Gran Zebrù: differenze tra le versioni
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Il '''Gran Zebrù''' - '''Königsspitze''' in [[Lingua tedesca|tedesco]] - è una [[montagna]] di 3857 [[m s.l.m.|metri]] nel gruppo dell'[[Ortles-Cevedale]], di cui è la seconda vetta per altezza dopo l'[[Ortles]].
== Descrizione ==
=== Localizzazione ===
Il Gran Zebrù è il secondo punto più elevato, dopo l'Ortles stesso, della regione [[Trentino-Alto Adige]]. Il confine tra quest'ultima e la [[Lombardia]] ([[provincia di Sondrio]] per essere precisi) passa esattamente per la cima, facendo di essa la più elevata vetta "lombarda" del massiccio, e tra le più alte della regione, superata solo da alcuni picchi del [[Massiccio del Bernina|gruppo del Bernina]].
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Il suo profilo affilato domina due [[valle|valli]] di alta quota: la [[Val Zebrù]] sul versante [[valtellina|valtellinese]], tributaria della bassa [[Valfurva]] in cui confluisce a est di [[Bormio]], e la Valle di [[Solda]] (''Suldental'') sul versante tirolese, tributaria della [[Val Venosta]].
=== Morfologia del rilievo e note geologiche ===
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La vetta del Gran Zebrù è costituita, come peraltro le vicine vette dell'Ortles e del Monte Zebrù, da una roccia molto resistente all'[[erosione]], la [[dolomia]] principale, lievemente [[roccia metamorfica|metamorfosata]]. Essa poggia su un basamento cristallino, costituito prevalentemente da [[fillade|filladi]]. Piuttosto compatta, la dolomia dà origine a formazioni ardite e rilievi scoscesi: la cima del Gran Zebrù è una piramide piuttosto regolare i cui spigoli hanno un'inclinazione superiore ai 45 gradi<ref>AA. VV., ''Conoscere le Alpi'' vol. 3, [[De Agostini]], [[Novara]] 1991</ref>.
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== Storia ==
=== Il nome e la leggenda ===
La montagna, situata esattamente sul confine tra la [[Valtellina]] e il [[Tirolo]], e quindi tra la [[Lombardia]] e l'[[Alto Adige]], ha due nomi che si affiancano nella cartografia ufficiale, uno [[Lingua lombarda|insubre]], poi adottato anche in [[Lingua italiana|italiano]] (''Gran Zebrù'') e uno [[Lingua tedesca|tedesco]] (''Königspitze'', che significa ''cima del Re'').
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Infine, nonostante la leggenda stessa possa indurlo a pensare, non vi è alcuna relazione tra di essa e il nome tedesco della montagna. ''Königspitze'' risulta derivare da un errore dei topografi austriaci nel trascrivere il nome tirolese, ''Cunìgglspizze'', che non ha nulla a che fare con ''König'' (re, sovrano) bensì con ''Könich'', ossia cunicolo (il versante altoatesino della montagna è scavato da diverse miniere).
=== Le prime ascensioni ===
Come pressoché tutte le altre vette più alte delle [[Alpi Retiche]] il Gran Zebrù fu scalato per la prima volta nel [[XIX secolo]]. La letteratura alpinistica assegna alla cordata composta dall'[[alpinista]]-[[esploratore]] [[Inghilterra|inglese]] [[Francis Fox Tuckett|Tuckett]], dai fratelli Buxton, anch'essi britannici, e dalle [[guida alpina|guide]] tirolesi Biener e Michel il privilegio della prima assoluta, il [[3 agosto]] [[1864]]. Il gruppo seguì la via della cresta est, senza l'uso di ramponi.
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In realtà, non fu mai chiarito se effettivamente Tuckett e compagni furono i primi a mettere piede sulla vetta della montagna. Sei anni prima, comparve su un giornale cattolico un articolo dal titolo ''Über das Stilfser Joch auf den Zebru oder die Königsspitze'' (che suonerebbe in italiano come ''dallo Stelvio al Gran Zebrù'') il cui autore si firmava con lo pseudonimo di Traunius. In questo articolo egli raccontava di essere partito da [[Monaco di Baviera|Monaco]] e aver raggiunto, ''a piedi'' e da solo, il paese di [[Trafoi]] il [[2 agosto]] del [[1854]], alla base della montagna. Proseguiva poi dicendo di essersi accampato allo [[Passo dello Stelvio|Stelvio]] e da lì aver attraversato i ghiacciai del versante occidentale del massiccio sino ai piedi del Gran Zebrù, per poi arrampicarsi su pendii ripidissimi sino a guadagnare la vetta. Nello stesso racconto, il misterioso alpinista affermò di aver accusato disturbi alla vista durante la discesa (i sintomi da lui descritti possono far pensare a una forma di [[mal di montagna]]) ma di essere giunto comunque a una [[casa cantoniera]] della [[Strada Statale 38 dello Stelvio|strada dello Stelvio]] dove si riposò.
