due corazzate del tipo "dreadnought", la <Sultano Oman I> e la <Reshadieh> appena costruite nei cantieri inglesi per la Marina turca. In Turchia, l’indignazione fu enorme perché i soldi per le due unità erano stati raccolti con una grande sottoscrizione popolare, alla quale avevano partecipato anche le classi più povere del Paese. I tedeschi approfittarono dell’incidente: inviarono a Costantinopoli il nuovissimo incrociatore da battaglia <Goeben> e l’incrociatore leggero <Breslau>. Il 29 e 30 ottobre 1914 le due navi tedesche, con altri vascelli turchi, bombardarono le postazioni russe sulle coste del Mar Nero. La Turchia aveva fatto la sua scelta di campo: e il 31 ottobre 1914, Gran Bretagna, Francia e Russia le dichiararono guerra.
 
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Nelle altre zone di sbarco, intorno a Capo Helles, regnò subito la confusione: grandissimo coraggio degli attaccanti, nonostante le forti perdite inflitte dall’ostinata determinazione dei turchi. Il 26 mattina, gli inglesi erano riusciti a portare a terra circa 30 mila uomini. Il problema era che questi erano stati praticamente bloccati sul litorale, in una fascia di un paio di chilometri dalle spiagge, con pochi viveri e scarse munizioni. Agli australiani – che nei primi tre giorni avevano perso 4.500 uomini – fu dato l’ordine di "scavare, scavare, ancora scavare". E questo, in definitiva, fu il motivo di fondo dell’intera campagna: soldati costretti nelle trincee – in alcuni casi solo 5 metri dividevano i due fronti – sotto il fuoco delle artiglierie, con poca acqua e nugoli di mosche: "mosche di cadaveri", che portavano il pericolo delle malattie dai corpi insepolti ai militari in trincea.
Per il resto è una sequela di assalti tentati con scarso successo: due volte a Krithia, per tentare di impossessarsi dell’altopiano di Achi Baba, dove l’8 maggio gli inglesi avevano conquistato poco più di 600 metri, a prezzo di 6.500 morti. I turchi contrattaccarono, insistentemente, nella zona di Anzac, con coraggio e determinazione. Il 19 maggio, per esempio, 30 mila uomini assaltarono ripetutamente il centro delle postazioni australiane. I turchi persero 10 mila uomini, contro i 100 morti e i 500 feriti dell’Anzac. Gli australiani – scanzonati, indisciplinati ma testardi e coraggiosi – costruirono lì la loro fama di grandi soldati. E, mano a mano che passavano i giorni, cominciarono a riconoscere nel soldato turco un avversario degno di loro: fino a dichiarare pubblicamente che "Johnny Turk" o "Abdul" non era un selvaggio primitivo, come diceva la propaganda alleata, ma "un bravo e corretto combattente". Il 4 giugno, muovendo dalle postazioni di Capo Helles, 30 mila inglesi tentarono di nuovo l’assalto a Krithia, difesa da 28 mila turchi. Assalto lanciato in pieno giorno, contro le trincee: nuovo fallimento, 4000 mila morti. Devastanti anche le perdite turche. Giugno e luglio passarono in trincea, mentre la dissenteria aggiungeva le sue vittime a quelle dei cecchini e degli assalti locali, ostinati ed inutili. Tra sete, caldo, odore di morte – un po’ ovunque c’erano cadaveri in putrefazione – e tormento delle mosche, le truppe conservano intatto un alto morale: da entrambe le parti, questa snervante battaglia cominciava ad assumere i toni dell’epopea.
All’inizio di agosto, gli inglesi decisero di riprendere l’iniziativa. Dopo aver rinforzato gli effettivi, il 6 attaccarono contemporaneamente sul fronte di Capo Helles e nella zona Anzac, per la conquista di Sari Bair. Lo scopo era quello di coprire un nuovo sbarco, nella baia di Sulva. A Sari Bair e sul Monte Chunuk, gli australiani furono ad un passo dallo sfondamento: ma il 9 agosto, Kemal lanciò una controffensiva, perse 5.000 uomini e riprese le posizioni. Tra il 6 e il 10 agosto, l’Anzac aveva perso 12 mila uomini. A Sulva, intanto, 1.500 turchi al comando del maggiore bavarese Wilmer erano riusciti a bloccare sulla spiaggia 25 mila uomini del generale Sir Frederick Stopford, più contento di essere sceso a riva che determinato a spingersi oltre. Sempre tra il 6 e il 10 agosto, von Sanders riuscì a rinforzare Wilmer, mentre Stopford si preoccupava di fortificare le spiagge. Risultato: le colline che dominavano la baia di Sulva rimasero saldamente in mano turca e i generali inglesi, indecisi e distratti, avevano perso la loro ultima occasione. Si tornò alla terribile vita di trincea. In ottobre, il comandante in capo Hamilton chiese altre forze per condurre una battaglia che finora aveva distrutto uomini e risorse senza alcun vantaggio. Fu sollevato dal comando e sostituito dal generale Monro, convinto che l’unica soluzione possibile fosse andarsene da Gallipoli.
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