Volontà: differenze tra le versioni
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Quello di volontà è un concetto fondamentale e a lungo dibattuto nell'ambito della [[storia della filosofia|filosofia]], in quanto inestricabilmente legato all'interpretazione dei concetti di [[libertà]] e [[virtù]]. Particolarmente problematico è poi il suo rapporto con le interpretazioni [[meccanicismo|meccanicistiche]] del mondo: se l'uomo sia capace di atti volitivi che, in quanto tali, rompono il meccanicismo della [[realtà]], o se invece la sua volontà sia determinata dalle leggi che regolano l'universo, e sia quindi snaturata e priva di ogni valore morale. Sono qui evidenti i rapporti col concetto di [[libertà]].
===La concezione intellettualistica
Una visione intellettualistica della volontà, condizionata dal sapere, era nelle tesi di [[Socrate]] sul principio della naturale attrazione verso il [[Bene (etica)|Bene]] e dell'involontarietà del [[male]]: l'uomo per sua natura è orientato a scegliere ciò che è bene per lui. La virtù è scienza, e consiste nel dominio di sè e nella capacità di dare ascolto alle esigenze dell'anima.<ref>«Socrate ha espressamente identificato la libertà con l'enkràteia.[...] Prima di lui la libertà aveva un significato quasi esclusivamente giuridico e politico; con lui assume il significato morale di dominio della razionalità sull'animalità» (G. Reale, ''Il pensiero antico'', Vita e Pensiero, Milano 2001).</ref> Non si può fare il Bene senza conoscerlo.
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[[Plotino]], rifacendosi a Platone, sostenne analogamente che il male non ha consistenza, essendo soltanto una privazione del Bene che è l'[[Uno (filosofia)|Uno]] assoluto. La volontà umana consiste quindi nella capacità di ritornare all'origine indifferenziata del tutto attraverso l'[[estasi]], la quale però non può essere mai il risultato di un'azione pianificata o deliberata. Si ha infatti in Plotino la rivalutazione del procedere [[inconscio]], dato che il pensiero cosciente e puramente logico non è sufficiente. Lo stesso Uno genera da sé i livelli spirituali a lui inferiori non in vista di uno scopo finale, ma in una maniera non razionalizzabile, poiché l'attività giustificatrice della ragione prende ad agire solo ad un certo punto della discesa in poi.
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Il concetto di volontà diviene centrale nel pensiero cristiano per la sua stretta relazione con i concetti di [[peccato]] e virtù, si pensi alla difficoltà di definire
La buona volontà, e non più la razionalità, è quella che origina la libertà, che non è possibile
Permase tuttavia l'aspetto conoscitivo della volontà, che si verifica con l'illuminazione dell'intelletto
La virtù con [[Sant'Agostino d'Ippona|Agostino]] diviene così la volontà di aderire al disegno divino.
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