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Giugno e luglio passarono in trincea, mentre la dissenteria aggiungeva le sue vittime a quelle dei cecchini e degli assalti locali, ostinati ed inutili. Tra sete, caldo, odore di morte – un po’ ovunque c’erano cadaveri in putrefazione – e tormento delle mosche, le truppe conservano intatto un alto morale: da entrambe le parti, questa snervante battaglia cominciava ad assumere i toni dell’epopea.
All’inizio di agosto, gli inglesi decisero di riprendere l’iniziativa. Dopo aver rinforzato gli effettivi, il [[6 agosto]] attaccarono contemporaneamente sul fronte di Capo Helles e nella zona Anzac, per la conquista di Sari Bair. Lo scopo era quello di coprire un nuovo sbarco, nella baia di Sulva. A Sari Bair e sul Monte Chunuk, gli australiani furono ad un passo dallo sfondamento: ma il 9 agosto, Kemal lanciò una controffensiva, perse 5.000 uomini e riprese le posizioni. Tra il 6 e il 10 agosto, l’Anzac aveva perso 12 mila uomini. A Sulva, intanto, 1.500 turchi al comando del maggiore bavarese Wilmer erano riusciti a bloccare sulla spiaggia 25 mila uomini del generale Sir Frederick Stopford, più contento di essere sceso a riva che determinato a spingersi oltre.▼
Sempre tra il 6 e il 10 agosto, von Sanders riuscì a rinforzare Wilmer, mentre Stopford si preoccupava di fortificare le spiagge. Risultato: le colline che dominavano la baia di Sulva rimasero saldamente in mano turca e i generali inglesi, indecisi e distratti, avevano perso la loro ultima occasione. Si tornò alla terribile vita di trincea. In ottobre, il comandante in capo Hamilton chiese altre forze per condurre una battaglia che finora aveva distrutto uomini e risorse senza alcun vantaggio. Fu sollevato dal comando e sostituito dal generale Monro, convinto che l’unica soluzione possibile fosse andarsene da Gallipoli.▼
==Ultimo colpo di coda e fallimento definitivo==
▲All’inizio di agosto, gli inglesi decisero di riprendere l’iniziativa. Dopo aver rinforzato gli effettivi, il [[6 agosto]] attaccarono contemporaneamente sul fronte di Capo Helles e nella zona Anzac, per la conquista di Sari Bair. Lo scopo era quello di coprire un nuovo sbarco, nella baia di Sulva. A Sari Bair e sul Monte Chunuk, gli australiani furono ad un passo dallo sfondamento: ma il 9 agosto, Kemal lanciò una controffensiva, perse 5.000 uomini e riprese le posizioni. Tra il 6 e il 10 agosto, l’Anzac aveva perso 12 mila uomini. A Sulva, intanto, 1.500 turchi al comando del maggiore bavarese Wilmer erano riusciti a bloccare sulla spiaggia 25 mila uomini del generale Sir Frederick Stopford, più contento di essere sceso a riva che determinato a spingersi oltre.
▲Sempre tra il 6 e il 10 agosto, von Sanders riuscì a rinforzare Wilmer, mentre Stopford si preoccupava di fortificare le spiagge. Risultato: le colline che dominavano la baia di Sulva rimasero saldamente in mano turca e i generali inglesi, indecisi e distratti, avevano perso la loro ultima occasione. Si tornò alla terribile vita di trincea.
Con le truppe fresche appena giunte, Hamilton decise di sferrare un nuovo risolutivo attacco, corroborato da un nuovo sbarco nella baia di [[Suvla]] diretto a tagliare in due la penisola e impedire l'intervento in forze dei difensori, oltre all'occupazione delle alture. L'operazione prevedeva anche un attacco diversivo da sud (capo Helles) per distrarre gli eventuali rinforzi turchi.
==Ritirata==▼
La situazione divenne drammatica in autunno, con l'inizio di un maltempo persistente. In ottobre, il comandante in capo Hamilton chiese altre forze per condurre una battaglia che finora aveva distrutto uomini e risorse senza alcun vantaggio. Il governo britannico decise per lo sganciamento da una campagna ormai chiaramente fallita, e sostituì Hamilton con il generale [[Charles Monro]], il quale organizzò abilmente, dopo una rapida ricognizione della situazione, le operazioni di sganciamento e reimbarco.
