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Proprio grazie alla sempre maggiore diffusione di queste forme di sacra rappresentazione le compagnie laicali che le allestivano iniziarono a costituirsi come vere e proprie compagnie professioniste, sebbene il loro [[repertorio]] fosse limitato ed il loro riconoscimento sociale nullo. Certo è che la [[scenotecnica]] ebbe invece notevoli sviluppi.
 
Il teatro pagano e popolare, demonizzato dalla [[Chiesa]], sopravvisse in minima parte nei ''Mummer's plays'' di origine arcaica, e negli spettacoli dei [[giullare|giullari]] e [[trovatore|trovatori]], il cui luogo d'esibizione deputato erano le [[corte (storia)|corti]] dei signori inglesi, dalla cui struttura deriverà poi la forma architettonica particolare del [[teatro elisabettiano]].
 
==Rinascimento==
Nel periodo che va dalla fine del [[XV secolo]] alla metà di quello successivo, coincidente con lo sviluppo del [[rinascimento inglese]], ebbero vasta risonanza gli [[interludio|interludi]], forme drammatiche di intrattenimento agite alle corti dei nobili di derivazione dalle [[morality play|moralities]] ma di argomento non religioso: al contrario delle moralità classiche, il [[ruolo]] del protagonista era del signore che ospitava lo spettacolo, e che lo vedeva non alla ricerca della salvezza eterna dell'anima, bensì della felicità terrena, discostandosi così enormemente dalle finalità del teatro religioso.<ref>{{en}} [http://user.phil-fak.uni-duesseldorf.de/~holteir/companion/Navigation/Text_Groups/Drama/Interludes/interludes.html Gli interludi], dal sito dell'Università di Dusseldorf.</ref> Non di rado in essi si nascondeva una propaganda politica: poiché prendevano spunto dalla contemporaneità, accadeva che l'autore prendesse posizione nei confronti di un accadimento come nel ''King John'' di [[John Bale]], nel quale l'autore dichiarava la tesi dell'[[omicidio]] di [[Giovanni Senzaterra]] da parte dell'[[arcivescovo di Canterbury]].
 
Degli interludi possediamo circa 80 frammenti di [[copione|copioni]] che coprono un arco temporale che va dal [[1466]] al [[1576]].<ref>[[Masolino D'Amico]]. ''Storia del teatro inglese''. Newton & Compton, Roma 1995, pag. 16.</ref>
 
==Note==