Apparato paramilitare del PCI: differenze tra le versioni

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{{quote|[...] Il compagno Togliatti ha avuto occasione di spiegare ripetutamente e l'ultima volta alla Camera nel suo discorso del [[10 luglio]] [[1948]] che "quando un Partito Comunista ritiene che le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno la necessità per le forze popolari avanzanti di prendere il potere con le armi, cioè con un'insurrezione, esso proclama questa necessità, lo dice apertamente. Così fecero i [[bolscevichi]] nel [[1917]] e marciarono alla insurrezione a vele spiegate, così abbiamo fatto noi comunisti italiani a partire dal settembre [[1943]], senza nascondere a nessuno la via che avevamo presa e proponevamo al popolo".

 "Non si portano - ha detto giustamente il compagno Longo nel forte discorso alla Camera - milioni di uomini alla battaglia e alla vittoria con circolari segrete e ridicoli piani K". Per mobilitare e portare alla lotta armata milioni e milioni di uomini, anche quando le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno tale necessità, occorre che l'appello alle armi sia lanciato apertamente a tutto il popolo. [...]<ref>[http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cp/mdcp5g14.htm Pietro Secchia, Lo sciopero del 14 luglio (1948), CDS - Roma, 1948]</ref>}}
 
Nella riunione del Consiglio dei Ministriministri del [[29 luglio]] [[1948]] si affermò:
 
{{quote|Il tentativo insurrezionale c'è stato, tanto che a Milano i [[carabinieri]] hanno fatto denunce per atto di insurrezione contro i poteri dello Stato. Dopo aver visto in un'ora assumere dai comunisti posizioni di battaglia, non si può negare l'esistenza di programmi prestabiliti.|Aldo G. Ricci, «I timori di guerra civile nelle discussioni dei governi De Gasperi», in (a cura di) [[Fabrizio Cicchitto]], ''L'influenza del comunismo nella storia d'Italia'', Rubbettino, 2008, pag. 86.}}
 
Nella successiva riunione del Consiglio dei Ministriministri, [[Mario Scelba]], titolare degli Interni, portò un'imponente documentazione che mostrava non solo i reati compiuti dai singoli, ma rendeva evidente che essi poggiavano sull'esistenza di una rete organizzata. Si pose il problema di un partito, quello comunista che, con la sua organizzazione ed i suoi metodi di lotta politica, si allontanava da un piano di legalità. La questione della messa al bando del partito venne chiusa dal presidente del Consiglio, [[Alcide De Gasperi]], che si mostrò subito contrario l'ipotesi <ref>(a cura di) Fabrizio Cicchitto, ''L'influenza del comunismo nella storia d'Italia''. Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008. Pag. 86.</ref>.
 
Che l'organizzazione fu mantenuta in vita anche dopo la mancata presa del potere nel 1948 lo dimostra un rapporto del [[Sifar]]. L'ampia relazione, datata 28 febbraio [[1950]], descrive nel dettaglio la struttura di comando dell'organizzazione, suddividendola per regioni <ref>Gianni Donno, "''La Gladio Rossa del PCI (1945-1967)''". Soveria Mannelli, Rubettino, 2001. </ref>.
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*Gian Paolo Pelizzaro, "''Gladio Rossa - Dossier sulla più potente banda armata esistita in Italia''", edizioni Settimo Sigillo, Roma 1997
* [[Elena Aga Rossi]] - [[Victor Zaslavsky]] : [[Togliatti e Stalin]]. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca - Editore: Il Mulino, 2007 (2a ed.) ISBN 978-88-15-11869-1
*Salvatore Sechi, ''Compagno cittadino: il PCI tra via parlamentare e lotta armata''. Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006. ISBN 884981108X88-498-1108-X
*Rocco Turi, "''Gladio Rossa. Una catena di complotti e delitti, dal dopoguerra al caso Moro''", Marsilio Editori, Venezia 2004