La ritirata fu la sola cosa che gli inglesi fecero con vero successo. Tra il 18 e il 19 settembre, a scaglioni e con accorta copertura, 80 mila uomini e tutto il materiale fu evacuato dalla zona Anzac e dalla baia di Sulva, al prezzo di due soli feriti. Il [[9 gennaio]] [[1916]], i 19 mila soldati dalla Zona di capo Helles – sempre di notte, sempre in silenzio, sempre con il massimo ordine – abbandonarono Gallipoli senza alcuna perdita.▼
Entro il [[20 dicembre]] la maggior parte dell'equipaggiamento pesante e delle truppe fu evacuato. Gli ultimi 35.000 uomini vennero reimbarcati fra l'[[8 gennaio|8]] e il [[9 gennaio]] [[1916]].
==Conclusioni== ▼
Gli alleati lasciarono sul terreno 25.000 britannici, 10.000 francesi, 7.300 australiani, 2.400 neozelandesi e 1.700 indiani. Tra morti e feriti, le perdite complessive assommarono a 250.000 uomini: la metà del mezzo milione di soldati inviato a Gallipoli. I turchi ebbero quasi 100.000 morti e oltre 150.000 feriti. Il comando inglese fu debole, quasi distratto – Hamilton non si presentò mai al fronte, comandava da una nave al largo – oltre che incerto sugli obiettivi tattici e impreparato alle necessità logistiche. L’esercito turco fu ben guidato da von Sanders e da [[Mustafa Kemal Atatürk]], sempre in trincea e spesso esposti in prima persona ai pericoli della battaglia.▼
La defezione della marina britannica dalla prima grande operazione anfibia dell'era moderna costò alla Gran Bretagna un numero spropositato di uomini, fatto ancora più grave data la penuria, in quel momento, di truppe terrestri. In effetti la ''Royal Army'' arrivò a impegnare sulle teste di ponte degli stretti quasi un quarto dei suoi effettivi, comprendenti per la prima volta anche truppe dei Paesi coloniali (Canadesi, Australiani, Sudafricani e altri). Le forze francesi agirono in sintonia con gli alleati ma dopo le perdite di marzo non si esposero più di tanto, considerando fra l'altro quello turco un settore di assoluto secondo piano rispetto alla mortale battaglia che l'''Armee'' combatteva in casa. Da questo vero e proprio disastro, dovuto anche alla resistenza a oltranza delle forze ottomane, una volta tanto ben organizzate e ben guidate, il prestigio che la ''Royal Navy'' voleva difendere a ogni costo evitando perdite sopportabili (in quel momento erano in servizio ben 25 pre-''dreadnought'' più altre 9 di riserva) venne macchiato dal sacrificio delle truppe a terra. La disfatta costò quasi la carriera all'allora Primo Lord dell'Ammiragliato (ministro della Marina Militare) Winston Churchill, fra i sostenitori del piano, {{citazione necessaria|che non ebbe più comandi operativi}}. Dall'altra parte, fu anche l’occasione che mise in gran risalto le capacità di [[Mustafa Kemal Atatürk|Mustafa Kemal]]: il trentaquattrenne ufficiale si guadagnò ampiamente il titolo di "Salvatore di Gallipoli". ▼
La Grande Guerra era già abbastanza moderna per pensare a strategie mondiali, utilizzare strumenti tecnici sofisticati, coinvolgere masse di uomini. Ma non ancora abbastanza scientifica per abbandonare la logica degli assalti frontali, con fiumane di fanti mandati inutilmente allo sbaraglio, ondata dopo ondata, contro trincee fortificate. Soprattutto gli alleati erano comandati da alti ufficiali indecisi, incerti, senza fantasia ed ostinati all’assalto alla baionetta. Il numero fa potenza, si pensava ancora. Gallipoli dimostrò il contrario, ma sul momento furono davvero in pochi a capirlo.▼
Fu, anche, una inutile e devastante carneficina, raccontata nel film "[[Gli anni spezzati]]" del regista autraliano [[Peter Weir]].▼
==Le operazioni navali==
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Le perdite subite, dolorose ma non certo in grado di intaccare la potenza navale alleata e la possibilità di intervenire ancora in maniera massiccia, suscitarono invece una reazione di eccesso di prudenza da parte del comandante in mare, che "passò la palla" alle forze di terra. Ciò nondimeno Churchill in persona fece pressioni per trasferire altre vecchie navi di linea in [[Egeo]]. La prudenza della ''[[Royal Navy]]'' aumentò a dismisura col ritiro delle unità più moderne e con la perdita, in due settimane, di altre tre navi di linea in maggio (''Majestic'' e ''Triumph'', colate a picco dall''U-21'' del comandante [[Otto Hersing]], e la ''Goliath'' affondata dai siluri del cacciatorpediniere turco ''Muvenet'', anch'esso al comando di un ufficiale tedesco). Da quel momento le forze navali si limitarono ad appoggiare gli ulteriori sbarchi di truppe (Suvla, 8 agosto) impiegando principalmente piccole cannoniere e siluranti, meno esposte al tiro nemico.
