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==Politeismo arabo==
I riti e i culti praticati dagli arabi fino al VI secolo provenivano in larga parte dagli antichi regni vicini, come quello dei [[moabiti]], degli [[edomiti]] e dei [[nabatei]], soprattutto i connotati astrali e numerose figure mitologiche. La ricchezza di divinità soprattutto femminili presentava similarità con le [[Mitologia babilonese|divinità babilonesi]] e [[Mitologia fenicia|fenicie]]. I beduini inoltre, essendo un popolo nomade che facilmente entrava in contatto con altre popolazioni, avevano assimilato anche usi a tradizioni di un popolo che gli era molto affine per origini etniche, lingua e tradizioni, quello [[ebrei|ebraico]], tanto che nel VI secolo era diffusa una sorta di "monoteismo imperfetto", una devozione cioè al Dio di [[Abramo]], progenitore comune secondo la ''[[Genesi]]'' di ebrei e arabi, affianactaaffiancata al culto di idoli, tra i quali quello degli oggetti ''[[bethel]]'' era fondamentale: si trattava di pietre di origine celeste come la più famosa [[Pietra Nera]] della Mecca, portata secondo la tradizione dall'[[Arcangelo Gabriele]] ed anneritasi per i peccati degli uomini. Nel santuario della [[Kaaba]], dov'è tuttìoggi custodita, dovevano confluire periodicamente tutte le tribù beduine.
 
La religione nelle aree centrali e occidentali arabiche si basava su tre divinità, [[Manat]], [[al-Uzza]] e [[Allat]], quest'ultima citata anche da [[Erodoto]], subordinate ad un Dio più importante, [[Allah]]. Poi vi era un'infinità di spiriti (''[[jinn]]'' ) e divinità minori, che venivano rappresentate da rocce, alberi o alture. Predominante era l'[[enoteismo]], nel senso che ogni tribù aveva una divinità protettrice, pur non negando l'esistenza di altre divinità protettrici di altri gruppi umani.
 
==Monoteismo nella penisola arabica==