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====Le dispute tra Lutero, Erasmo, Calvino====
[[File:Luther46c.jpg|thumb|left|110px|Martin Lutero]]
Con l'avvento della [[Riforma]], [[Martin Lutero]] fece propria la teoria della [[predestinazione]] negando alla radice l'esistenza del libero arbitrio: non è la buona volontà che consente all'uomo di salvarsi, ma solo la fede, infusa dalla grazia divina. È solo Dio, quello ''absconditus'' della tradizione occamista, a spingerlo in direzione della dannazione o della salvezza.<ref>Lutero, ''[[De servo arbitrio]]'', 1525.</ref> Alla dottrina del ''[[servo arbitrio]]'' invano [[Erasmo da Rotterdam]] replicò che il libero arbitrio è stato viziato ma non distrutto completamente dal peccato originale, e che senza un minimo di libertà da parte dell'uomo la giustizia e la misericordia divina diventano prive di significato.<ref>Erasmo da Rotterdam, ''[[De libero arbitrio]]'', 1524.</ref>
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====Leibnitz====
[[File:Gottfried Wilhelm von Leibniz.jpg|thumb|110px|Leibniz]]
[[File:Kant foto.jpg|thumb|110px|Kant]]▼
[[Leibniz]] accettò l'idea della volontà come semplice autonomia dell'uomo, ossia accettazione di una legge che egli stesso riconosce come tale, ma cercando di conciliarla con la concezione cristiana della libertà individuale e della conseguente responsabilità.<ref>Egli sostenne infatti che «quando si discute intorno alla libertà del volere o del libero arbitrio, non si domanda se l'uomo possa far ciò che vuole, bensì se nella sua volontà vi sia sufficiente indipendenza» (Leibniz, ''Nuovi saggi'', II, 21).</ref> Egli ricorse pertanto al concetto di [[monade]], ossia "centro di forza" dotato di una propria volontà, che sussiste insieme ad altre infinite monadi, tutte inserite in un quadro di armonia prestabilita, la quale però non è dominata da una razionalità rigidamente meccanica. Si tratta di una razionalità superiore, voluta da Dio per un'esigenza di moralità, da comprendere in un'ottica [[finalismo|finalistica]], nella quale anche il male trova la sua giustificazione: come elemento che nonostante tutto concorre al bene e che ''all'infinito'' si risolve in quest'ultimo.
====Da Kant a Hegel====
Per [[Kant]] la volontà è lo strumento che ci permette di agire, obbedendo sia agli imperativi ipotetici (in vista di un obiettivo), sia a quelli [[imperativo categorico|categorici]], dettati unicamente dalla legge morale. Solo nel caso degli imperativi categorici la volontà è ''pura'', perchè in tal caso non comanda alcunchè di particolare: essa è formale, cioè prescrive solo come la volontà debba atteggiarsi, non quali singoli atti deve compiere.
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