Due anni dopo Maometto morì a Medina, dopo aver compiuto il Grande Pellegrinaggio detto anche il "Pellegrinaggio dell'Addio", senza indicare esplicitamente chi dovesse succedergli alla guida politica della ''Umma''. Lasciava nove vedove - tra cui [[Aisha|ʿĀʾisha bint Abī Bakr]] - e una sola figlia vivente, [[Fatima bint Muhammad|Fatima]], andata sposa al cugino del profeta, [[Ali ibn Abi Tàlib| ʿAlī b. Abī {{unicode|Ṭ|}}ālib]], madre dei suoi nipoti [[al-Hasan ibn Ali|al-Hasan b. ʿAlī]] e [[al-Husayn ibn Ali|al-Husayn b. ʿAlī]]. Fatima, piegata dal dolore della perdita del padre e logorata da una vita di sofferenze e fatiche, morì sei mesi più tardi, diventando in breve una delle figure più rappresentative e venerate della religione islamica.
==
== Maometto secondo i non musulmani==
Secondo i non musulmani, Maometto non è stato un profeta, né il Corano gli fu divinamente dettato.
Dopo un protratto periodo di indifferenza nei confronti dell'Islam, superficialmente equivocato come una delle tante eresie del [[Cristianesimo]]<ref>Cfr. Aldobrandino Malvezzi, ''L'Islamismo e la cultura europea'', Firenze, Sansoni, 1956.</ref>, nelle dispute con cristiani, questi ultimi sottolinearono il carattere sincretistico della religione di Maometto, basata allo stesso tempo su tradizioni arabe [[Jahiliyya|preislamiche]] (come il culto della Pietra Nera della Mecca) e su tradizioni cristiane siriache ed ebraiche, ed hanno anche mosso critiche alla personalità di Maometto, alla formazione e trasmissione del testo coranico e alla diffusione dell'islam attraverso la spada.<ref>Vedi ad esempio l'apologia di [[Al-Kindi]], testo arabo cristiano del IX secolo e tradotta in latino a partire dal XII secolo (''Apologia del cristianesimo'', a cura di Laura Bottini, Milano, Jaca Book, 1987).</ref>
Nell'Occidente medievale Maometto fu considerato per oltre cinque secoli un cristiano [[eresia|eretico]]. [[Dante Alighieri]] - non consapevole del profondo grado di diversità teologica della fede predicata da Maometto - lo cita nel canto XXVIII dell'Inferno tra i ''seminatori di discordia'' nella [[Divina Commedia]] assieme ad [[Ali ibn Abi Tàlib]], suo cugino-genero, coerentemente con quanto da lui già scritto ai versetti 70-73 del canto VIII dell'Inferno:
{{quote|...«Maestro, già le sue meschite / là entro certe ne la valle cerno, / vermiglie come se di foco uscite / fossero...}}
in cui le "meschite" (evidente deformazione della parola del volgare castigliano ''mezquita'', derivante dall'arabo ''masjid'', che significa [[moschea]]) della città di Dite sono le "vermiglie" abitazioni della città dannata ove dimorano gli eresiarchi cristiani. <br/>
È questo (e non altro) il motivo per cui nella [[basilica di San Petronio]] a [[Bologna]], in un celebre [[affresco]], Maometto fu raffigurato all'[[inferno]], secondo la descrizione di Dante, con il ventre squarciato, come spaccata era la comunità cristiana a causa dei suoi vari scismi.
Secondo una tradizione diffusa tra i musulmani, il [[Negus]] di [[Abissinia]] - che ospitò gli esiliati musulmani quando Maometto era in vita - avrebbe attestato la sua fede in lui come profeta di Dio.
== Famiglia==
|