Fontanot: differenze tra le versioni
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da [[ANPI]]] ed e'stato l'unico figlio di Giovanni sopravissuto alla Lotta contro i [[nazifascisti]].
Dop la seconda guerra mondiale inizia la lotta portata avanti da [[Tito]] e [[Milovan_Gilas]] per rendere indipendente la Jugosvlavia dal dominio di Stalin , la lotta e' durissima e ci vanno di mezzo anche diversi [[comunisti]] operai di [[Monfalcone]] che dopo aver combatturo nella [[Brigata Proletaria]] avevano deciso di emigrare in Jugoslavia considerata da loro una nazione organizzata in modo [[socialista]] .Secondo
Alcuni membri della famiglia Fontanot che come [[comunisti]] italiani che , essendo il [[PCI]] in questa lotta schierato con [[Stalin]] , vengono visti con sospetto ed anche imprigionati.
Ne dà testimonianza un nipote di Vinicio fontanot
{{quote| Chi parla è Armido Campo, figlio di Ribella e nipote di Vinicio Fontanot, famoso comandante della Brigata «Garibaldi-Natisone». Ora vive alla Spezia e, dopo circa cinquant'anni, si è deciso per primo a rompere il silenzio che la sua famiglia si era imposta per disciplina di partito. Racconta Armido: Eravamo tutti comunisti dello zoccolo duro. Mia madre, Ribella, vedova di un deportato in Germania, si era risposata con Sergio Mori, il mio secondo padre, che era allora un quadro del [[Pci]], Lasciammo [[Monfalcone]] all'inizio del 1947 per andare a vivere in [[Jugoslavia]], dentro il [[comunismo]] reale, dal quale stavano fuggendo in massa gli italiani dell'[[Istria]]. Dopo la rottura fra [[Tito]] e[[ Stalin]] la mia famiglia venne deportata a [[Zenica]] in [[Bosnia]]. C'erano con noi tre famiglie di monfalconesi: i Battilana, i Bressan, i Comar, i Babuder, i Gratton e Elsa Fontanot. In quel villaggio finimmo a contatto con i prigionieri tedeschi condannati ai lavori forzati. Ricordo la pietà di mia madre e di mia nonna Lisa le quali, dimenticando che i nazisti avevano ucciso i loro mariti, portavano tazze di brodo a quei prigionieri immersi nella neve. Anche noi, per la verità, vivevamo come prigionieri, ma non portavamo le catene come i tedeschi. Restammo lì per più di un anno, completamente dimenticati dal [[Pci]] che non poteva ignorare quanto stava accadendo. [[Vittorio Vidali]], certamente, sapeva tutto, ma nessuno fece nulla per noi. Per questo, [[Sergio Mori]] decise un giorno di fuggire da [[Zenica]] e riuscì a raggiungere [[Zagabria]] dove si mise in contatto con il console italiano. Poco tempo dopo, grazie all'intervento del governo italiano, fummo liberati, tornammo in Italia e cademmo dalla padella nella brace... Le nostre case di [[Monfalcone]] erano state assegnate ai profughi dell'[[Istria]], i nostri posti di lavoro anche. Ci consideravano degli appestati... }}Da «L'esodo. Le tragedie negate degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia». (Mondadori Editore)<ref>[http://www.istrianet.org/istria/literature/critiques/petacco_esodo-tragedia.htm brani libro [[Arrigo Petacco]]]</ref>
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