Elio Romano: differenze tra le versioni

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===Il ritorno in Sicilia===
Ritornato a Firenze subito dopo la guerra, trovò che tutto era mutato; la sua casa-studio era stata bombardata, poche le opere rimaste integre. Decise allora di restare nella sua isola operando sia a Catania, dove successivamente insegnò all’Accademia delle Belle Arti, sia nella sua casa di campagna nell’ennese, alle cui terre è sempre stato spiritualmente legato. Nel contempo ebbe altri tre figli: Eva, GuidoPietro e PietroGuido. Si applicò con una sempre maggiore concentrazione al proprio lavoro, perfezionando e personalizzando lo stile. Pur nel suo isolamento, Romano mantenne i contatti e le attività culturali partecipando a mostre sempre più numerose e prestigiose. E’ stato presente alle Biennali di Venezia del 1936 e del 1950 (nella giuria di questa edizione erano presenti anche [[Carlo Carrà]], [[Felice Casorati]], [[Giacomo Manzù]] e [[Giorgio Morandi]]), a numerose Quadriennali, all’esposizione degli artisti siciliani della Fondazione Bevilacqua La Masa nel 1949. Numerose le personali in Italia ed all’estero (Malta, Francoforte, Budapest). Nel giugno del 1995 la sua ultima mostra antologica al Castello Ursino di Catania con opere dal [[1926]] al [[1995]].
 
Il suo desiderio di esprimersi attraverso le opere è sempre stato vivo.
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== Opere==
Oltre alle numerossissime tele, in gran parte vendute durante la sua vita ed in parte conservate presso l'archivio della famiglia Romano, del maestro Elio Romano si possono anche osservare affreschi eseguiti nella chiesa Madre di [[Nissoria]], nella sala consiliare del municipio ad [[Assoro]], a [[Furci Siculo]], ad [[Enna]] e a [[Leonforte]] in alcune scuole, e nella cappella Chiara a [[Catania]].
 
== Critica==