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Dopo la salita degli inglesi, le prime ripetizioni furono effettuate da [[Douglas William Freshfield|Freshfield]] e compagni, e successivamente da [[Julius Payer|Payer]] con [[Hans Pinggera|Pinggera]]. Molti altri alpinisti approcciarono la montagna dai vari versanti: Meurer e Pallavicini giunsero in vetta salendo lungo la difficile cresta del ''Suldengrat'', il professor Minnigerode scalando la parete nord senza ramponi e senza l'uso di chiodi, nel [[1881]]. [[Leslie Stephen]], padre di [[Virginia Woolf]], salì anch'egli sulla vetta, ma si lamentò della nebbia che gli impediva di ammirare il panorama, come scrisse in ''[[The play-ground of Europe]]''.
=== La grande guerra ===
La zona fu interessata, nel periodo tra il [[1915]] e il [[1918]], dal [[fronte]] [[Italia|italo]]-[[Impero Austro-Ungarico|austriaco]] nel contesto della [[Prima guerra mondiale]]. Nella fattispecie, il Gran Zebrù fu occupato dagli [[Schützen]] di Nauders il 17 maggio del [[1917]], salendo da est lungo un difficile pendio ghiacciato. La cima servì quindi da vedetta finché anche gli [[Alpini]] italiani non tentarono di attaccarla.
La salita dal versante lombardo, ove si trovava la postazione italiana, presentava però grandi difficoltà tecniche e logistiche. Gli Alpini, più alpinisti che soldati in queste occasioni, disposero una corda fissa per i primi 300 metri di salita (la parete ne misura circa mille) per facilitare l'attacco (in entrambi i sensi, sia alpinistico che militare) alla cima. Nella notte del 3 di giugno, cinque soldati scelti guidati dal sergente Giuseppe Tuana Franguel, seguiti da una squadra con i rifornimenti e le munizioni, si inerpicò lungo la corda sino al termine, ove iniziava la scalata vera e propria.<br />Nella completa oscurità i cinque alpini approcciarono la parete, affrontando una via mista (roccia e ghiaccio) che si sviluppava per circa 700 metri, sino a guadagnare la cresta sommitale, a pochi metri dalla vetta ove si trovava la postazione austriaca. Appena fu giorno, fecero fuoco su di essa uccidendo la sentinella e si attestarono nella scomoda posizione a poche decine di metri dagli austriaci. In un paio di mesi venne costruita una baracca e scavata una piccola galleria nella roccia. La postazione assunse il nome quantomai appropriato di "Nido d'Aquila". Nonostante i continui tentativi di sloggiare il nemico da parte di entrambi i contendenti, le posizioni rimasero immutate fino alla fine della guerra.<ref>[http://www.waltellina.com/ascensioni/cimadisolda/index.htm Battaglie sul Gran Zebrù su www.waltellina.com]</ref>. <ref>Luciano Viazzi, "Guerra d'Aquile", Arti Grafiche R.Manfrini, 1967</ref>
=== L'impresa di Diemberger ===
La ''[[Meringa di ghiaccio]]'' era un curioso ghiacciaio pensile formatosi alla sommità della parete nord (''Königswand''). Considerato estremamente difficile da scalare, data la sua pendenza strapiombante, fu superato nel [[1956]] da uno dei più famosi alpinisti del [[XX secolo]], [[Kurt Diemberger]], dopo aver salito la parete nord, aperta però nell'800 da Minnigerode e ripetuta, seguendo però un percorso diverso, da Ertl e Brehms nel [[1930]].
Oggi la meringa di ghiaccio non esiste più. Collassò nell'estate del [[2001]] a causa delle alte temperature, provocando una [[slavina]] che però non causò né vittime né danni.
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
[[
* ''La Rivista'', bimestrale del [[Club Alpino Italiano]], settembre-ottobre 2004, pagg. 38-40
== Voci correlate ==
* [[Ortles]]
* [[Trafoi]]
* [[Solda]]
* [[Passo dello Stelvio]]
* [[Meringa di ghiaccio]]
* [[Rifugio Pizzini Frattola]]
* [[Rifugio V° Regimento Alpini Bertarelli]]
{{portale|Alto Adige|Lombardia|Montagna}}
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[[de:Königspitze]]
[[en:Königspitze]]
[[fr:Gran Zebrù]]
[[nl:Gran Zebrù]]
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