Plotino: differenze tra le versioni

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L'[[Uno (filosofia)|Uno]] è la prima, totalmente trascendente ''[[ipostasi]]'', cioè la prima realtà sussistente. Esso non può contenere alcuna divisione, molteplicità o distinzione; per questo è al di sopra persino di qualsiasi categoria di [[essere]]. Il concetto di "essere" deriva infatti dagli oggetti dell'esperienza umana, ed è un attributo di questi, ma l'infinito [[trascendente]] Uno è al di là di tali oggetti, quindi al di là dei concetti che ne deriviamo.
 
Per la prima volta nella storia della filosofia si manifesta al pensiero qualcosa che la ragione non può descrivere, che si può soltanto nominare. Plotino ha un altro merito storico, fu il primo filosofo a descrivere una realtà più generale dell'Essere, l'Uno, dalla quale l'Essere emana. Fino a Platone, l'Essere, come teorizzato da Parmenide, rappresentava la realtà prima, più generale della filosofia, il punto più alto cui potesse arrivare il pensiero umano.
Anche [[Parmenide]], a cui Plotino intende esplicitamente richiamarsi, aveva individuato nell'unità l'attributo primario dell'[[essere]] (per un'impossibilità [[logica]] di pensarlo diviso). Ma nel rifarsi a lui, Plotino cerca di dare maggiore coerenza e organicità al pensiero di [[Platone]], di cui si considera erede, conservando la nozione di filosofia come ''[[eros (filosofia)|eros]]'' e come ''[[dialettica]]''. Platone aveva posto al principio di tutto non l'Uno, ma una dualità, tentando così di fornire una spiegazione razionale al molteplice. Secondo Plotino invece la dualità è un principio contraddittorio, che egli collocherà piuttosto nell'Intelletto, da lui identificato anche con l’[[essere]] parmenideo. Plotino così pone l’Uno al di sopra dell'Essere a differenza non solo di [[Parmenide]], ma anche di [[Aristotele]] e [[Platone]].
 
L'Uno «non può essere alcuna realtà esistente» e non può essere la mera somma di tutte queste realtà (diversamente dalla dottrina [[Stoicismo|stoica]] che concepiva [[Dio]] immanente al mondo), ma è «prima di tutto ciò che esiste». All'Uno quindi non si possono assegnare attributi. Ad esempio, non gli si possono attribuire [[pensiero|pensieri]] perché il pensiero implica distinzione tra il pensante e l'oggetto pensato. Allo stesso modo, non gli si può attribuire una [[volontà]] cosciente, né attività alcuna<ref>«Nulla affermando sul suo conto, evitando l'errore di attribuirgli proprietà come se lo riguardassero», l'Uno «si riduce al solo ''"è"'' senza attestare caratteri che in Lui non ci sono» (''V, 5, 13'').</ref>. Plotino nega implicitamente anche una natura senziente o [[autocoscienza|autocosciente]] per l'Uno<ref>Cfr. ''IV, 5, 6''. In altri punti tuttavia Plotino ammette una sorta di [[autocoscienza]] (''V, 4, 2'') o di [[volontà]] (ad esempio in ''V, 3, 11-13'') per spiegare la processione dall'Uno.</ref>. Acconsente di chiamarlo "[[Bene (etica)|Bene]]", ma con tutte le cautele del caso: {{quote|L'Uno non può essere una di quelle cose alle quali è anteriore: perciò non potrai chiamarlo Intelligenza. E nemmeno lo chiamerai Bene, se Bene voglia significare una tra le cose. Ma se Bene indica Colui che è prima di tutte le cose, lo si chiami pure così.}}
[[File:Celestia sun.jpg|250px|right|thumb|L'Uno è come una sorgente di luce che emana progressivamente nell'oscurità<ref>Cfr. ''IV, 3, 17''.</ref>]]
In [IV,5,6] Plotino paragona l'Uno al [[sole]], l’Intelletto alla [[luce]], e infine l'Anima alla [[luna]], la cui luce è solo un «derivato conglomerato della luce del sole». Come spiega in [V,6,3] e in altri punti, è impossibile che l'Uno sia un [[Dio]] personale e creazionista come quello cristiano. Dell'Uno nulla si può dire, a meno di non cadere in [[principio di non contraddizione|contraddizione]]. L'Uno è indicibile, ineffabile e impredicabile, non appena si afferma "l'Uno è.." si esclude che possa essere il suo contrario, cadendo in contraddizione perchè nulla è fuori dall'Uno, e in esso ogni idea è unita al suo contrario. Come l'Io umano, l'Uno è al di sopra del principio di non-contraddizione, è l'unità dei contrari, e può operare in violazione di questo principio. L'Uno può essere arguito solo per via negativa, dicendo ciò che esso ''non'' è: quella di Plotino è pertanto una [[teologia negativa]] o [[apofatismo|apofatica]], assimilabile alle religioni orientali come l'[[induismo]], il [[buddhismo]] e il [[taoismo]].
 