▲==Ritirata==
▲La ritirata fu la sola cosa che gli inglesi fecero con vero successo. Tra il 18 e il 19 settembre, a scaglioni e con accorta copertura, 80 mila uomini e tutto il materiale fu evacuato dalla zona Anzac e dalla baia di Sulva, al prezzo di due soli feriti. Il [[9 gennaio]] [[1916]], i 19 mila soldati dalla Zona di capo Helles – sempre di notte, sempre in silenzio, sempre con il massimo ordine – abbandonarono Gallipoli senza alcuna perdita.
▲Gli alleati lasciarono sul terreno 25.000 britannici, 10.000 francesi, 7.300 australiani, 2.400 neozelandesi e 1.700 indiani. Tra morti e feriti, le perdite complessive assommarono a 250.000 uomini: la metà del mezzo milione di soldati inviato a Gallipoli. I turchi ebbero quasi 100.000 morti e oltre 150.000 feriti. Il comando inglese fu debole, quasi distratto – Hamilton non si presentò mai al fronte, comandava da una nave al largo – oltre che incerto sugli obiettivi tattici e impreparato alle necessità logistiche. L’esercito turco fu ben guidato da von Sanders e da [[Mustafa Kemal Atatürk]], sempre in trincea e spesso esposti in prima persona ai pericoli della battaglia.
▲==Conclusioni==
▲La defezione della marina britannica dalla prima grande operazione anfibia dell'era moderna costò alla Gran Bretagna un numero spropositato di uomini, fatto ancora più grave data la penuria, in quel momento, di truppe terrestri. In effetti la ''Royal Army'' arrivò a impegnare sulle teste di ponte degli stretti quasi un quarto dei suoi effettivi, comprendenti per la prima volta anche truppe dei Paesi coloniali (Canadesi, Australiani, Sudafricani e altri). Le forze francesi agirono in sintonia con gli alleati ma dopo le perdite di marzo non si esposero più di tanto, considerando fra l'altro quello turco un settore di assoluto secondo piano rispetto alla mortale battaglia che l'''Armee'' combatteva in casa. Da questo vero e proprio disastro, dovuto anche alla resistenza a oltranza delle forze ottomane, una volta tanto ben organizzate e ben guidate, il prestigio che la ''Royal Navy'' voleva difendere a ogni costo evitando perdite sopportabili (in quel momento erano in servizio ben 25 pre-''dreadnought'' più altre 9 di riserva) venne macchiato dal sacrificio delle truppe a terra. La disfatta costò quasi la carriera all'allora Primo Lord dell'Ammiragliato (ministro della Marina Militare) Winston Churchill, fra i sostenitori del piano, {{citazione necessaria|che non ebbe più comandi operativi}}. Dall'altra parte, fu anche l’occasione che mise in gran risalto le capacità di [[Mustafa Kemal Atatürk|Mustafa Kemal]]: il trentaquattrenne ufficiale si guadagnò ampiamente il titolo di "Salvatore di Gallipoli".
▲La Grande Guerra era già abbastanza moderna per pensare a strategie mondiali, utilizzare strumenti tecnici sofisticati, coinvolgere masse di uomini. Ma non ancora abbastanza scientifica per abbandonare la logica degli assalti frontali, con fiumane di fanti mandati inutilmente allo sbaraglio, ondata dopo ondata, contro trincee fortificate. Soprattutto gli alleati erano comandati da alti ufficiali indecisi, incerti, senza fantasia ed ostinati all’assalto alla baionetta. Il numero fa potenza, si pensava ancora. Gallipoli dimostrò il contrario, ma sul momento furono davvero in pochi a capirlo.
▲Fu, anche, una inutile e devastante carneficina, raccontata nel film "[[Gli anni spezzati]]" del regista autraliano [[Peter Weir]].
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