Cristoforo Sabbadino: differenze tra le versioni
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[[Immagine:Cristoforo_sabbadino_-_progetto_per_venezia_del_1557.jpg|thumb|left|200px|Pianta del progetto del Proto Sabbadino del 1557 per l'ampliamento delle Fondamenta di margine veneziane. Le aree di ampliamento sono segnate in colore verde.]]
Detto anche "il Moretto" è stato il primo Consultore della Repubblica Serenissima in materia di sicurezza del regime lagunare, e proto (primo tecnico) al servizio della [[Magistrato alle Acque|Magistratura alle Acque]].
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Noto per il suo "Trattato della acque" che analizzò, storicamente ed idrograficamente con dettagliati rilevamenti tipografici, la laguna veneta.
==La disputa con Alvise Cornaro per l'espansione urbana di Venezia==
Il suo ''Piano di sviluppo e di sistemazione idraulica di Venezia'', redatte dopo la sua morte in un documento del [[1557]] (ora a), è un esempio ''ante litteram'' di [[piano regolatore]] del territorio. Fu redatto in risposta alla proposta di [[Alvise Cornaro]] di deviare il corso del [[Brenta (fiume)|Brenta]] per scongiurare il pericolo di interramento della [[laguna]], nonché di chiuderla in
Sabbadino avvalla la deviazione del fiume, opponendosi però alla chiusura della laguna; intuendo che il reale problema fosse lo scavo della laguna e dei canali, propone di riutilizzare i fanghi estratti per l'ampliamento urbano di [[Venezia]] (le aree interessate sarebbero nel retro della [[Giudecca]], Santa Marta, tra San Francesco della Vigna e San Giovanni e Paolo), e con la vendita dei nuovi terreni si ricaverebbe il finanziamento necessario all'opera. In tal modo la città si sarebbe espansa, anziché richiudersi in se stessa.
Alvise Cornaro risponde con la proposta di una cinta muraria costruita nell'acqua, con [[bastione|bastioni]] e un [[terrapieno]] tutto attorno creato con i fanghi scavati, su cui potrebbe sorgere un parco: egli vuole spingere l'ampliamento urbano verso la terraferma, andando contro a dei [[topos|topoi]] tipici veneziani di città unica al mondo senza mura, o meglio che ha per mura l'acqua e per tetto il cielo. Nel [[1560]] proporrà un altro progetto per il bacino marciano ([[Piazza San Marco]]), costruendo su due velme, con i fanghi scavati, un [[teatro]] all'antica ed a scena fissa, una collinetta sormontata da una loggia aperta sui lati, che domini sul paesaggio (simile per concezione alla futura [[Villa Capra detta la Rotonda]] di [[Palladio]]); ed infine una fontana tra le [[Colonne di San Marco e San Todaro]]. Tale triangolo visivo sposterebbe il punto di vista dall'acqua (verso la piazza) a una visione ''verso'' l'acqua, interpretando così simbolicamente l'esortazione di Cornaro affinché la Serenissima attui una politica agricolo-imprenditoriale verso la terraferma al posto dell'attuale interesse verso quella marittimo-commerciale. Tale proposta utopistica però non ha seguito, mentre si realizza l'espansione urbana voluta da Sabbadino.
▲Il suo ''Piano di sviluppo e di sistemazione idraulica di Venezia'', redatte dopo la sua morte in un documento del [[1557]] (ora a), è un esempio ''ante litteram'' di [[piano regolatore]] del territorio. Fu redatto in risposta alla proposta di [[Alvise Cornaro]] di deviare il corso del [[Brenta (fiume)|Brenta]] per scongiurare il pericolo di interramento della [[laguna]], nonché di chiuderla in sé stessa separandola dal mare, con una sola bocca di porto verso l'[[Adriatico]]. Sabbadino avvallava la deviazione del fiume, opponendosi però alla chiusura della laguna; intuendo che il reale problema fosse lo scavo della laguna e dei canali, contro-propose di riutilizzare i fanghi estratti per l'ampliamento urbano di [[Venezia]] (le aree interessate sarebbero nel retro della [[Giudecca]], Santa Marta, tra San Francesco della Vigna e San Giovanni e Paolo ricavando in tal modo il finanziamento necessario all'opera. In tal modo la città si sarebbe espansa, anziché richiudersi in se stessa.
==Bibliografia==
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