"''Uno''" è anch'esso un termine improprio, usato solo per distinguerlo dai molti. Nel risalire a Lui, Plotino ricorre al principio logico secondo cui il "meno perfetto" deve di necessità ''emanare'' dal "più perfetto". Così tutta la "creazione" discende dall'Uno in stadi successivi di sempre minore perfezione.
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neppure saprà contemplare l'altro» (''II, 9, 16'').</ref>. Si ripropose però anche in Plotino, per certi versi, lo stesso conflitto platonico per cui la bellezza assoluta non può essere contaminata dalla [[materia]] dell'opera prodotta; fu solo col [[Cristianesimo]] che la materia sarà pienamente riscattata dal giudizio duramente negativo del platonismo. Così anche l’''[[eros (filosofia)|eros]]'' è un fuoco [[mistica|mistico]] inteso platonicamente come amore puramente ascensivo. Analogamente la [[bellezza]], che noi vediamo riflessa nei corpi, ci spinge a cercarne l'origine nel mondo di lassù. Ritorna in proposito la rivalutazione del pensiero [[inconscio|inconsapevole]], perché nel risalire verso l'intellegibile il pensiero [[conscio|cosciente]] e puramente logico non è sufficiente, ma è «come se un [[demone]] ci guidasse».
 
Il percorso di [[ascesi]] rimane comunque sempre guidato dalla [[ragione]], che è il mezzo principale di cui il filosofo si serve nell'ascendere all'Uno. La [[razionalità]] [[dialettica]] è però soltanto uno strumento, che consiste nell’eliminazione e nell’oblìo di tutti gli elementi particolari e contingenti della [[molteplicità]]. L'estasi è un momenti di iper-razionalità, in cui l'aAnima vede l'Uno e l'identità di tutte le idee, non comporta la morte fisica del filosofo, ma la sua morte spirituale: nell'estasi l'Anima si perde nell'Uno, perde coscienza di Sè. Tale perdita è inevitabile per identificarsi con l'Uno, dove non esiste alterità, ed è un momento di maggiore razionalità, perchè la separazione fra soggetto e oggetto appartiene all'Essere e al Pensiero, a un livello della conoscenza inferiore all'Uno. Terminata l'estasi, il filosofo riprende da capo il percorso di ascesi per ripetere nuovamente questa esperienza. Scopo della dialettica è in un certo senso quello di eliminare o negare se stessa, quando nell'estasi non si avrà né pensiero, né azione morale, né atto logico, essendo uno stato in cui la ragione si trova fuori di sé ({{polytonic|ἐξ στάσις}}).
L'[[estasi]] per Plotino non è un dono di Dio (come nel Cristianesimo) ma una possibilità naturale dell'anima, che però non scaturisce da una volontà deliberata: essa sorge da sé, spontaneamente, in un momento fuori della portata del tempo.